CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 settembre 2018, n. 21814

Tributi – Accertamento – Riscossione – Registrazioni contabili – Principio di competenza ex art. 109 TUIR

Fatti di causa

L’Agenzia delle entrate notificava alla società E.S. S.p.A. un avviso di accertamento, anno di imposta 2003, con cui venivano recuperati a tassazione costi ritenuti non inerenti o non documentati, nonché IVA non detraibile e si accertava maggiore IRPEG (per euro 102.040,00), maggiore IRAP (per euro 12.755,00) e maggiore IVA (per euro 74.767,00) con relative sanzioni. La società impugnava l’atto e la CTP di Firenze accoglieva il ricorso della contribuente con esclusione di una fattura emessa dalla F.Leopoldo Inn., in relazione alla quale dichiarava deducibile il costo di euro 1.541,00 nei limiti di un terzo e per la quota di competenza dell’anno 2003. L’Ufficio manifestava acquiescienza alla decisione della CTP, annullando il recupero per canoni di locazione e condominio relativi ad un immobile sito in Scandicci, e con riferimento alla ristrutturazione di immobili condotti in locazione per fatture emesse da I., spiegando appello in relazione agli altri recuperi. La CTR della Toscana, con la sentenza in epigrafe, accoglieva parzialmente l’appello, dichiarando non detraibile, con recupero a tassazione, la somma di euro 185.924,76, quale costo in aumento non documentato e non giustificato di affitto di ramo di azienda, ed euro 31.153,19 quale costo non documentato e non giustificato di consulenza tecnica per prevenzioni infortuni. La società contribuente ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo tre motivi. Si è costituita l’Agenzia delle entrate con controricorso, spiegando ricorso incidentale affidato a quattro motivi. La società E.S. S.p.A. si è costituita con controricorso al ricorso incidentale ed ha presentato memorie.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 109 (1) e 163 TUIR in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che i giudici di appello, con la sentenza impugnata, non contestano l’esistenza e l’inerenza dei costi recuperati a tassazione, ed ammontanti ad euro 185.924,76, pertanto, accogliendo le ragioni dell’Ufficio hanno violato il principio di competenza di cui all’art. 109 TUIR. Si argomenta che non è dato comprendere perché l’adempimento dell’obbligazione di corrispondere mensilmente il canone di affitto di un ramo d’azienda debba generare, per la società, costi pacificamente inerenti, ma solo parzialmente di competenza dell’anno di imposta in cui il pagamento viene effettuato. Si lamenta, inoltre, che la CTR, accogliendo le ragioni dell’Amministrazione, violerebbe anche l’art. 163 TUIR poiché la stessa componente di reddito in questione, a causa di una errata applicazione del principio di competenza, rischia di divenire oggetto di una doppia imposizione.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che i giudici di appello, avendo definito l’aumento dell’affitto una operazione sospetta, hanno ritenuto corretto accogliere la tesi dell’Agenzia che ne ha chiesto il recupero a tassazione, violando il principio della competenza.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, per ragioni di connessione logica, vanno trattati congiuntamente.

2.1. In disparte l’inammissibilità delle censure per difetto di autosufficienza, le stesse sono infondate.

I giudici di merito, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità (in quanto privo di vizi logici), con riferimento a canoni di locazione, ammontanti ad euro 185.924,76, hanno precisato che questi ultimi si riferiscono ad un contratto integrativo che sarebbe stato stipulato in data 2.4.1999 (quattro mesi dopo il precedente) con il quale l’affitto del ramo di azienda da euro 247.899,00 è stato elevato ad euro 433.823,76 (quasi il doppio).

Su tali presupposti ne hanno escluso la deducibilità con riferimento all’anno di competenza, in ragione del fatto che si trattava di somme non documentate (posto che il contratto integrativo era privo di data certa, in quanto non registrato) ed osservando che tale operazione appariva sospetta, essendo poco giustificato un tanto considerevole aumento del canone a quattro mesi di distanza dalla stipula del contranto base, oltre al fatto che i soci ed i rappresentanti legali della società proprietaria N.S. s.n.c. erano “i possessori dell’intero capitale della società locatrice cioè la ricorrente”.

2.2. In tema di reddito di impresa, i costi devono essere imputati all’esercizio in cui è avvenuta l’operazione economica, salvo che non ne sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare (Cass. n. 25282 del 2015), sicché incombe all’Amministrazione finanziaria, che, assumendo un’erronea imputazione, pretende una maggiore imposta, di mostrare tali fatti e, sul contribuente, il diverso anno in cui i costi sono diventati certi e determinabili nell’ammontare, anche se abbia proceduto alla doppia annotazione dello stesso importo tra le componenti negative (costi) e positive, secondo i criteri di correttezza contabile, atteso che tale circostanza, potendo neutralizzare l’incidenza sul reddito dell’illegittima imputazione del costo e privare di fondamento la pretesa impositiva, va provata da chi la eccepisce alla stregua di un fatto impeditivo (Cass. n. 1107 del 2017). Onere processuale a cui la società contribuente non risulta avere ottemperato, tenuto conto della inopponibilità del contratto integrativo stipulato in data 2.4.1999 all’Amministrazione (Cass. n. 1172 del 2008), in mancanza di data certa (Cass. n. 19593 del 2014), in quanto non registrato ( in tema di nullità di un contratto di locazione non registrato v. SS.UU. n. 23601 del 2017). L’onere della prova circa l’esistenza dei fatti che danno luogo a oneri e costi deducibili, ivi compresi i requisiti dell’inerenza e dell’imputazione ad attività produttive di ricavi, non incombe all’Amministrazione finanziaria, ma al contribuente che invoca la deducibilità

2.3. Nella specie, essendovi incertezza sull’an ed anche sul quantum dei componenti negativi di reddito, i giudici di appello hanno correttamente aderito alla tesi dell’Agenzia delle entrate, disconoscendo il costo per l’affitto del ramo di azienda perché non di competenza del 2003.

Parte ricorrente, in realtà, con le esposte doglianze, censurate sotto il profilo della violazione di legge, e vizio di motivazione, sollecita un nuovo ed inammissibile esame delle risultanze istruttorie ed accertamenti in fatto, già correttamente effettuato dal giudice del merito.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., con riferimento a recupero a tassazione di costi sostenuti dalla società contribuente, per un ammontare pari ad euro 31.153, 19 oltre IVA, a fronte di servizi forniti dalla Q.S. s.a.s., ravvisando una duplicazione di costi, atteso che le attività per le quali tali costi erano stati sostenuti rientravano tra i compiti già attribuiti, con la relativa lettera di designazione, al “responsabile del servizio di prevenzione infortuni” della società contribuente.

3.1. In disparte l’inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza, non essendo riportato in ricorso il contenuto degli atti su cui la doglianza si fonda ( avviso di accertamento, lettera di designazione, ecc. ), lo stesso è infondato.

La CTR con motivazione congrua, priva di vizi logici, e, quindi, non contraddittoria, ha correttamente argomentato che tali spese di consulenza tecnica non risultavano documentate, costituendo tale dato una duplicazione di costi per quanto riguarda gli stessi compiti attribuiti al responsabile del servizio prevenzioni infortuni, con corretto recupero a tassazione, in assenza di prova contraria offerta dalla società contribuente.

4. Da siffatti rilievi, consegue il rigetto del ricorso principale.

5. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso, spiegando ricorso incidentale, affidato a quattro motivi.

6. Con il primo motivo di ricorso incidentale, si censura la sentenza impugnata denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., atteso che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sulla censura proposta dall’Ufficio nell’atto di appello, con riferimento alla voce di costo di euro 1541,00 recuperata a tassazione, per costi non inerenti relativi alla fattura di ristorazione della F. Leopoldo Inn., in relazione alla quale la CTP aveva dichiarato deducibile il costo di euro 1.541,00 nei limiti di un terzo e per la quota di competenza dell’anno 2003.

6.1.Il motivo è fondato. La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente e annullato tutti i recuperi a tassazione effettuati con l’accertamento impugnato, salvo che per la fattura di ristorazione della “F. L. Inn”, in relazione alla quale dichiarava deducibile il costo di euro 1. 541,00 nei limiti di un terzo e per la quota di competenza dell’anno 2003. Risulta dal ricorso dell’Agenzia delle entrate(pag. 9) che l’Ufficio aveva prestato acquiscenza alla decisione della CTP nella parte in cui annullava i recuperi relativi al rilievo n. 1.02 e n. 103-1.04 (canoni di locazione e condominio relativi all’immobile sito in Scandicci alla via del Confine n. 18 C e conto 75/0112 per ristrutturazione immobili in locazione 2003″ con riferimento alle fatture emesse da I. per lavori eseguiti presso l’immobile di loc. Granatieri), mentre con riferimento a tutti gli altri recuperi aveva proposto appello, ribadendo la legittimità del proprio operato.

Ciò premesso, dalla piana lettura della sentenza impugnata, con specifico riferimento a tale motivo di doglianza, si evince che i giudici di appello non hanno motivato alcunché, incorrendo nella denunciata omessa pronuncia, con la conseguenza che la sentenza impugnata, in parte qua, va cassata.

7. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 109, comma 5, TUIR, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che la CTR avrebbe disconosciuto la ripresa di euro 31.913,56, dedotti quali costi per canoni di locazione dalla contribuente, con riferimento a due immobili ubicati in Scandicci alla via del Confine n. 12 e n. 18/b, che si assume non utilizzati dalla società per l’esercizio dell’impresa.

7.1. La doglianza non può trovare accoglimento. Con accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità (non censurato sotto il profilo dell’art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.), si rileva che il giudice del merito, pur dando atto in motivazione che la locazione degli immobili non risulta espressamente menzionata nel contratto di affitto di ramo di azienda, ha dedotto l’inerenza dei costi sulla base del rilievo che gli immobili oggetto di locazione erano stati utilizzati per l’esercizio dell’attività aziendale, con la conseguenza che, in difetto di prova contraria da parte dell’Ufficio, tali costi non potevano essere recuperati, in quanto componenti negative del reddito.

8. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che la CTR avrebbe erroneamente riconosciuto il diritto della ricorrente a portare in detrazione l’IVA addebitabile nelle fatture emesse da Plinio Balzanti per l’attività di trasporto da lui svolta, posto che tali costi risultavano fatturati utilizzando una partita IVA relativa ad una attività di intermediario di commercio che risultava cessata nel 1992.

9. Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando omessa, contraddittoria, insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., tenuto conto che, dalla lettura del provvedimento, non sarebbe possibile evincere l’iter logico – giuridico seguito dal giudice di appello per disconoscere i rilievi formulati dall’Ufficio, ed in particolare laddove si afferma che i costi relativi alla attività di consulenza prestata dallo studio Tecnico Guscelli sarebbe deducibile, nonché i costi con riferimento al rilievo n. 1.05.

10. Entrambi i motivi sono inammissibili per carenza di specificità, essendo stati formulati in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..L’Ufficio ricorrente lamenta, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, l’erroneo riconoscimento del diritto alla deduzione dei costi, ai fini IVA, omettendo di riportare in ricorso (trascrivendone riassumendone il contenuto), gli atti difensivi e i documenti su cui le censure si fondano (Cass. n. 19048 del 2016; Cass. n. 14784 del 2015), al fine di consentire a questa Corte la verifica della fondatezza delle doglianze sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (Cass. n. 5478 del 2018; Cass. n. 27475 del 2017).

11. In defintiva, va rigettato il ricorso principale, accolto il primo motivo del ricorso incidentale, rigettati gli altri, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione, per il riesame limitatamente al motivo accolto e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per il riesame, alla CTR della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.