CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 febbraio 2019, n. 3604
Tributi – Definizione dei carichi di ruolo ex art. 12 della Legge n. 289 del 2002 – Omesso versamento della rata a saldo – Decadenza della sanatoria – Riscossione del debito originario
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 13.6.2012 l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della Commissione regionale della Sardegna che aveva accolto l’appello del contribuente P.M..
In particolare la decisione aveva statuito che il mancato versamento a saldo di quanto dovuto per la definizione dei carichi di ruolo ai sensi dell’art. 12 della legge del 27 maggio 2002 n. 289 non determinava la decadenza dal trattamento agevolato. La tempestiva presentazione della domanda di condono ex art. 12 ed il pagamento della prima rata pari all’80% del dovuto per effetto del beneficio, pur in mancanza del pagamento del saldo, davano luogo – ha sostenuto la corte territoriale – soltanto al diritto dell’amministrazione a riscuotere il rateo non pagato maggiorato di sanzioni e interessi.
Con il ricorso in esame l’Agenzia delle Entrate sostiene, con un unico motivo, in riferimento all’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., falsa applicazione dell’art. 12 L. 282/2002 e per l’effetto chiede la cassazione della decisione impugnata.
Si è costituito il contribuente P.M. chiedendo il rigetto del ricorso erariale con conseguente determinazione sulle spese ed ha successivamente presentato istanza di sospensione, depositata il 22.11.2018.
Motivi della decisione
In primo luogo va respinta la suddetta istanza di sospensione.
La richiesta era conseguente all’adozione del D.L. 23 ottobre 2018 n. 119 il cui articolo 6 comma 10 prevede la definizione agevolata delle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate. Con riferimento a tale disposizione il contribuente chiedeva il differimento per poter valutare l’incidenza della norma sul presente giudizio anche considerata la prossimità dello spirare del termine per la conversione del decreto legge.
L’istanza va respinta dal momento che il predetto articolo, non modificato sul punto in sede di conversione intervenuta con la legge 17 dicembre 2018 n. 136, fa riferimento alle sole vertenze afferenti l’impugnativa di “atti impositivi”. Il presente giudizio nasce invece a seguito del rigetto da parte dell’Ufficio della istanza con cui il P. aveva chiesto che, in via di autotutela, l’amministrazione revocasse l’avvio della procedura esecutiva da parte del concessionario della riscossione per il recupero dell’intero debito iscritto, dovuto a seguito della decadenza dalla sanatoria ex art.12 L. 289/2002.
Diniego che il contribuente aveva impugnato.
E’ opportuno precisare che nella presente pronuncia non vengono esaminati i limiti relativi all’impugnazione del diniego di autotutela posti dalla giurisprudenza costituzionale (C.Cost. Sent. n.181 del 2017) o di legittimità (Cass. Sez. 5 Ord. del 24/08/2018 n. 21146) non essendovi motivi di impugnativa sul punto.
Quanto al merito del ricorso va ricordato che, con riferimento alla parte del debito tributario per IVA, questa Corte ha più volte affermato come l‘applicazione dell’art.12 della legge citata, consentendo di definire una cartella esattoriale con il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, comporti una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già definitivamente accertato. Tale articolo, limitatamente ai crediti per IVA, va disapplicato per contrasto con la VI direttiva n.77/388/CEE del Consiglio del 17.5.1977. Tale conclusione va assunta alla stregua di un’interpretazione adeguatrice imposta dalla sentenza della Corte di Giustizia CE del 17 luglio 2008, con cui è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario (in particolare con gli artt. 2 e 22 della citata VI direttiva) e degli artt. 8 e 9 della medesima legge, nella parte in cui prevedono la condonabilità dell’IVA alle condizioni ivi indicate (Cass. Sez. U del 17/02/2010 n. 3674).
Per quanto riguarda la parte del debito d’imposta per IRPEF, la doglianza alla sentenza impugnata dell’Agenzia delle Entrate è per altro verso del pari fondata.
Giova ricordare che l’art. 12 legge 289/2002, prevede una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari della riscossione mediante pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo che non esige alcuna attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto della controversia. Tale forma dì sanatoria costituisce una forma di condono c.d. clemenziale e non premiale, come invece nelle ipotesi regolate dagli artt.7, 8, 9, 15 e 16 della legge 289/2002, le quali attribuiscono invece al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario.
Nell’ipotesi di cui all’art.12 non si determina perciò alcuna incertezza in ordine alla determinazione del quantum da versare per la favorevole definizione della lite. La sanatoria pertanto è condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, tal che l’omesso o il ritardato versamento delle rate successive alla prima escludono la definizione della lite pendente e determinano la decadenza dalla sanatoria (Cass. Sez 6-5 Ordinanza del 24/10/2016 n.21416; Sentenza Sez 5 n.20746/2010). Né possono ritenersi applicabili, per interpretare l’art. 12 in via analogica, gli articoli artt. 7 c.5; 8 c.3; 9 c.12; 15 c.5 e 16 c.2 della medesima legge n. 289/2002 – che escludono la decadenza dal beneficio anche in caso di omesso o ritardato versamento di rate successive alla prima – dal momento che le singole disposizioni condonistiche hanno tutte natura derogatoria e vanno applicate ciascuna isolatamente con criterio di stretta interpretazione pur se contenute nello stesso testo di legge (Cass. Sez. 5 Ord. del 06/07/2018 n. 17796).
In accoglimento del ricorso dell’Agenzia la sentenza della CTR impugnata va cassata e poiché non sono necessari ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito con la reiezione del ricorso introduttivo del contribuente.
Considerato il difforme esito della causa nelle fasi merito sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti della spese dei gradi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Condanna al pagamento delle spese di legittimità pari ad 5.600,00 oltre a spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.
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