CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 gennaio 2019, n. 190
Rapporto di lavoro giornalistico subordinato a tempo indeterminato – Collaboratore – Requisito della continuativa responsabilità
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento delle domande proposte da S.M., aveva dichiarato che era intercorso tra quest’ultimo ed I.M. s.p.a. un rapporto di lavoro giornalistico subordinato a tempo indeterminato dal settembre del 1980 al 29.5.1989 ed aveva accertato il diritto del predetto alla qualifica di redattore dal 27.1.1984, condannando la società al pagamento delle differenze retributive, nonché del t.f.r. e degli accessori di legge.
2. La Corte d’appello capitolina aveva a sua volta rigettato l’appello principale del S. e, accogliendo parzialmente il gravame del M., aveva negato la qualifica di redattore corrispondente da capoluogo del primo, per non essere stato dedotto che il ricorrente avesse lavorato in redazione; era stata in conseguenza di ciò disposta la condanna della società al pagamento della minor somma di euro 75.000,00, valutata all’attualità, a titolo di differenze retributive e di t.f.r.
3. Adita dal S. con ricorso principale e dal M. con ricorso incidentale, la Corte di Cassazione accoglieva il primo e quarto motivo del ricorso principale e rigettava l’incidentale, rinviando alla Corte capitolina in diversa composizione.
4. Quest’ultima, in sede di rinvio, per quel che rileva nella presente sede, con sentenza del 30.11.2015, riteneva che: alla luce delle indicazioni contenute nella sentenza rescindente, il carattere generale delle notizie anche italiane ed estere, che, in aggiunta a quelle locali, era tenuto a fornire con continuità il corrispondente da capoluoghi di provincia per essere equiparato al redattore, doveva riferirsi all’ambito (ratione materiae) delle stesse e non alla loro rilevanza nazionale; nel caso di specie il settore del quale si era occupato il S. era solo quello sportivo, sia pure non riferito soltanto al calcio; che, “ad colorandum”, non vi era neppure la prova della continuità del carattere asseritamente “generale” delle notizia; che pertanto la qualifica riconoscibile al S. era quella di collaboratore fisso ex art. 2 CCNL, sussistendo il requisito della continuativa responsabilità di un determinato servizio (quello degli avvenimenti sportivi tenutisi nel Napoletano); quantificava equitativamente le spettanze dovute in senso più favorevole al S. rispetto ai criteri previsti per il collaboratore fisso (numero settimanale medio dei “pezzi” scritti”), con riferimento al trattamento del redattore, in misura del 50% di quanto previsto per quest’ultimo, avvalendosi dell’ausilio di CTU e determinava le differenze dovute in euro 65.312,71.
5. Di tale decisione domanda la cassazione il S., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, Il M..
6. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 5 CNLG 10.1.1959, e dei contratti successivi, il primo valido erga omnes ed avente forza di legge (DPR n. 153 del 1961 e artt. 1 e 7 I. 741/1959), dell’art. 1362 e ss. c.c., dell’art. 384 c.p.c., dell’ art. 12 Preleggi c.c., art. 132, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., dell’ art. 111 Cost., e si lamenta motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., sostenendosi che la Corte di appello in sede di rinvio, dopo avere pacificamente ammesso la rilevanza nazionale delle notizie sportive elaborate e trasmesse dal ricorrente, con una forzatura del dictum della Cassazione, ha negato il carattere generale delle stesse affermando che tale carattere non sia integrato dalla rilevanza nazionale delle notizie solo sportive. Si osserva che laddove la Corte del merito ha riferito il requisito della continuità non solo alle notizie locali, ma anche a quelle di dimensioni nazionali o estere, avrebbe dovuto sostenerne per ciò solo anche il carattere generale, come del resto affermato da giurisprudenza di legittimità che aveva ritenuto che, quando le notizie locali rivestano un interesse generale, debba desumersene il loro carattere generale (con richiamo a Cass. 4175/1976). Aggiunge che in altre pronunce della S.C. era stato riconosciuto il trattamento economico del redattore di cui all’art. 5 CNLG al corrispondente di un quotidiano sportivo da capoluogo sprovvisto di redazione, che trasmetteva notizie ovviamente di cronaca sportiva ed osserva che, in caso contrario, in nessun quotidiano sportivo vi sarebbero redattori corrispondenti.
2. Nel secondo motivo si ascrive alla decisione impugnata violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 5 CNLG 10.1.1959 e ss., dell’art. 1362, degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’ art. 36 Cost., degli art. 2116 c.c., 13 l. 1338/1962, 38, comma 2, Cost., 384 c.p.c., 132, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 111 Cost. e 6, par 1, CEDU, e si deduce motivazione apparente, nonche nullità della decisione emessa in sede di rinvio, in relazione all’affermazione della Corte del merito che ha escluso che fosse stata fornita prova della “continuità” di notizie asseritamente di carattere “generale”. Si riproducono esemplificativamente una serie di articoli pubblicati dal 1980 al 1989 e si riportano stralci della testimonianza resa dal teste M. per dimostrare il carattere continuativo delle notizie di carattere generale, intese come notizie di dimensioni nazionali o estere. Si sostiene poi che, anche considerando che il S. dovesse essere ritenuto collaboratore fisso, la Corte non aveva correttamente applicato l’art. 2 CNLG e l’art. 36 Cost., per avere ignorato i parametri contrattuali su natura ed importanza delle matterie trattate, così come gli elementi di quantificazione costituiti dal numero di articoli e dall’impegno di frequenza. Si aggiunge, a fondamento del motivo, che la qualifica inferiore erroneamente riconosciuta e la minore retribuzione riconosciute dalla Corte romana “si ripercuotono negativamente sul danno pensionistico da risarcire al ricorrente con un’ingiustificata decurtazione”.
3. Con il terzo motivo, ci si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’ art. 394 c.p.c., degli artt. 112, 132, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost., nonché dell’ omessa motivazione e della nullità della decisione con riguardo alla detrazione di somme al lordo già percepite dal lavoratore e neanche richieste dall’azienda, con ciò riconoscendo alla controparte un importo superiore al richiesto, in violazione del principio della domanda di cui all’art. 112 c.p.c.
4. Va premesso che con la sentenza in sede rescindente questa Corte ha affermato che la qualifica professionale di redattore va riconosciuta ai giornalisti professionisti:
– prestanti la loro attività nelle direzioni e nelle redazioni;
– corrispondenti negli uffici di corrispondenza da Roma, dalle capitali estere e da New York;
– inviati speciali;
– titolari degli uffici di corrispondenza di testate che dedichino normalmente una intera pagina alla locale cronaca cittadina;
– facenti parte di una redazione decentrata;
– corrispondenti da capoluoghi di provincia ai quali sia richiesto di fornire in modo continuativo, oltre a notizie di cronaca locale, notizie italiane o estere di carattere generale da loro elaborate.
5. In particolare, con riferimento alla posizione di corrispondente da capoluogo di provincia nella indicata pronuncia è stato rilevato come “al requisito fondamentale dell’elaborazione della notizia (propria di ogni attività propriamente giornalistica) debbano aggiungersi altre due sub-condizioni, consistenti, la prima, nel carattere continuativo della trasmissione delle notizie, e, la seconda, nel carattere generale delle medesime notizie, anche italiane o estere, in aggiunta a quelle locali, con la conseguenza che il requisito della continuatività (che, peraltro, differisce da quello della quotidianità, preso in considerazione dalla Corte territoriale), deve intendersi riferito non solo alle notizie locali, ma anche a quelle di dimensioni nazionali o estere”.
6. L’errore di diritto che aveva viziato la sentenza impugnata è stato ravvisato “nell’avere risolto la questione all’esame prendendo a parametro requisiti dell’attività giornalistica necessari per l’attribuzione della qualifica di redattore in riferimento a posizioni lavorative diverse da quella specificamente dedotta in giudizio e, per converso, di non avere appuntato la propria disamina sulla sussistenza o meno delle caratteristiche dell’attività giornalistica espressamente richieste in relazione all’equiparata posizione del corrispondente da capoluoghi di provincia”.
7. Tanto precisato, si ritiene che il dictum della sentenza rescindente non sia stato violato, avendo il giudice del rinvio verificato, oltre al dato essenziale, consistente nella elaborazione della notizia, quale requisito primario dell’attività intellettuale e creativa propria del giornalista, anche la ricorrenza di una delle condizioni – elencate in alternativa tra loro – previste dall’art. 5 del contratto collettivo e poste su un piano di equipollenza, tra cui quelle contemplate nel secondo comma della norma collettiva, seconda ipotesi, che si attaglia al caso di specie. E così, nel rispetto del criterio di sostanziale parità di trattamento riservato dal contratto collettivo a posizioni ritenute corrispondenti, è stata verificata la ricorrenza, nella posizione del corrispondente da capoluogo di provincia che aspirava all’equiparazione al giornalista redattore, degli elementi che ne connotassero pari capacità professionali e livelli di responsabilità. Orientando in questa direzione la “lettura” della disciplina applicabile, la sentenza impugnata ne ha correttamente tratto la conseguenza che alla condizione di base sopra indicata, della elaborazione della notizia, non si affiancasse la seconda delle due sub-condizioni consistenti, la prima, nel carattere continuativo della trasmissione delle notizie, e la seconda nel carattere generale delle notizie italiane al principio in forza del quale il requisito della continuità di cui all’art. 5, co. 2, del contratto collettivo in esame, al fine dell’attribuzione della qualifica di redattore, va riferito anche al carattere generale delle notizie di dimensioni nazionali o estere che si affianchino a quelle di dimensione locale (cfr., in termini analoghi, Cass. 5.5.2010, 19.8.2013 n. 19199, Cass. 18.4.1990 n. 3191).
8. Con il secondo motivo si sollecita una rivalutazione del materiale probatorio, peraltro con la finalità di dimostrare che le notizie nazionali ed estere trasmesse avevano avuto una cadenza quotidiana, in base ad affermazioni dello stesso teste M., che non erano state asseritamente valutate per la parte di rilevanza dalla Corte del rinvio.
La decisività della deduzione è tuttavia da escludersi in forza delle precisazioni già effettuate con riguardo alla riferibilità delle prove acquisite a circostanze che non esauriscono il quadro valutativo, che, per quanto detto, deve estendersi anche alla rilevanza generale e non settoriale delle notizie fornite.
9. Quanto agli ulteriori rilievi, contenuti nello stesso motivo, in tema di quantificazione dei compensi con riferimento al numero di articoli ed all’impegno di frequenza profuso, non si precisa quale sia l’interesse che è alla base dell’impugnazione, per non essere specificato in che cosa si sia tradotto il pregiudizio per il ricorrente, se è vero che, come afferma la Corte del rinvio, la valutazione effettuata con riferimento al trattamento economico del redattore, seppure al 50%, era particolarmente favorevole sul piano del criterio liquidatorio adottato, poiché parametrato non al numero medio settimanale dei “pezzi” scritti.
10. La censura in tema di danno pensionistico derivante al ricorrente dalla ritenuta qualifica di collaboratore fissa è all’evidenza assorbita, in quanto strettamente connessa alla soluzione delle questioni relative all’inquadramento.
11. E’ destituito di giuridico fondamento anche il terzo motivo, essendo la detrazione di somme al lordo, comprensive di ritenuta IRPEF, quantificate dal CTU sulla base delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, coerente con la necessità di rendere omogenee le somme dovute a quelle ricevute attraverso l’applicazione di criteri uniformi, esulando da una tale operazione ogni altra questione riferita ai rapporti con il fisco o con gli enti previdenziali. Al riguardo deve essere richiamato il principio reiteratamente affermato da questa Corte secondo cui “L’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore, atteso che la determinazione delle prime attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e devono essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli, mentre, quanto alle seconde, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 19 della I. n. 218 del 1952, può procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo” (cfr. Cass. 14.9.2015 n. 18044, Cass. 13.9.2013 n. 21010, Cass. 11.2.2011 n. 3775, Cass. 7.7.2008 n. 18584).
12. Per tutte le svolte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.
13. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
14. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R.
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