CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 giugno 2019, n. 15443
Tributi – Tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti – Omessa dichiarazione annuale e omesso pagamento – Soggetto passivo d’imposta – Società di gestione della discarica
Fatti di causa
La Regione Campania, a seguito di verifica della G. di F., e sulla scorta del p.v.c. notificato il 10/7/2012, accertava, nei confronti della I.I. s.p.a. (per brevità IBI), per gli anni 2010 e 2011, l’omessa dichiarazione annuale e l’omesso pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti, istituito con l. n. 549 del 1995, pretesa tributaria, anche per sanzioni ed interessi, sostenuta dal rilievo che fosse la predetta società il soggetto gestore della discarica sita nel Comune di Savignano Irpino (AV). Contro gli avvisi di accertamento insorgeva la contribuente con distinti ricorsi, che l’adita Commissione tributaria provinciale di Napoli rigettava, con sentenza poi riformata per l’annualità 2010, e confermata per l’annualità 2011 dalla Commissione tributaria regionale della Campania che, sulla base dell’esibito contratto di concessione, in data 10/8/2010, con I.A. s.p.a., società a totale partecipazione pubblica costituita dalla Provincia di Avellino, individuava il soggetto passivo del tributo speciale, nell’un caso, in quest’ultima e, nell’altro caso, nella IBI, con ogni conseguenza in ordine al provvedimento impositivo oggetto di causa.
La sentenza n. 4909/52/2015, depositata il giorno 25/5/2015, è stata impugnata per cassazione dalla Regione Campania (R.G.N. 1500/2016), con un unico motivo, mentre la società IBI si è costituita in giudizio depositando procura per partecipare alla udienza di discussione; la sentenza n. 6503/47/2015, depositata il giorno 1/7/2015, è stata impugnata per cassazione dalla società IBI (R.G.N. 3761/2016), con tre motivi, ai quali resiste con controricorso la intimata Regione Campania.
Ragioni della decisione
La Regione Campania deduce (ricorso R.G.N. n. 1500/2016), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., co. 1, n. 5, dell’art. 3, comma 32, l. n. 549 del 1995, e dell’art. 62, d.lgs. n. 546 del 1992, carenza di motivazione della sentenza della CTR che afferma apoditticamente che la società IBI ha avuto in concessione, in cambio di un corrispettivo, solo il servizio tecnico di gestione delle attività di stoccaggio dei rifiuti nella discarica di Savignano Irpino, non già una concessione di servizi, in quanto nell’oggetto del contratto del 10/8/2010 “non rientrava anche il compito di riscuotere le tariffe dagli utenti ed amministrare i proventi”, senza considerare che all’art. 2 dell’atto di concessione si prevedeva l’affidamento alla concessionaria dell’esercizio della discarica, della costruzione, comprensiva della direzione lavori, e della gestione delle opere, secondo le modalità previste dall’allegato Piano di Gestione – P.G.O., nonché delle attività di chiusura, una volta raggiunti i profili contemplati nel relativo progetto, e quindi che la società IBI era obbligata all’osservanza di tutte le incombenze amministrative specifiche del gestore di una discarica, oltre ovviamente alla tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti da tenere a disposizione delle autorità di controllo, come era stato accertato dai militari e riportato a pagina 5 del p.v.c. dagli stessi redatto, tant’è che nella sua proposta tecnico-economica per l’affidamento in concessione della discarica, tra i costi relativi, era indicato il “Tributo speciale per il conferimento in discarica secondo l’art. 29 della l. n. 549 del 28/12/1995 così come modificato dall’art. 20 della l. n. 62 del 18/04/2005”, voce contrattuale ritenuta non modificabile in sede di trattativa e conseguentemente non considerata nella offerta, donde la conferma che la concessionaria era perfettamente consapevole che l’attività oggetto della convenzione ricomprendeva la riscossione dell’ecotassa nei confronti dei soggetti conferenti i rifiuti.
La società IBI deduce (ricorso R.G.N. n. 3761/2016), con il primo motivo, error in judicando, violazione e falsa applicazione delle disposizioni convenzionali, difetto di motivazione per traviamento dei presupposti di cui all’art. 3, co. 24, l. n. 549 del 1995, per avere la CTR ritenuto che il contratto intercorso tra le parti fosse inquadrabile nel novero dei contratti di concessione di cui all’art. 30, d.lgs. n. 163 del 2006, e che attribuisse al concessionario privato anche il ruolo di sostituto d’imposta, atteso che il pagamento delle prestazioni da parte dell’ente ingloberebbe anche la quota da destinare al pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica (c.d. ecotassa), senza considerare che va esclusa la assimilabilità del menzionato contratto ad una concessione di servizio, pubblico, trattandosi piuttosto di un appalto misto di lavori e servizi, senza assunzione dei rischi economici della gestione della discarica. Deduce, con il secondo motivo, error in judicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. n. 549 del 1995, per non avere la CTR considerato che la Provincia di Avellino, e per essa I.A. s.p.a., a partire del 2010, era tenuta a versare il tributo alla Regione Campania, con obbligo di rivalsa nei confronti dei comuni conferenti i rifiuti, limitandosi il ruolo della società IBI, dapprima quale controparte della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario straordinario, e del Comune di Savignano Irpino, successivamente, di I.A. s.p.a., a quello di gestione operativa dell’impianto, avuto riguardo, in particolare, all’attività di stoccaggio dei rifiuti.
Deduce, con il terzo motivo, error in judicando, violazione del principio di legalità, certezza del diritto, uguaglianza e affidamento, per avere la CTR escluso la sussistenza dei presupposti per poter verificare la disparità di trattamento, denunciata dalla contribuente, nell’ambito delle verifiche fiscali condotte dalla G. di F. in ordine a medesime fattispecie impositive relativamente ad altre discariche.
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei suindicati procedimenti in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, è sufficiente per consentire al giudice – anche in sede di legittimità – di decidere discrezionalmente per la riunione dei procedimenti, la circostanza che la trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, ovvero siano ravvisabili ragioni di economia processuale, ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale della controversia (Cass. S.U. 1521/2013).
La censura proposta dalla Regione Campania è fondata per le ragioni di seguito esposte.
Occorre, anzitutto, considerare che, come anche precisato da questa Corte (Cass. n. 26196/2018), la finalità della tassa speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (c.d. Ecotassa), istituita con la l. n. 549 del 1995, è di natura espressamente ambientale, stante l’esigenza di ridurre la produzione di rifiuti, di incentivare il recupero di energia, o di altre materie prime, dai rifiuti stessi, di finanziare le opere di bonifica dei siti contaminati, o le opere di recupero delle aree degradate, come è reso palese dalla relazione causale diretta che intercorre tra l’unità fisica impiegata per la commisurazione dell’imposta, ed il danno cagionato all’ambiente.
E’, infatti, sulla base della qualità e quantità di rifiuti depositati in discarica che il soggetto passivo del tributo, ovvero il gestore dell’attività di stoccaggio definitivo dei rifiuti (art. 3, co. 26, l. n. 546 del 1995), è tenuto al versamento di un ammontare ragguagliato al danno cagionato all’intera collettività, ed ai costi che devono essere sostenuti per ripararlo.
Se, dunque, la finalità è quella di disincentivare la produzione dei rifiuti, e viceversa di incentivare l’utilizzo virtuoso e alternativo di essi, nonché l’impiego del gettito per opere di tutela e protezione ambientale, appare del tutto coerente l’applicazione del tributo a chi ha cagionato il danno.
Il presupposto d’imposta, infatti, è rappresentato dal conferimento, cioè dal deposito in discarica dei rifiuti solidi compresi i fanghi palabili, cioè i fanghi di consistenza né liquida, né solida, derivanti da attività di bonifica e smaltimento, ed il soggetto passivo tenuto a versare l’imposta è, per legge, il gestore dell’impianto di stoccaggio definitivo, con obbligo di rivalsa nei confronti del soggetto che ha effettuato il conferimento in discarica.
In adempimento del principio “chi inquina paga”, il soggetto obbligato al versamento dell’imposta è il gestore, e, per una maggiore efficienza tributaria, l’imposta viene calcolata sui rifiuti conferiti, dal medesimo obbligatoriamente registrati, anche se il gestore non è il soggetto che ha messo in atto il comportamento dannoso della produzione di rifiuti.
Orbene, con la conclusione del contratto tra gestore ed amministrazione pubblica il gestore della discarica è obbligato ad adempiere al pagamento del tributo, secondo i termini e le modalità previste dalla legge (statale/regionale), anche se i relativi costi saranno poi riversati sui soggetti che hanno conferito i rifiuti e, appunto, sulle amministrazioni locali, tenute alla razionale organizzazione e gestione del servizio di raccolta dei rifiuti medesimi.
Sul gestore, dunque, oltre alla responsabilità del tempestivo versamento dell’imposta, con le modalità previste dalla legge regionale, gravano importanti obblighi strumentali, come quello relativo alla redazione della dichiarazione dei conferimenti che sono stati effettuati nella discarica, che peraltro consente la concreta quantificazione del tributo speciale.
Questa Corte (Cass. n. 19311/2011) ha osservato che “l’ordinamento conosce anche casi nei quali non c’è coincidenza tra colui che realizza il presupposto di fatto del tributo e il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria”, ed in tale “categoria di ipotesi (…) rientra anche la situazione del gestore di discarica rispetto all’obbligo di pagamento dell’ecotassa, così che nessuna anomalia può cogliersi nella previsione normativa dell’art. 3 l. n. 549/1995 che ha individuato nel gestore della discarica il soggetto passivo del tributo speciale, prevedendo però, sotto il profilo economico, la successiva traslazione del tributo sull’ utilizzatore della discarica, attraverso la previsione del diritto di rivalsa, con il risultato che è sul secondo soggetto che il tributo è destinato effettivamente ad incidere.”.
La sentenza n. 4909/52/2015 della CTR campana, pur richiamando i suesposti principi, non ne ha fatta corretta applicazione.
La decisione individua il soggetto passivo dell’imposta nella I.A. s.p.a., con socio unico la Provincia di Avellino, sulla scorta della interpretazione delle clausole contenute nel “contratto esibito” i giudizio, cioè quello del 10/8/2010, e si basa essenzialmente sulla affermazione che il rapporto in questione aveva ad oggetto “in concessione solo il servizio tecnico di gestione delle attività di stoccaggio dei rifiuti effettuata nella discarica”, sul rilievo che non rientrava tra i compiti del concessionario anche quello “di riscuotere le tariffe dagli utenti ed amministrarne i proventi”.
Secondo il giudice di appello, dunque, l’odierna intimata ha ricoperto il ruolo – tecnico – di mera impresa appaltatrice dell’attività materiale di stoccaggio dei rifiuti, cioè di operatore in un settore specifico della discarica, in base a rapporto contrattuale con il titolare della stessa, beneficiario delle relative prestazioni, non ricorrendo il diverso, e più complesso, schema negoziale, che coinvolge gli utenti del servizio pubblico correlato, riconducibile alla concessione, ravvisabile, appunto, quando oggetto del rapporto, oltre alla esecuzione, è la gestione funzionale ed economica delle opere, caratteristiche queste presenti anche in un appalto pubblico, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo (art. 143 Codice dei contratti pubblici).
E la gestione, che non è mera utilizzazione dell’opera, si caratterizza per l’attività d’impresa del gestore, la quale comporta l’assunzione dei relativi rischi, anche economici, e può consistere nella effettuazione di prestazioni a terzi, ovvero nella erogazione di servizi pubblici agli utenti; la gestione funzionale ed economica dell’opera costituisce “la prestazione principale a favore del concessionario” (Cass. n. 19319/2012, n. 28804/2011).
La censurata ricostruzione del rapporto intercorso tra le due società non appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 24094 e 24095/2014), che ritiene sintomatico “di un affidamento di attività economica in concessione (…) il dato concernente il tipo di remunerazione del soggetto gestore”, e ciò trova conferma, per quanto argomentato dal giudice di appello, proprio “nella fissazione di un compenso omnicomprensivo corrispondente alla tariffa individuata nel piano economico – finanziario facente parte del P.G.O., pari ad euro 68 per ogni tonnellata di rifiuto conferito in discarica”, destinato a compensare l’attività svolta dalla società IBI, essendo viceversa non negoziabile tra le parti contraenti l’importo dell’ecotassa, “di natura neutrale per il gestore della discarica che è tenuto a versarlo alla Regione con obbligo di rivalsa nei confronti dei conferitori”, sui quali è destinato a gravare il costo del servizio di smaltimento.
Orbene, il sindacato della indagine del giudice di merito è consentito in sede di legittimità, sia pure entro certi limiti, in quanto, come ha avuto occasione di precisare questa Corte in tema di interpretazione del contratto, “il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche – può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo. “(Cass. n. 29111/2017, n. 873/2019).
La motivazione della sentenza impugnata deve ritenersi apparente in quanto non consente, in realtà, di conoscere l’iter logico-argomentativo e giuridico seguito, posto a fondamento della decisione, limitandosi la CTR ad affermare la non ricorrenza di una “concessione di servizi” esulando dalle obbligazioni a carico della società IBI quella di “riscuotere” il tributo speciale, con possibilità di rivalsa nei confronti del soggetto che ha effettuato il conferimento in discarica, anche se si tratta di un argomento riferito ad un elemento formale privo di rilievo decisivo, senza peraltro esplicitare le ragioni a sostegno della adottata conclusione e confutare la efficacia interpretativa e probatoria degli elementi fattuali dedotti dalla controparte, considerato che l’obbligo del versamento del contributo discende automaticamente dalla conclusione del contratto tra gestore ed amministrazione, secondo le previsioni di legge, ed avuto riguardo all’ampio contenuto dell’art. 2 del contratto de quo (riportato in modo autosufficiente a pag. 7 del ricorso), alle risultanze del p.v.c. redatto dalla G. di F. (riportato in modo autosufficiente a pag. 8 del ricorso) circa gli adempimenti amministrativi (registri di carico e scarico, presentazione M.U.D.) concretamente curati dalla società IBI, funzionali oltre che ai controlli alla quantificazione dell’imposta dovuta, nonché al contenuto della stessa proposta tecnico-economica per l’affidamento della discarica (riportato in modo autosufficiente a pag. 9 del ricorso), particolarmente significativa proprio in quanto proveniente dalla società IBI; elementi tutti rientranti nel thema decidendum, dei quali si sarebbe dovuto tenere conto ai fini della operata opzione interpretativa, che avrebbe dovuto guardare, piuttosto, al “tipo di remunerazione del soggetto gestore”.
La sentenza n. 6503/47/2015 della CTR campana, impugnata per cassazione dalla società IBI (R.G.N. 3761/2016) appare corretta e le relative censure non meritano accoglimento.
Quanto alle prime due, scrutinabili congiuntamente in quanto connesse, è sufficiente osservare che il giudice di appello, applicando i principi in precedenza esposti, ha correttamente individuato il soggetto passivo dell’imposta nella società IBI, quale titolare della gestione economica della discarica ubicata nel territorio del Comune di Savignano Irpino, e ciò all’esito di un accertamento – in fatto – compiuto dal giudice di merito, sulla scorta di una complessiva interpretazione delle clausole convenzionali sopra ricordate che regge alle critiche formulate dalla contribuente, volte a sminuire la portata delle obbligazioni scaturenti dal rapporto intercorso con la amministrazione pubblica, atteso che il passaggio dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri alle convenzioni, non incide affatto sulla disciplina della soggettività passiva d’imposta del “gestore dell’impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento”, prevista dalla l. n. 549 del 1995.
Si legge, al riguardo, nella sentenza gravata, “che tra la società istante ed I.A. s.p.a., (…) è stato stipulato un contratto di concessione in data 10/8/10 avente ad oggetto – art. 2 – << l’esercizio della discarica, la costruzione, comprensiva della direzione dei lavori, e gestione delle opere secondo le modalità previste dal Piano gestione operativa – P.G.O. – oltre alle attività di chiusura una volta raggiunti i profili contemplati nel relativo progetto … >>”. All’art. 5 della convenzione è espressamente detto che << la concessionaria si impegna a gestire la discarica in conformità con quanto stabilito dall’AIA e dal P.G.O. Ancora, all’art. 23, con la clausola di manleva il concessionario assume in proprio ogni responsabilità amministrativa, tecnica ed economica e di ogni altra natura inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione. Dai controlli svolti è emerso che la IBI ha di fatto svolto l’attività di gestore di impresa di stoccaggio definitivo di rifiuti della discarica di Savignano Irpino, istituendo i registri di carico e scarico, presentando il modello unico di dichiarazione – MUD – presso la Camera di Commercio.”, ed ancora che “Essendo la società stata designata impresa aggiudicataria per la realizzazione e la gestione della discarica, alla luce di tutto quanto sopra evidenziato si palesa corretta la conclusione dei primi Giudici. Tale impostazione trova ulteriore conferma nel tipo di remunerazione del soggetto gestore, risultante concretato nella fissazione di un compenso omnicomprensivo corrispondente alla tariffa individuata nel piano economico-finanziario facente parte del P.G.O., pari ad euro 68 per ogni tonnellata di rifiuto conferito in discarica. Nel piano economico-finanziario, nella tariffa elaborata dal Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti, è individuato anche il tributo in esame ma soltanto alcune voci proprie della gestione sono oggetto di offerta e di ribasso: l’importo dell’ecotassa non poteva essere inserito nel corrispettivo posto a base dell’asta essendo lo stesso di natura neutrale per il gestore della discarica che è tenuto a versarlo alla Regione con obbligo di rivalsa nei confronti dei conferitori.”.
Va disattesa, infine, la terza censura che è palesemente infondata.
La CTR, sulla base di quanto accertato in fatto, nell’escludere la denunciata disparità di trattamento per diversità delle fattispecie messe a confronto, ha correttamente richiamato la possibilità offerta dalla legge regionale n. 1 del 2012, art. 10, di considerare regolarmente effettuati, entro il 30 giugno 2012, i versamenti e gli adempimenti dichiarativi in materia di tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’articolo 3, commi da 24 a 40, l. n. 549 del 1995, i cui termini erano scaduti antecedentemente l’entrata in vigore della legge regionale n. 16 del 2010, che ha disciplinato le procedure applicative del tributo, allo scopo di perseguire finalità di deflazione del contenzioso tributario.
In conclusione, il ricorso della Regione Campania va accolto, e la causa, che non necessita di ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., co. 2, con il rigetto dell’originario ricorso della società IBI, mentre, per quanto detto, va respinto il riunito ricorso della contribuente che, secondo soccombenza, va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, le quali sono liquidate il dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso R.G.N. 1500/2016, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso della società contribuente, rigetta altresì il riunito ricorso R.G.N. 3761/2016, e condanna I.I. s.p.a. al pagamento delle spese processuali, complessivamente liquidate in Euro 12.000,00 a titolo di compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.p.r. n. 115 del 2002, segue la condanna della ricorrente I.I. s.p.a. al versamento, in favore dell’Erario, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
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