CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 agosto 2018, n. 20666
Licenziamento collettivo – Procedura di mobilità – Impugnazione stragiudiziale – Decadenza – Termine
Fatti di causa
1. Con ordinanza pronunciata, ai sensi della legge n. 92/2012 in data 29.8.2014, il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, le domande proposte da C. P. e B. B. dirette ad ottenere l’annullamento e la declaratoria di illegittimità – con le conseguenti statuizioni ripristinatorie e risarcitorie – del licenziamento collettivo adottato dalla A. spa, con lettera del 25.10.2013, nei loro confronti e di tutti gli altri dipendenti del punto vendita di Torre Annunziata Est a seguito dell’avvio di una procedura – che assumevano illegittima sotto il profilo formale e sostanziale – di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 21 legge 223/91.
2. Con sentenza n. 165 del 2.4.2015 lo stesso Tribunale ha respinto l’opposizione confermando la citata ordinanza.
3. Con pronuncia n. 1258/2016 la Corte di appello di Napoli ha rigettato il reclamo presentato dalle lavoratrici, compensando le spese di lite.
4. A fondamento del decisum i giudici di seconde cure hanno precisato che: a) l’art. 6 legge n. 604/1966, come successivamente modificato, nello stabilire il termine di gg. 60 per l’impugnativa del licenziamento fa espresso riferimento, quale dies a quo, alla “ricezione della sua comunicazione in forma scritta”, mentre, per il termine fissato per il deposito del ricorso giudiziale, fa riferimento alla necessità che l’impugnazione sia seguita dal deposito del ricorso entro il successivo termine; b) l’impugnazione del licenziamento, conformemente ai principi statuiti in sede di legittimità, non è un atto ricettizio ma costituisce una fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, rispetto alla quale risulta indifferente il momento perfezionativo dell’atto di impugnazione vero e proprio; c) per l’osservanza del primo termine era, quindi, necessario che l’impugnativa fosse trasmessa entro 60 giorni dalla ricezione degli atti indicati dal lavoratore e dal momento di tale trasmissione sorgeva l’obbligo successivo di attivare la fase giudiziaria entro il termine prefissato; d) la sentenza di prime cure era pienamente condivisibile e si sottraeva alle censure mosse.
5. Avverso la decisione di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione C. P. e B. B. affidato ad un motivo.
6. Ha resistito A. spa con controricorso illustrato con memoria.
Ragioni della decisione
1. Con un unico articolato motivo le ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 della legge n. 604/1966, nel testo novellato dall’art. 1 comma 38 legge n. 92/2012, e dell’art. 1334 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere erroneamente ritenuto i giudici di merito che il termine per la proposizione dell’azione giudiziaria, in tema di licenziamento, decorresse dalla data di spedizione, e non da quella di ricezione da parte del datore di lavoro, della missiva di impugnazione stragiudiziale di talché, in sostanza, non si era verificata alcuna decadenza in quanto, a fronte delle impugnative stragiudiziali inviate il 20.12.2013 (ma ricevute il 31.12.2013), tempestivamente i ricorsi introduttivi della prima fase erano stati depositati il 27.6.2014, entro il termine di 180 giorni, che non avrebbe potuto invece essere ritenuto quello del 18.6.2014, qualora si fosse voluto avere riguardo appunto alla data di spedizione. Le ricorrenti sollecitano, inoltre, l’eccezione pregiudiziale di incostituzionalità ex artt. 28 e 23 della legge n. 87/53 per vizio materiale e sostanziale dell’art. 6 comma 2 della legge n. 604/1966 nel testo novellato dall’art. 1, comma 38, legge 92/2012, perché l’interpretazione adottata dalla Corte territoriale si manifestava lesiva di diritti costituzionalmente tutelati, della certezza del diritto e tutela del diritto al lavoro ex artt. 4 e 36 Cost., con evidente violazione anche del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato ex art. 24 Cost.
2. Il motivo non è meritevole di pregio così come è manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità della disposizione sollevata dalla difesa delle ricorrenti.
3. La gravata pronuncia è conforme all’orientamento di legittimità ormai consolidato (cfr. Cass. n. 5717/2015; Cass. n. 16899/2016), cui si intende dare seguito, secondo cui il termine di decadenza previsto dall’art. 6 secondo comma legge n. 604/1966 sopra richiamato, decorre dalla trasmissione dell’atto scritto di impugnazione del licenziamento stabilito dal primo comma dell’articolo citato e non dal perfezionamento dell’impugnazione stessa per effetto della sua ricezione da parte del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 20068/2015). Ed infatti, come correttamente ritenuto, l’impugnazione del licenziamento, così come legislativamente strutturata a seguito dell’ultimo intervento di riforma, costituisce una fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, rispetto alla quale risulta indifferente il momento perfezionativo dell’atto di impugnativa vero e proprio. La norma non prevede, infatti, la perdita di efficacia di una impugnazione già perfezionatasi (dunque già pervenuta al destinatario) per effetto della successiva intempestiva attivazione dell’impugnante in sede contenziosa, ma impone un doppio termine di decadenza affinché l’impugnazione stessa sia in sé efficace.
4. Come già specificato nei richiamati precedenti giurisprudenziali, la locuzione “L’impugnazione è inefficace se…” sta infatti ad indicare che, indipendentemente dal suo perfezionarsi (e quindi dai tempi in cui lo stesso si realizzi con la ricezione dell’atto da parte del destinatario), il lavoratore deve attivarsi, nel termine indicato, per promuovere il giudizio. Il primo termine si avrà per rispettato ove l’impugnazione sia trasmessa entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti indicati da parte del lavoratore, il quale, quindi, da tale momento, avendo assolto alla prima delle incombenze di cui è onerato, è assoggettato a quella ulteriore, sempre imposta a pena di decadenza, di attivare la fase giudiziaria entro il termine prefissato (Cass. n. 21410/2015). Sicché l’impugnazione, per essere in sé efficace e potere raggiungere il proprio scopo tipico (ferma ovviamente la sua ricezione da parte del datore di lavoro), richiede il rispetto di un doppio termine di decadenza, interamente rimesso al controllo dello stesso impugnante.
5. Tale soluzione, oltre che con la lettera del testo normativo, è altresì coerente con la finalità acceleratoria che ha improntato la novella legislativa n. 92/2012 e non lede in alcun modo il diritto di difesa del lavoratore, che è anzi perfettamente in grado di conoscere il dies a quo per l’instaurazione della fase giudiziaria (egli essendo il soggetto che impugna giudizialmente il licenziamento, dopo averne fatto comunicazione di impugnazione stragiudiziale).
6. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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