CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 maggio 2018, n. 10955
Fallimento – Ammissione allo stato passivo – Sgravi contributivi antecedenti la procedura concorsuale – Competenza del tribunale fallimentare – Sussistenza
Fatti di causa
Con decreto in data 2.11.2012 il Tribunale civile di Ancona, sezione fallimentare, rigettava l’opposizione allo stato passivo proposta dall’INPS avverso il decreto del giudice delegato emesso il 20.1.2011 che aveva statuito l’esclusione di crediti per contributi agricoli INPS per decadenza ex art. 25 d.lgs.46 del 1999 e per compensazione con il maggiore credito vantato dalla Cooperativa A. M. per sgravi contributivi previsti dall’articolo 9, comma 5, della legge numero 67 del 1988 a favore dei datori di lavoro agricoli. A fondamento della decisione, per quanto ora di interesse, il tribunale osservava che gli sgravi in oggetto erano previsti dall’art. 9 comma 5 della legge 67/1988 (il quale ha stabilito che a decorrere dal primo gennaio 1988 i premi e i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali sono dovuti nella misura del 15 per cento dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente ed occupato a tempo indeterminato nei terrori montani di cui all’art. 9 dpr 29 settembre 1973 n.601 e nella misura del 40 per cento per i datori di lavoro operanti nelle zone agricole svantaggiate); che l’applicazione dei predetti benefici alle cooperative che trasformano manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci ricavati dalla coltivazione dei fondi, dalla silvicultura e dall’allevamento di animali discendeva dalla legge 240/1984 ed era confermata dalle diverse circolari INPS le quali avevano precisato che alle cooperative sono concessi i benefici che sarebbero spettati ai singoli soci conferenti il prodotto, in relazione ai territori di provenienza del prodotto. Concludeva, pertanto, il tribunale che gli sgravi in discorso spettassero anche alla Avicola Marchigiana Soc. Coop. a r.l. perché non era contestata la provenienza dei prodotti da zone agevolate, né vi era specifica contestazione sul quantum. Inoltre, l’unica contestazione avanzata dall’INPS, in relazione al rapporto di soccida instaurato tra i soci ed i singoli allevatori, era superabile in quanto il soccidante partecipa all’impresa del soccidario e beneficia degli sgravi connessi all’ubicazione del soccidario medesimo. Secondo il tribunale, neppure poteva costituire ragione ostativa all’attribuzione degli sgravi il fatto che l’Ente impositore non avesse emesso il provvedimento di riconoscimento del diritto al beneficio, giacché questo discende direttamente dalla legge al ricorrere delle relative condizioni.
Contro questa decisione l’INPS ha proposto ricorso per cassazione incentrato su 5 motivi di impugnazione.
L’Amministrazione Straordinaria Avicola Marchigiana Soc. Coop, a r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale con due motivi in relazione al quale l’Inps ha rilasciato delega. Anche Equitalia centro S.p.A. si è costituita con controricorso ed ha altresì presentato memoria ex art 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso, l’Inps ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli articoli 413, 442 e 444 c.p.c. e dell’articolo 24 del Regio Decreto 10 marzo 1942, numero 267 (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) avendo il tribunale esorbitato dai poteri allo stesso riconosciuti in sede di procedura concorsuale, spettando solo al giudice del lavoro verificare se in capo alla società poi fallita sussistessero i requisiti di legge per fruire ora per allora degli sgravi contributivi per cui è causa trattandosi di crediti pecuniari per sgravi contributivi relativi al periodo 1 gennaio 96 31 dicembre 2005, preesistenti alla procedura concorsuale.
1.1. Il motivo è infondato atteso che in base all’art. 13 decreto legislativo 8 luglio 1999 n. 270 il tribunale che ha dichiarato lo stato d’insolvenza è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore, fatta eccezione per le azioni reali immobiliari, per le quali restano ferme le norme ordinarie di competenza. Tale vis attractiva riguarda anche i crediti di lavoro e quelli di natura previdenziale, ancorché preesistenti alla procedura concorsuale atteso che si tratta di crediti diretti ad incidere sul patrimonio del fallito e che costituiscono perciò premessa di una pretesa nei confronti della massa (Cass. 2010/17279).
2. – Con il secondo motivo l’Inps denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1241 al 1243 c.c., nonché dell’articolo 167 c.p.c. e degli articoli 56, 96, 98 e 99 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, in quanto la compensazione in sede di fallimento è prevista dall’articolo 56 della legge fallimentare solo in favore dei creditori della procedura che hanno il diritto di compensare il loro credito con i debiti verso il fallito e sempre che sussistano i requisiti previsti per la compensazione dal codice civile; mentre non è previsto che lo stesso istituto operi d’ufficio in sede di verifica dell’accertamento del passivo né successivamente in sede di opposizione allo stato passivo, allorché il debito del creditore nei confronti della procedura sia dallo stesso contestato e pertanto necessiti di un accertamento giudiziale ad hoc. In ogni caso la richiesta della procedura andava rigettata per omessa presentazione della domanda riconvenzionale; il tribunale avrebbe comunque dovuto applicare per la trattazione della causa le regole fissate dall’articolo 183 del codice di rito.
Il motivo è infondato anzitutto perché non risulta che nessuna delle questioni dedotte nel motivo fosse stata sollevata nelle precedenti fasi di merito. In secondo luogo perché l’eccezione di compensazione non richiede la proposizione di una domanda riconvenzionale. Ed in terzo luogo perché la compensazione può essere sollevata anche dalla procedura per paralizzare una domanda di insinuazione al passivo e pertanto essa non opera solo a favore dei creditori ma anche a favore del fallimento. Neppure risulta poi che la compensazione sia stata applicata d’ufficio, mentre al contrario dal decreto impugnato si evince che il credito è stato vantato dalla cooperativa e per essa dall’amministrazione straordinaria (commissario giudiziale) che ha chiesto l’accertamento del credito della cooperativa sottoposta all’amministrazione straordinaria, eccependo la compensazione con le somme risultanti dai ruoli esattoriali relativi a crediti contributivi dell’Inps.
3. – Con il terzo motivo l’Inps denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 9,5° comma della legge 11 marzo 1988 numero 67 e successive modificazioni e integrazioni e dell’articolo 2.697 c.c.(articolo 360 numero tre c.p.c.), in quanto, nonostante le carenze probatorie e l’onere posto a carico della procedura, inopinatamente il tribunale fallimentare di Ancona, senza istruttoria alcuna e senza consentire all’Inps e al concessionario della riscossione di prendere posizione su quanto per la prima volta affermato dalla procedura in sede di accertamento dello stato passivo, in violazione delle regole in tema di contraddittorio, concludeva che da parte dell’Inps e della concessionaria della riscossione non vi fosse stata contestazione della provenienza dei prodotti da zone agevolate agli effetti degli sgravi contributivi; che non vi fosse stata specifica contestazione sull’importo delle somme a tale titolo dovute alla procedura, e che l’unica contestazione riguardasse il rapporto di soccida esistente tra i soci e singoli allevatori.
In via subordinata il motivo denuncia la violazione dell’art.9, 5 comma I. 67/’98 laddove la decisione ha riconosciuto il diritto della procedura di fruire degli sgravi con riferimento al periodo 1.1.1996-31.12.2005, antecedente alla dichiarazione di fallimento avvenuta il 16 giugno 2009.
Il motivo deve ritenersi inammissibile per la novità delle censure, le quali involgono accertamenti di fatto, e per difetto di autosufficienza; e ciò in quanto – considerato che il provvedimento impugnato non si occupa delle modalità con cui la medesima eccezione di compensazione sia stata introdotta nel giudizio; mentre circoscrive le contestazioni sollevate dall’Inps nei termini prima indicati – l’esame della censura che attiene alla violazione del contraddittorio, all’onere della prova ed alla inesistenza della prova dei requisiti costitutivi per il riconoscimento del diritto allo sgravio, era condizionata all’onere della testuale riproduzione degli atti processuali, conosciuti dal giudice di merito, in difetto della quale non è consentito a questa Corte deliberare sulla fondatezza delle censure e valutare, quindi, compiutamente l’adeguatezza del giudizio operato dal giudice d’appello.
Inoltre la stesse censure non scalfiscono la ratio decidendi del provvedimento il quale si fonda sul fatto che non fosse contestata la provenienza dei prodotti da zone agevolate agli effetti degli sgravi contributivi in questione e che non vi fosse specifica contestazione del quantum.
In relazione all’asserita violazione dell’art.9,5° comma 1.67/1998, che riconoscerebbe il diritto allo sgravio solamente ai datori di lavoro che operino con i propri dipendenti in zone svantaggiate, vale in contrario richiamare il principio affermato nel decreto e desumibile dalla normativa citata nel provvedimento e dagli stessi provvedimenti INPS (30.12.2005; 3.3.2006) riprodotti nel controricorso (secondo i quali “alle cooperative agricole ex legge 240 del 1984 ubicate in zone non beneficiate e loro consorzi di trasformazione, qualora le attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione avvengano in territori diversi da quelli di provenienza del prodotto oggetto delle suddette attività, sono concessi i benefici che sarebbero spettati ai singoli soci, conferenti il prodotto, in relazione ai territori di provenienza del prodotto stesso”.
4. – Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 9,5° comma della legge 11 marzo 1988, numero 67 e successive modificazioni e integrazioni, dell’articolo 2170 e seguenti c.c. e dell’articolo 2697 c.c. per avere il tribunale riconosciuto il diritto allo sgravio anzitutto in mancanza di prova che la Società Cooperativa Agricola Marchigiana abbia stipulato contratti di soccida con datori di lavoro agricoli operanti in zone montane o svantaggiate per i quali scattano i benefici contributivi per cui è causa; ed in ogni caso perché nella fattispecie il contratto di soccida era stato utilizzato per svolgere non già un’attività agricola, bensì imprenditoriale, dove il soccidante che svolge una mera attività organizzativa dell’attività altrui si garantisce con una serie di soccidari un allevamento industriale di pollame allevato in gabbia con cicli da due-tre mesi da destinare a macellazione.
Anche questo motivo è inammissibile per la novità delle censure ed il difetto di autosufficienza; ed in ogni caso perché attiene alla valutazione delle prove non deducibile di per sé come vizio in questa sede di legittimità, avendo la Corte territoriale affermato che non fosse contestato il rapporto di soccida esistente tra i soci ed i singoli allevatori i quali operavano in zone svantaggiate (da cui proveniva il prodotto), bensì soltanto gli effetti del rapporto, ai fini in discussione. Sotto questo ultimo profilo giuridico deve però ritenersi corretta la tesi secondo cui nella soccida, quale contratto a struttura associativa qualificato dalla comunanza di scopo, il socio soccidante partecipa all’impresa del soccidario e di conseguenza beneficia degli sgravi connessi all’ubicazione di quest’ultimo.
Le altre questioni di fatto e di diritto introdotte con la doglianza, relative alla tipologia di soccida dedotta in ricorso ed all’utilizzabilità nel caso di specie dello stesso schema negoziale – a cagione dello specifico rapporto intercorrente tra soccidari e soccidanti – non possono essere invece indagate per difetto di autosufficienza, non essendo stati riprodotti gli atti e i documenti che sorreggono le medesime affermazioni dirette ad infirmare la tesi sostenuta dalla Corte di merito; la quale è invece fondata in diritto, non risultando alcuna alterazione della natura associativa del rapporto e non essendo stato contestato, né l’esistenza di un (normale) rapporto di soccida tra i soci della cooperativa e i singoli allevatori, né la provenienza dei prodotti da zone agevolate agli effetti degli sgravi di cui si discute ovvero che i soccidari operassero in zone agevolate; mentre neppure il quantum è stato mai contestato nel giudizio di merito. Restando pure irrilevante, ai fini in discussione, la mancanza del provvedimento di concessione degli sgravi da parte dell’Inps.
5. – Con il quinto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli articoli 1241 e 1243 c.c. in relazione all’articolo 360 numero tre c.p.c. in quanto la somma della quale l’Inps aveva chiesto l’insinuazione al passivo era pari ad euro 1.209.256,65 mentre la procedura riconosceva di essere creditrice della somma inferiore pari a € 914.496,82. Pertanto il tribunale pur accogliendo la tesi della compensazione avrebbe dovuto ammettere l’Inps allo stato passivo per il differenziale del credito vantato dall’Istituto. Il motivo è fondato, essendo comprovato e non contestato che l’Inps abbia chiesto l’ammissione al passivo per una cifra comunque superiore a quella eccepita in compensazione dalla procedura la quale, come risulta dal ricorso dell’Inps, aveva concluso reclamando un credito di euro 914.496,82.
6. – Con il primo motivo di ricorso incidentale L’Amministrazione Straordinaria Avicola Marchigiana Soc. Coop, a r. deduce il difetto di legittimazione dell’Inps rispetto all’opposizione ex articolo 98 della legge fallimentare in quanto l’Inps anziché intervenire volontariamente nel giudizi promossi da Equitalia centro S.p.A. davanti al tribunale di Ancona aveva proposto autonoma opposizione ex articoli 98 e 99 della legge fallimentare, ritenendo di essere, in qualità di titolare effettivo del credito azionato, legittimato ad agire – indipendentemente dall’agente di riscossione – per ottenerne la tutela giudiziale.
Il motivo è infondato. Questa Corte ha affermato che in tema di opposizione allo stato passivo promossa dal concessionario dei servizi di riscossione di crediti per contributi e premi, ex art. 24, d.lgs. n. 46/1999, qualora il debitore sottoposto alla procedura concorsuale deduca fatti o circostanze che incidono sul merito della pretesa creditoria o, a fortiori, eccepisca in compensazione un proprio controcredito nei confronti dell’ente impositore, sussiste la necessità di integrare il contraddittorio con quest’ultimo, ex art. 102 c.p.c., che è in realtà l’unico legittimato ad causam, essendo quella del concessionario una legittimazione meramente processuale (Cass. n. 24202 del 2015, cit.). A maggior ragione quindi va riconosciuto la facoltà dello stesso Ente creditore di promuovere autonomamente l’opposizione allo stato passivo.
7. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce l’inammissibilità del ricorso ex articolo 99 legge fallimentare proposto dall’Inps per intervenuta decadenza, in quanto il termine per la presentazione del ricorso doveva necessariamente essere conteggiato dalla data in cui il provvedimento che ha reso esecutivo lo stato passivo era stato comunicato all’Agente di riscossione ex art. 97 della legge fallimentare; nel caso di specie, Equitalia aveva dichiarato di averne preso cognizione il 10 marzo 2011, ma l’atto di opposizione dell’Inps era stato depositato solo il 14 aprile 2011, dunque ben oltre la scadenza del termine previsto dall’articolo 99 legge fallimentare.
Si tratta di questione inammissibile perché nuova e non autosufficiente e poiché non riproduce il contenuto di tutti gli atti indicati. Inoltre il motivo è privo di fondamento siccome muove dall’infondato presupposto secondo cui la curatela non avesse alcun obbligo di comunicazione nei confronti dell’Ente impositore, nonostante questi fosse titolare del credito contributivo iscritto a ruolo e lo stesso soggetto passivo del controcredito fatto valere con l’eccezione di compensazione.
8. Per le considerazioni fin qui espresse, il ricorso principale deve essere accolto in relazione al quinto motivo e rigettato per il resto. Mentre va rigettato integralmente il ricorso incidentale. La decisione impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rimessa al giudice indicato nel dispositivo per un nuovo esame e la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il quinto motivo del ricorso principale, rigetta il primo, il secondo e il terzo. Dichiara inammissibile il quarto. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al tribunale di Ancona in diversa composizione.
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