CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 novembre 2018, n. 28333
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Riscossione – Rimborsi dei crediti d’imposta
Fatti di causa
S.M.S. Italia Srl chiedeva, in data 28 luglio 2006, il rimborso del proprio credito Iva per il secondo trimestre 2006; l’Agenzia delle entrate, in data 20 ottobre 2006, dava disposizione all’esattoria per il pagamento di complessivi € 3.222.672,89, di cui € 4.354,56 per interessi maturati alla data della disposizione.
L’importo veniva accreditato da Esatri Spa in due soluzioni: in data 10 marzo 2007 (con valuta al 23 febbraio antecedente) per € 2.192.301,57; in data 16 marzo 2007 (con valuta al 9 marzo) per € 1.030.371,32.
La società chiedeva, quindi, in data 29 maggio 2007, il pagamento degli interessi maturati per l’ulteriore ritardo che indicava in complessivi € 26.581,27, istanza riconosciuta congrua dall’esattoria per il minor importo di € 14.815,45; tale atto, quale diniego parziale di rimborso era impugnato, con ricorso depositato il 20 settembre 2007, dalla contribuente, che chiedeva anche il riconoscimento degli interessi anatocistici.
La minor somma era concretamente erogata in data 9 ottobre 2007.
Il giudice di primo grado rigettava l’impugnazione; la sentenza era confermata dalla CTR della Lombardia.
S.M.S. Italia Srl ricorre per cassazione con cinque motivi; resistono l’Agenzia delle entrate ed Equitalia Esatri Spa (incorporata da Equitalia Nord Spa) con controricorso.
La ricorrente deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Va disattesa, preliminarmente, l’istanza di riunione con il ricorso R.G.N. 22389/2011: non sono ravvisabili, infatti, ragioni di economia processuale tali da giustificare la riunione, concernendo i giudizi autonomi crediti Iva, identica solo la questione in diritto.
2. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 20, commi 4, 4 bis e 5, d.m. n. 567 del 1993, nonché dell’art. 78, commi 33 e ss, I. n. 413 del 1991 in ordine alla decorrenza degli interessi spettanti al contribuente in caso di ritardo nell’erogazione del rimborso Iva infrannuale.
2.1. Il terzo motivo denuncia, sulla medesima questione, vizio logico motivazionale.
3. Il primo motivo è infondato, restando assorbito il terzo.
3.1. Come già rilevato da questa Corte (Cass. n. 5496 del 2003; Cass. n. 14506 del 2004; Cass. n. 11077 del 2006), la legge n. 413 del 1991, istitutiva del conto fiscale, ha introdotto e disciplinato con le disposizioni contenute nei commi da 33 a 37, anche un sistema di erogazione dei rimborsi alternativo rispetto a quello stabilito in via generale, autorizzando il concessionario della riscossione, nella qualità di gestore del conto, ad erogare con celerità, mediante accredito bancario regolamentato dall’art. 20 d.m. 28 dicembre 1993 n. 567, i rimborsi spettanti al contribuente per i crediti d’imposta sorti dopo il primo gennaio 1994 o risultanti dalle dichiarazioni presentate successivamente a tale data (e, quanto all’Iva, quelli spettanti all’Ufficio per crediti risultanti da dichiarazioni presentate in data anteriore).
3.2. L’art. 20 del d.m. n. 567 cit., peraltro, è stato modificato dall’art. 1 d.m. 10 ottobre 2003 n. 309, che ha cambiato il comma 4 (che originariamente includeva sia l’ipotesi della richiesta diretta al concessionario che quella del rimborso disposto dall’ufficio) ed ha introdotto il nuovo comma 4 bis.
Le norme così modificate prevedono:
«4. Decorso il quarantesimo giorno dalla presentazione della richiesta, il concessionario, rispettando l’ordine cronologico e per ciascuna giornata in ordine crescente di importo, entro i successivi venti giorni dispone l’erogazione del rimborso e, se dovuta, nei limiti della garanzia prestata, tramite accreditamento sul conto corrente bancario comunicato dall’intestatario.
4-bis. I rimborsi dei tributi disposti dall’ufficio finanziario sono erogati dal concessionario entro venti giorni dalla ricezione della disposizione di pagamento, con le modalità di cui al comma 4.»
È invece rimasto inalterato il comma 5 del citato art. 20: sui crediti di cui è chiesto il rimborso, non erogati «nel termine di sessanta giorni previsto dall’art. 78, comma 33, lett. a)» per carenza dei fondi disponibili, competono gli interessi previsti dalle leggi speciali per i crediti d’imposta, ossia il tasso degli interessi di mora previsto dalla disciplina ordinaria dettata in materia di rimborsi dei crediti d’imposta e non già quella relativa alla decorrenza degli interessi, per i rimborsi infrannuali, dal ventesimo giorno del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre trimestri solari (d.m. 15 febbraio 1979).
3.3. Parimenti inalterato, peraltro, è rimasto anche l’art. 78, comma 33, lett. a, I. n. 413 del 1991, nel testo ratione temporis applicabile, secondo il quale «la erogazione del rimborso dovrà essere effettuata entro sessanta giorni sulla base di apposita richiesta, sottoscritta dal contribuente ed attestante il diritto al rimborso, o di apposita comunicazione dell’ufficio competente»
3.4. L’innovazione, come emerge dalle premesse del d.m. n. 309 cit., mirava, dunque, ad accelerare ulteriormente le procedure di rimborso sull’assunto che, in caso 1- disposizione d’ufficio, i controlli erano stati compiuti e, dunque, restava la materiale esecuzione dell’accredito, per la quale potevano ritenersi sufficienti gli ordinari venti giorni.
L’indicata modifica, tuttavia, ha avuto un carattere meramente interno alla procedura e ai rapporti tra uffici e contribuente (in vista della indicata finalità acceleratoria), ma non ha influito sulla individuazione del termine per la mora ex re per l’intempestivo rimborso, che è rimasto di sessanta giorni decorrenti dalla richiesta diretta del contribuente al concessionario ovvero dalla disposizione dell’ufficio, in consonanza del resto con i criteri direttivi enunciati dal legislatore nell’art. 78, comma 33, della legge 413 del 1991, sui quali non può certamente incidere in via derogatoria la sopravvenuta regolamentazione (in termini analoghi v. anche Cass. 18798 del 28/07/2017).
3.5. Per completezza, va pure rilevato che nessun rilievo assume il recente intervento operato con l’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 175 del 2014, che ha riformulato la lett. a) del comma 33 dell’art. 78 cit. («a) l’erogazione del rimborso è effettuata entro sessanta giorni sulla base di apposita richiesta, sottoscritta dal contribuente ed attestante il diritto al rimborso, ovvero entro 20 giorni dalla ricezione di apposita comunicazione dell’ufficio competente e contestualmente all’erogazione del rimborso sono liquidati ed erogati gli interessi nella misura determinata dalle specifiche leggi in materia.»).
Va escluso, infatti, che la modifica abbia valenza retroattiva poiché l’art. 14, comma 2, d.lgs. n. 175 cit. espressamente stabilisce che «La disposizione … si applica ai rimborsi erogati a partire dal 1° gennaio 2015» ed, anzi, sul piano esegetico avvalora ulteriormente la necessarietà e fondatezza della pregressa opposta interpretazione.
3.6. Ne deriva, pertanto, la correttezza della decorrenza degli interessi come valutata dall’Ufficio e, quindi, dell’ulteriore importo erogato.
4. Il secondo motivo denuncia, in ordine al medesimo profilo, la violazione dei principi comunitari in tema di Iva in relazione al diritto del contribuente di ottenere il rimborso del proprio credito.
4.1. Il motivo non è fondato.
4.2. La Corte di Giustizia, invero, ha avuto modo di affermare, in plurime occasioni, che «se è vero che l’articolo 183 della direttiva IVA non prevede né l’obbligo di versare interessi sull’eccedenza di IVA a credito né il dies a quo per il calcolo degli interessi stessi, tale circostanza non consente, di per sé, di concludere che detto articolo deve essere interpretato nel senso che le modalità stabilite dagli Stati membri ai fini del rimborso dell’eccedenza di IVA sono dispensate da qualsivoglia controllo in riferimento al diritto dell’Unione» (Corte di Giustizia, 28 febbraio 2018, in C – 387/16, Valstybiné mokese’iq inspekcija prie Lietuvos Respublikos finansti ministerijos; Corte di Giustizia, 12 maggio 2011, in C- 107/10, Enel Maritsa Iztok 3 AD), sicché «gli Stati membri dispongono indubbiamente di una certa libertà nello stabilire le modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA, dette modalità non devono ledere il principio di neutralità fiscale gravando il soggetto passivo, in tutto o in parte, del peso di tale imposta. In particolare, tali modalità devono consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da detta eccedenza di IVA, ciò che impone che il rimborso sia effettuato entro un termine ragionevole e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo»
In linea con questi principi, peraltro, la Corte di Lussemburgo ha anche precisato che se, in generale, la previsione, nella procedura di rimborso, di un termine (funzionale all’assolvimento dei controlli e delle verifiche di spettanza dell’Amministrazione) prima del quale non sono dovuti gli interessi di mora sulla somma da rimborsare non possa considerarsi compatibile con la disciplina unionale ove esso comporti un differimento oltre modo rilevante, non altrettanto può dirsi nel caso in cui, invece, sia previsto un termine ridotto e ragionevole.
In tal senso, quindi, la Corte ha escluso che sia ragionevole attendere la compiuta conclusione di una verifica fiscale ed ha valutato eccessivo un termine di otto mesi; per contro, ha ritenuto che la previsione di «termini normali fissati a 45 giorni non risulta in contrasto» con l’art. 183 della direttiva IVA trattandosi di termine ragionevole, sull’evidente presupposto, dunque, che non sia tale da «far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo» (sentenza 12 maggio 2011, C-107/10, cit.).
4.3. Orbene, nella vicenda in esame, il termine di non esigibilità e di non decorrenza degli interessi è di complessivi giorni 60.
La fattispecie normativa, dunque, rientra nello stesso ordine di misura preso in considerazione dalla Corte di Giustizia, dovendosi riconoscere la ragionevolezza del termine previsto dalla disciplina normativa. La diversità dei termini e l’esigenza acceleratoria, del resto, risponde, come sopra evidenziato, ad una esigenza in primo luogo interna nei rapporti tra amministrazioni, determinando una diversa soluzione – a parità di norma primaria – una ingiustificata differenza tra l’ipotesi di pagamento a seguito di domanda diretta al concessionario e su disposizione dell’ente impositore.
4.4. Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto: «in caso di ritardato rimborso di credito Iva, al creditore spettano gli interessi di mora fino al pagamento effettivo salvo che per il periodo complessivo massimo di giorni sessanta – termine funzionale all’assolvimento dei controlli e delle verifiche di spettanza dell’Amministrazione e ragionevole secondo i principi affermati dalla Corte di Giustizia (sentenza 12 maggio 2011, in C- 107/10, Enel Maritsa Iztok 3 AD) – che decorrono, ai sensi dell’art. 78, comma 33, lett. a, I. n. 413 del 1991, nel testo ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica operata con il d.lgs. n. 175 del 2014, dalla data della richiesta formulata direttamente al concessionario ovvero, in caso di richiesta rivolta all’ufficio finanziario, dalla comunicazione o disposizione di pagamento di quest’ultimo»
5. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alle domande relative alla determinazione della somma di riferimento per il conteggio degli interessi.
5.1. Il quinto motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1283 c.c. in combinato disposto con gli artt. 20, commi 4, 4bis e 5, d.m. n. 567 del 1993, 78, commi 33 e ss, I. n. 413 del 1991, nonché vizio di insufficiente motivazione quanto al mancato riconoscimento degli interessi anatocistici.
5.2. Entrambe le doglianze restano assorbite dall’accoglimento dei motivi di cui sopra.
6. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, attesa la peculiarità della questione, che ha elementi di novità, vanno compensate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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