CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 maggio 2018, n. 10967
Cartelle esattoriali – Contributi dovuti al Servizio Sanitario Nazionale – Difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della Commissione tributaria – Sussiste
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 4266/2013, ha respinto l’impugnazione proposta da M.T. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto parzialmente, riunendole, le opposizioni proposte dallo stesso avverso le cartelle esattoriali notificate per conto dell’INPS e di S.C.C.I. s.p.a. per il pagamento di oneri contributivi aziendali ed accessori per il periodo dal 1994 al 1998, e dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della Commissione tributaria in ordine al pagamento dei contributi dovuti al Servizio Sanitario Nazionale.
2. La Corte territoriale ha motivato la decisione richiamando le ragioni indicate dal primo giudice nel negare la giurisdizione del giudice ordinario in materia di obbligo di pagamento del contributo al Servizio Sanitario Nazionale ed, inoltre, affermando la necessità di proporre opposizione, dinanzi al giudice rispettivamente competente, avverso ciascuno dei crediti iscritti a ruolo seppure portati da una sola cartella, ha confermato la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione avverso la richiesta di pagamento di sanzioni amministrative che si sarebbe dovuta proporre nei riguardi della Direzione Provinciale del Lavoro, soggetto assente nel giudizio e non litisconsorte necessario.
3. Avverso tale sentenza, ricorre in cassazione M.T. sulla base di due motivi. L’Inps, anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a.(ha rilasciato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 1), cod. proc. civ., deduce l’erroneità della pronuncia di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine ai crediti relativi alla contribuzione in favore del S.S.N. portati in cartella.
2. Il Primo Presidente della Suprema Corte di cassazione, con provvedimento agli atti, ha delegato il collegio a trattare la questione di giurisdizione. Il motivo è infondato in quanto le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di statuire (Sez. Un., Ordinanza n. 123 del 9.1.2007) che “in applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12 – il quale ha previsto l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio – è devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie la controversia relativa all’impugnazione di una cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo di contributi per il Servizio sanitario nazionale e delle relative sanzioni.
La S.C., nell’affermare tale principio, ha riconosciuto la natura tributaria del contributo predetto, trattandosi di prestazione che non trova giustificazione né in una finalità punitiva perseguita dal soggetto pubblico, né in un rapporto sinallagmatico tra la prestazione ed il beneficio ricevuto dal singolo, sussistendo tale imposizione anche se l’interessato, che pure ha il potenziale diritto ad ottenere l’assistenza sanitaria, non vi ricorre ne consegue l’infondatezza della questione di costituzionalità, con riguardo agli artt. 25 e 102 Cost., non avendo la S.C. ritenuto superato il limite di non snaturare le materie attribuite alle commissioni tributarie, secondo il monito della Corte costituzionale nell’ordinanza n. 144 del 1998, tenuto conto della natura tributaria del contributo in questione”. Tale principio è stato ulteriormente ribadito da Cass. SS.UU. n. 2871 del 2009, SS.UU. n. 1987 del 2012 che hanno nuovamente affermato la natura tributaria dell’abrogato contributo al Servizio Sanitario Nazionale, stabilendo che le controversie ad esso relative rientravano nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie anche prima ed indipendentemente dall’emanazione della L. n. 448 del 2001, art. 12, che nel confermare espressamente tale attribuzione non ha perciò violato alcuna norma costituzionale, data, per l’appunto, la natura fiscale delle questioni concernenti l’anzidetto contributo, (vd. da ultimo, nello stesso senso, Cass. n. 26604 del 2017).
3. Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 24 comma 5° d.lgv. n. 46 del 1999 in ordine alla declaratoria di inammissibilità del capo di opposizione relativo all’iscrizione a ruolo delle sanzioni ritenute applicabili dalla Direzione Provinciale del lavoro. La Corte territoriale ha rilevato che dalla mancata opposizione della cartella, anche, nei confronti della Direzione Provinciale del Lavoro era derivata l’inammissibilità dell’opposizione relativa alle somme richieste a titolo di sanzioni amministrative, di competenza della Direzione Provinciale del Lavoro stessa, senza che assuma rilievo la circostanza che nell’unica cartella notificata all’appellante fossero contenute più richieste di pagamento, tra di loro eterogenee ed ivi comprese anche sanzioni amministrative.
4. Il motivo è infondato. E’ evidente che l’esercizio della potestà amministrativa connessa all’irrogazione delle sanzioni pecuniarie iscritte a ruolo, attraverso l’emanazione dell’ordinanza ingiunzione da parte della Direzione Provinciale del lavoro di Lecce, abbia determinato, inevitabilmente, la necessità di esperire il giudizio di opposizione avverso la pretesa riscossione nei riguardi della medesima Autorità. Infatti, anche la riscossione coattiva delle sanzioni relative ad omissioni contributive può avvenire tramite ruoli da affidare ai concessionari in base alle norme di cui al d.lgs. n. 46/1999 (si veda l’art. 24, comma 1, del medesimo d.lgs. – cui si ricollega il successivo art. 25 – secondo il quale i contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali non versati dal debitore nei termini previsti da disposizioni di legge o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici sono iscritti a ruolo, unitamente alle sanzioni ed alle somme aggiuntive calcolate fino alla data di notifica della cartella di pagamento, al netto dei pagamenti effettuati spontaneamente dal debitore).
5. Per tale ragione, strettamente correlata alla struttura del rapporto giuridico generato dall’adozione della sanzione amministrativa, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha elaborato il consolidato principio, che sintetizza lo schema delle tutele giurisdizionali riconosciute in ipotesi di esercizio del potere sanzionatorio amministrativo ovviamente nei confronti della stessa Autorità, attraverso la massima secondo cui in relazione alla cartella esattoriale emessa ai fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie sono ammissibili, a seconda dei casi, i seguenti rimedi: a) l’opposizione ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, allorché sia mancata la notificazione dell’ordinanza – ingiunzione, al fine di consentire all’interessato di recuperare l’esercizio del mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori; b) l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., allorché si contesti la legittimità dell’iscrizione a ruolo per omessa notifica della stessa cartella, e quindi per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione a ruolo, o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo; c) l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., allorché si contesti la ritualità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti alla notifica della cartella e quelli riguardanti i successivi avvisi di mora. (Cass. n. 6119 del 26 marzo 2004; n. 20775 del 2004; n. 15149 del 2005; n.7007 del 2006; n.6170 del 2007).
6. E’, dunque, evidente che, stante l’autonomia di ciascun rapporto giuridico sotteso ai diversi crediti iscritti a ruolo, non si configura alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ. tra i diversi Enti titolari delle pretese creditorie iscritte a ruolo e portate dalla medesima cartella, per cui non vi è alcuna possibilità di recuperare l’azione di opposizione alla stessa cartella, nei riguardi di un soggetto creditore non chiamato in causa, mediante l’emanazione dell’ordine giudiziale di integrazione del contradditorio nei suoi confronti.
7. In definitiva, il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
8. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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