CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 settembre 2018, n. 21860

Tributi – Accertamento induttivo – Panificio – Presunzione di acquisto di farina in nero – Applicazione di Metodologia di controllo del settore

Rilevato che

– con sentenza n. 96/21/2011, depositata in data 12 luglio 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione staccata di Verona, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di B.B. avverso la sentenza n. 196/03/2010 della Commissione tributaria provinciale di Verona, dichiarando, in riforma di quest’ultima, la legittimità dell’avviso di accertamento n. 8370101003252009 con il quale l’Ufficio aveva contestato, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, nei confronti del contribuente, esercente di attività di fabbricazione di prodotti di panetteria, per l’anno 2005, ai fini Irpef, Irap e Iva, maggiori ricavi pari a euro 63.067,00 e, quindi, un maggior reddito di impresa pari a euro 81.401,00;

– il giudice di appello, in punto di fatto, premetteva che: 1) previo p.v.c., con avviso di accertamento n. 8370101003252009, l’Ufficio di Legnago aveva contestato a carico di B.B., esercente attività di panettiere, maggiori ricavi non contabilizzati nell’anno 2005, concretantesi nella vendita in nero di Kg. 18.740 di pane prodotto in eccedenza, quale differenza tra kg. 79.500 di pane, derivanti dall’impiego di acquistati kg. 49.000 di farina, depurati dallo sfrido, e kg. 60.760 di pane conseguiti all’impiego di acquistati kg. 795 di lievito; 2) avverso il suddetto avviso di accertamento, il contribuente, deducendone il vizio di motivazione, aveva fatto ricorso alla CTP di Verona che l’aveva accolto; 3) avverso la sentenza di primo grado, aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate, insistendo per la legittimità del proprio operato; 4) aveva controdedotto il contribuente rilevando l’illegittima successiva integrazione della motivazione dell’avviso di accertamento da parte dell’Ufficio, solo in sede di costituzione in primo grado, attraverso la deduzione della presunzione di acquisto in nero di farina; la inattendibilità dei dati attinti dalla “Metodologia di controllo del settore panifici – codice Atecofin 15.81.1”; l’applicazione del prezzo di vendita di euro 3.50 al kg. di pane solo al consumatore finale e non già nel caso di vendita del prodotto ad altre imprese; la irrilevanza, ai fini fiscali, delle discrepanze riscontrate nella contabilità di cassa;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l’avviso di accertamento doveva considerarsi sufficientemente motivato – nel senso di consentire al destinatario la conoscenza della pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e la possibilità di contestarne il contenuto – in quanto, nella specie, erano state considerate tutte le informazioni che lo stesso contribuente aveva rilasciato all’Ufficio in sede di contraddittorio; 2) nessuna “contestazione suppletiva” circa l’acquisto in nero di farina era stata fatta a carico del contribuente dopo l’emissione dell’atto impositivo; 3) la presunzione di acquisto di farina in nero era stata addotta dall’Ufficio a chiarificazione delle modalità di produzione della contestata eccedenza non contabilizzata di pane, per cui non concretava un ampliamento delle ragioni poste a fondamento della verifica fiscale; 4) l’accertamento della produzione, nel 2005, di kg. 18.740 di pane in eccedenza, era conseguito avuto riguardo alla differenza tra Kg. 79.500 di prodotto risultato dall’impiego del dichiarato acquisto di kg. 795 di lievito, anche considerandone un uso nella misura massima dell’1% rispetto alla farina, e Kg. 60.760 di prodotto conseguito alla consumazione del dichiarato acquisto di kg. 49.0 di farina, depurato dello sfrido, applicando una percentuale media di resa dell’1,24%; 5) nel corso del 2005, erano stati riscontrati nel conto cassa del contribuente dei frequenti saldi negativi giornalieri, per un totale di euro 10.871, 39, indice di ricavi non contabilizzati;

– avverso la sentenza della CTR, B.B. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.l cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 -bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

Considerato che

– con il primo motivo, il ricorrente, denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione degli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, in combinato con gli artt. 1 e 7 della legge n. 212 del 2000, 97 e 23 Cost., per avere erroneamente la CTR, a fronte della contestazione nell’avviso di accertamento “della maggiore produzione non contabilizzata in kg. 18740”, ritenuto che la “presunzione di acquisto in nero di farina” dedotta dall’Ufficio per la prima volta in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, non costituisse un’ipotesi di ampliamento delle ragioni poste a fondamento della verifica fiscale, ma solo una chiarificazione della modalità di fabbricazione, nel 2005, della riscontrata eccedenza di pane;

– al riguardo, il ricorrente, premessa la non modificabilità della contestazione mossa al contribuente nell’atto impositivo, deduce la erroneità della pronuncia della CTR nella parte in cui, avuto riguardo alla “presunzione di acquisto in nero di farina” dedotta dall’Ufficio solo in sede di costituzione in primo grado, ha, in sostanza, ritenuto legittima un’integrazione a posteriori della motivazione dell’avviso di accertamento;

– in disparte la irrilevanza dell’erronea indicazione in rubrica dell’art. 43 in luogo dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, in primo luogo, la censura non coglie la ratio della decisione impugnata, in quanto la CTR ha fondato il giudizio di sufficienza motivazionale dell’avviso di accertamento sul fatto che fossero state considerate le informazioni rilasciate dallo stesso contribuente all’Ufficio in sede di contraddittorio e non già sulla ritenuta legittima chiarificazione successiva ad opera dell’Ufficio delle modalità di produzione- attraverso il paventato acquisto di farina in nero – di kg 18,740 di pane in eccedenza;

– peraltro, il ricorrente, nel dedurre l’erroneità della pronuncia della CTR nella parte in cui esclude che la precisazione da parte dell’Ufficio del presunto acquisto in nero di farina costituisca un ampliamento delle ragioni fondanti l’accertamento, tende, attraverso la denuncia di una violazione di legge, ad ottenere una inammissibile rivalutazione dei fatti da parte di questa Corte;

– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza impugnata, per avere la CTR, da un lato, omesso di chiarire le ragioni sottese alla assunta maggiore produzione di kg. 18.740 di pane (quanto alla fabbricazione di kg. 79.500 di pane con kg. 795 di lievito cui erano stati detratti kg. 60.760 di pane prodotti con kg. 49.000 di farina, depurata dallo sfrido) nonché alla determinazione dei ricavi non contabilizzati in euro 63.067,0 (quanto al prezzo di vendita applicato agli assunti kg. 18.740 di pane prodotti in eccedenza), e, dall’altro, trascurato di considerare una serie di argomentazioni dedotte dal contribuente in sede di controdeduzioni all’appello (quali la fabbricazione e il prezzo di prodotti similari; l’inattendibilità dei dati tratti dalla “Metodologia di controllo del settore panifici – codice Atecofin 15.81.1.; la variabilità quantitativa del dato costituito dal lievito);

– la censura è priva di pregio;

– questa Corte ha chiarito che con l’accertamento analitico-induttivo l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 (come in materia di IVA, ai sensi del d.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata; sicché essa possa essere considerata, nel suo complesso, inattendibile (Cass. n. 28728 del 2017; Cass. n. 10581 del 2015; Cass. n. 20060 del 2014; Cass. n. 5731 del 2012; Cass. n 26341 del 2009), con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. n. 28713 del 2017; Cass. n. 16119 del 2017; Cass. n. 26036 del 2015; n. 7871 del 2012);

– quanto al dedotto vizio motivazionale, si osserva che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciarle con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass. 30822 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017; n. 15489 del 2007);

– in particolare, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, denunciarle con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, 1° c., n. 5 cod. proc. civ., non sussiste quando nella motivazione, sia chiaramente illustrato il percorso logico seguito per giungere alla decisione e risulti comunque desumibile la ragione per la quale ogni contraria prospettazione sia stata disattesa, senza però che il giudice abbia l’obbligo di esaminare tutti gli argomenti logici e giuridici prospettati dalle parti per sostenere le loro domande ed eccezioni (Cass. n.11193 del 2007; Cass. n. 5169 del 1997);

– nella specie, la CTR, ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto, con una motivazione sufficiente ed esente da vizi logici giuridici – da leggere congiuntamente alla parte in fatto della decisione – ha desunto da una serie di elementi offerti dall’Ufficio, complessivamente valutati e ritenuti integrare presunzioni gravi, precise e concordanti (quali il dichiarato acquisto da parte del contribuente di certo quantitativo di farina e di lievito nel 2005; la totale consumazione degli stessi; l’applicazione, ai fini della verifica della reale produzione di pane, dei dati tratti dalla “Metodologia di controllo del settore panifici – codice Atecofin 15.81.1”, il prezzo di vendita del pane di euro 3,50 al kg. asseritamente dichiarato dallo stesso contribuente in sede di contraddittorio; il riscontro di frequenti saldi negativi giornalieri nel conto cassa del medesimo) di maggiori ricavi non contabilizzati, concretantesi nella produzione di Kg. 18.740 in eccedenza di pane venduti in nero e, dunque, di un maggiore reddito imponibile; a fronte dei quali elementi presuntivi, la CTR non ha riscontrato la produzione di idonea prova contraria da parte del contribuente;

– quanto alla dedotta mancata considerazione da parte della CTR di altri elementi indicati dal contribuente, già in sede di contraddittorio (quali la produzione e il prezzo di prodotti similari), affinché sia rilevabile, in sede di legittimità, il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non è sufficiente che sussista un elemento trascurato dal giudice di merito e potenzialmente idoneo a condurre a diversa decisione, ma è necessario che tale elemento sia integralmente ed adeguatamente descritto, nel suo contenuto e nella sua decisività, dallo stesso ricorso, dovendo quest’ultimo essere, a tal fine, autosufficiente (Cass. n. 3183 del 2.4.99; da ultimo, Cass. n. 25257 del 2017); il che, nella specie, non risulta, non avendo il ricorrente indicato in che termini la valutazione da parte del giudice di appello di tali dati avrebbe potuto incidere sull’esito della decisione;

– in ogni caso, va osservato che il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base” (Cass. n. 4610 del 2014; Cass. n. 12623 del 2012 che richiama Cass. n. 10156 del 2004; Cass. n. 9368 del 2006; Cass. n. 14752 del 2007);

– nella specie, il ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si è limitato – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimità;

– quanto alla dedotta mancata considerazione da parte della CTR della eccepita inattendibilità dei dati tratti dalla “Metodologia di controllo del settore panifici – codice Atecofin 15.81.1” nonché della assunta variabilità del fattore quantitativo del lievito, non è dato a questa Corte il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 30822 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017);

– in conclusione, il ricorso va rigettato; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna B.B., al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.