CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 giugno 2019, n. 15453
Tributi – Imposta di donazione – Trust del fallimento – Costituzione di un vincolo su beni della massa fallimentare per la loro gestione e liquidazione e il soddisfacimento dei creditori della fallita – Assoggettamento ad imposta – Esclusione
Fatti della causa
1. F. P., ricorre, in qualità di trustee del Trust del fallimento F.LL. M. fu G. srl, per la cassazione della sentenza emessa dalla commissione tributaria regionale della Lombardia in data 28 agosto 2017, n. 3457, lamentando violazione dell’art. 2 D.L. 262/2006, convertito dalla L. 286/2006, per avere la commissione ritenuto legittimo l’avviso notificato ad esso ricorrente dall’Agenzia delle Entrate, in liquidazione dell’imposta di donazione richiesta relativamente alla costituzione di un vincolo su beni della massa fallimentare, finalizzato alla relativa gestione e liquidazione e, in ultimo, al soddisfacimento dei creditori della fallita.
2. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
3. Il ricorrente ha depositato memoria con la quale, oltre a ribadire gli argomenti posti a base della richiesta di cassazione della sentenza impugnata, eccepisce la tardività del controricorso.
Ragioni della decisione
1. Merita in via preliminare osservare, fronte dell’eccezione sollevata dalla intimata, che non possono esservi dubbi sulla individuazione del ricorrente in F. P. non essendo il “trust” un ente ma un insieme di beni destinati ad un fine determinato, formalmente intestati al “trustee”, che costituisce l’unica persona di riferimento nei rapporti.
2. L’art. 2, comma 47, d.l. 262/2006, convertito dalla l. 286/2006, prevede che “è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001.
3. L’atto di dotazione di un trust non costituisce un trasferimento tassabile ai sensi del d.lgs. 346/1990 in quanto i beni oggetto dell’atto di dotazione entrano nella sfera giuridica del trustee mantenendosi separati dal resto del suo patrimonio, in modo limitato (stante l’obbligo di destinazione, che comprime il diritto di godimento del medesimo trustee rispetto a quello di un pieno proprietario) e solo temporaneo (v. Cass. 25478/2015 e, da ultimo, Cass. 1131/2019) talché l’acquisto della proprietà da parte del trustee non dà luogo a quell’effettivo arricchimento a cui si correla l’applicazione dell’imposta prevista dal d.lgs. n. 346 del 1990 (Cass. 1131/2019).
4. In tanto, quindi, l’atto gratuito di dotazione potrebbe essere considerato in sé e per sé soggetto all’imposta di donazione, in quanto, considerato quale atto “segregativo”, fosse tassabile come tale.
5. In merito all’assoggettamento dell’atto segregativo all’imposta di donazione, tuttavia, l’orientamento favorevole espresso con le ordinanze n. 3735/2015, n. 3737/2015, n. 3886/2015, n. 5322/2015 e n. 4482/2016 (quest’ultima recante il seguente principio di diritto: “La costituzione di un vincolo di destinazione su beni – nei caso di specie attraverso l’istituzione di un trust – costituisce di per sé ed anche quando non sia individuabile uno specifico beneficiario, autonomo presupposto impositivo in forza dell’ art. 2, comma 47, l. 286/2006, che assoggetta tali atti, in mancanza di disposizioni di segno contrario, ad un onere fiscale parametrato sui criteri di cui alla imposta sulle successioni e donazioni“), è stato superato, ormai stabilmente (v. Cass. n.21614/2016, n. 975/2018, n. 13626/2018, n. 15469/2018 e n. 1131/2019), sul rilievo che “l’unica imposta espressamente istituita [dal d.l. 262/2006] è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i ”vincoli di destinazione”, con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dall’art. 1 d.lgs. n.346/1990 del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari” (così Cass. 21614/2016 la quale ha altresì precisato che “quella che emerge dal decreto legge n. 262 cit., articolo 2, comma 47 e ss., è la preoccupazione del legislatore (nei termini di intenzione del legislatore di cui all’articolo 12, comma 1, prel.) di evitare che I un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato decreto legislativo n.346 cit. potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie di “recente” introduzione come quella dei “vincoli di destinazione” e quindi non presa in diretta considerazione dal ridetto “vecchio” decreto legislativo n. 346 cit.”).
6. Il superiore rilievo, legato all’interpretazione sistematica della norma, si unisce ad un rilievo di carattere costituzionale: l’atto di costituzione del trust, l’atto segregativo, non esprime, di per se stesso, capacità contributiva ex art. 53 Cost., né per il disponente, la cui utilità, rappresentata dall’effetto di separazione dei beni (con limitazione della regola generale di cui all’articolo 2740 codice civile), peraltro correlata ad una autorestrizione del potere di disposizione, non si sostanzia in un incremento di forza economica, né per il trustee, stante il già segnato carattere solo formale, transitorio, vincolato e strumentale del suo acquisto; una vera manifestazione di forza economica e di capacità contributiva prende consistenza solo quando la funzione del trust viene attuata.
7. Da quanto precede segue che il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.
8. La questione della tempestività del controricorso resta assorbita.
9. La sentenza impugnata deve essere cassata.
10. Non vi sono questioni in fatto da risolvere e dunque la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
11. Le spese devono essere compensate dato che la giurisprudenza di riferimento si è consolidata solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.
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