CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 marzo 2019, n. 6811
Tributi – Agevolazioni fiscali ex art. 5-sexies del D.L. n. 282/2002 – Detassazione del reddito d’impresa – Investimenti realizzati in sedi operative ubicate nei comuni interessati da eventi calamitosi – Requisiti – Insediamento produttivo ubicato nel territorio del comune
Fatti di causa
Con ricorso notificato l’11 giugno 2012 l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso avverso la sentenza n. 78/9/2011 della Commissione Tributaria della Liguria nella parte in cui aveva parzialmente accolto l’appello avverso la decisione della CTP di Savona n. 189/03/08 della srl T., operante nel territorio del Comune di Cairo Montenotte.
In particolare la CTR Liguria, pur confermando la mancanza in capo alla ricorrente dei requisiti indicati nell’art. 5 sexies d.l. 24/12/2002 n. 282 per fruire delle agevolazioni di cui alla legge n. 383 del 2001 (relative ad IRES per l’anno 2004), aveva ritenuto che il contribuente non fosse tenuto al pagamento delle sanzioni (calcolate dall’Ufficio in euro 65.181,60), in considerazione della “ambiguità della normativa”.
In ordine a tale parte della decisione, l’Amministrazione ha proposto ricorso basato su due motivi ritenendone per un verso assolutamente carente o apparente e per l’altro insufficiente o contraddittoria la motivazione della pronuncia.
La s.r.l T. con il controricorso ha anche proposto ricorso incidentale articolato su otto motivi, illustrati anche con memoria.
E’ da premettere che la società aveva ritenuto di poter fruire dell’agevolazione per il periodo d’imposta 2004, indicando come reddito agevolato quello di euro 181.570, relativo a investimenti in beni strumentali, in considerazione degli eventi calamitosi che avevano colpito il Comune di Cairo Montenotte in cui essa opera. L’Ufficio aveva invece ritenuto che del beneficio non sussistessero le condizioni in quanto dalle ordinanza emesse dal Sindaco di quel comune risultava che le principali vie di accesso interessate dal fenomeno alluvionale erano distanti dall’insediamento produttivo, rimasto indenne e quindi non ricadente nell’ambito di applicazione dell’agevolazione.
L’ufficio aveva perciò emesso avviso di accertamento per un maggior reddito imponibile, liquidando una maggior imposta IRES per euro 58.256,00 e sanzioni per euro 65.181,60.
La società aveva impugnato l’avviso di accertamento innanzi alla CTP di Savona che aveva respinto il ricorso poi appellato innanzi alla CTR della Liguria da questa deciso nel senso ricordato.
Ragioni della decisione
Tanto premesso, appare opportuno per ragioni di ordine logico, esaminare previamente gli otto motivi in cui è articolato il ricorso incidentale.
Il primo e il terzo motivo del ricorso incidentale possono essere esaminati congiuntamente ed entrambi dichiarati inammissibili in base a consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Corte più avanti richiamati.
Con il primo motivo la T. srl ha lamentato, con riferimento all’art. 360 c.1 n.4, cod. proc. civ. la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. per aver la Commissione Regionale della Liguria omesso di pronunciarsi su uno dei motivi d’appello avverso la sentenza della CTP di Savona. In particolare, aveva censurato con l’appello la motivazione solo apparente sulle ragioni per cui il giudice di primo grado aveva aderito alla tesi dell’Agenzia, limitandosi a richiamarle acriticamente, circa la mancanza in capo alla società dei requisiti per beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’art.5 sexies del D.L. n. 282/2002.
La censura di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato mossa alla sentenza del giudice d’appello afferisce dunque ad una questione puramente processuale inerente alla decisione della CTP.
Al riguardo va ricordato come questa Corte abbia più volte affermato che il mancato esame da parte del giudice di merito di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande o eccezioni di merito (ex multis Cass. Sez. 2 Ordinanza del 25/01/2018; Ord. Sez.6 n. 1876/2018; Sent. Sez. 6 n. 6174/2018; Sent. Sez. 3 n. 25154/2018).
Inammissibile è anche il terzo motivo del ricorso incidentale con cui il ricorrente censura ex art. 360 comma primo n.4 cod. proc. civ., sempre per violazione dell’art.112 cod. proc. civ., la sentenza d’appello, per aver la Commissione regionale ancora omesso di esaminare uno dei motivi di gravame. In particolare quello con cui l’appellante aveva lamentato, innanzi alla CTP, che l’Agenzia delle Entrate avesse modificato, in sede contenziosa, la motivazione della pretesa impositiva posta a base dell’atto amministrativo, ponendo in essere una mutati° libelli non consentita. In particolare – assume il ricorrente – nell’avviso di accertamento l’Ufficio aveva contestato la mancanza di requisiti richiesti dall’art. 5 sexies del D.L. 282/2002, mentre nelle controdeduzioni in sede contenziosa aveva assunto, a fondamento della pretesa impositiva, l’inadempimento degli obblighi posti dall’art. 24 commi 2 e 3 della legge 5 ottobre 2006 n. 29.
In tale caso il contribuente si duole della mancata pronuncia da parte della CTR in ordine al motivo d’appello per violazione dell’articolo 42 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e dell’art.7 della legge 27 luglio 2000 n. 212, disposizioni inerenti al contenuto sostanziale e alla formazione procedimentale dell’accertamento.
Invero non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una definizione implicita di rigetto (Cass. Sez.2 Ord. n. 20718 del 13/08/2018).
Nella specie non vi è omessa pronuncia, ma rigetto implicito atteso che, del tema di merito in generale delle ordinanze comunali e del loro oggetto, la CTR si occupa a pag.4 della sentenza di appello.
Va parimenti respinto il secondo motivo del ricorso incidentale. Con esso la società ricorrente, in riferimento all’art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ., lamenta la violazione dell’art. 24 legge 7 gennaio 1929 n.4 e dell’art. 12 comma 7 della legge 27 luglio 2000 n.212, per la mancata notifica al contribuente del “processo verbale di constatazione” previsto dal citato art. 24 e, a suo avviso, coincidente con il “verbale di chiusura delle operazioni” previsto dal richiamato art. 12 comma 7.
Va sottolineato che il “processo verbale di accesso e richiesta documenti”, redatto in occasione della visita dei funzionari presso la T. srl il 23 novembre 2006, ritualmente portato a conoscenza del contribuente, era finalizzato esclusivamente (come specificato nel corpo del verbale stesso) all’acquisizione di copia delle ordinanza sindacali relative all’incidenza degli eventi calamitosi sulla viabilità nel territorio comunale. In quanto obiettivo unico dell’attività istruttoria espletata presso l’azienda, il verbale aveva carattere conclusivo.
Esso è stato regolarmente portato a conoscenza della società ricorrente, assicurando il principio del contraddittorio endoprocedimentale, nel rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni decorrenti dalla sua conoscenza per la formulazione di osservazioni e valutazioni e consentire la partecipazione del contribuente al procedimento.
La notifica del verbale in parola (23 novembre 2006) e l’adozione dell’avviso di accertamento, avvenuta non certo ante tempus, ma anzi ben oltre lo spirare del lasso temporale a tutela (27 marzo 2007), hanno perciò assicurato le garanzie, di ispirazione costituzionale e comunitaria, dettate dall’art. 12 comma 7 legge 212/2000.
Del resto, l’articolo da ultimo citato impone la redazione e la notifica o la consegna al contribuente di un “verbale di chiusura delle operazioni”, così denominato da detta legge non casualmente, con una locuzione più ampia e inclusiva rispetto a quella adottata dall’art. 24 della legge n. 4/1929, prevedente la redazione di un “verbale di constatazione”. Diversità lessicale atta a rendere palese che l’approntamento di un processo verbale scritto, come ultimo atto precedente l’eventuale adozione di un atto impositivo, da cui far decorrere il termine dilatorio, deve avvenire in ogni caso, anche per accessi brevi finalizzati alla mera acquisizione documentale, a prescindere dalla tipologia di attività istruttoria svolta dall’Amministrazione e non solo per più articolate operazioni di constatazione.
Nella vicenda in esame, il “verbale di accesso e richiesta documenti”, con cui è stata conclusa la fase istruttoria, al di là dell’aspetto nominalistico, ha assolto le funzioni del “verbale di chiusura delle operazioni” previsto dall’art. 12 comma 7 legge n. 212/2000.
Appare pertanto ragionevole ritenere che, ove l’attività istruttoria presso l’azienda si risolva nella sola richiesta e/o acquisizione di un documento, il “verbale di accesso e acquisizione documenti” indicante tale finalità come sua esclusiva motivazione costituisca il (ed equivalga al) “verbale di chiusura delle operazioni ex art.12” (Cass. Sez.5, Ord. n. 30026 del 21/11/2018), restando ogni altra successiva attività svolta in ufficio non rilevante ai detti fini dell’art. 12 (Cass. Sez. 6-5, Ord. n. 27732 del 30/10/2018).
Deve invece essere accolto il quarto motivo del ricorso incidentale con cui il ricorrente incidentale, con riferimento all’art.360 c.1 n.3 cpc, ha contestato la decisione della sentenza impugnata per aver, in violazione dell’art. 5 sexies del d.l. 282/2002, assunto a premessa la tesi che il beneficio in parola fosse applicabile soltanto alle aziende che avessero subito un effettivo nocumento dagli eventi calamitosi che quel beneficio avevano giustificato.
La decisione della CTR aveva cioè escluso, come requisito sufficiente per fruire dell’agevolazione, la sola circostanza che la viabilità principale del comune in cui era ubicata una unità operativa dell’azienda fosse stata compromessa a prescindere dalla prossimità delle strade interessate alla ubicazione della struttura produttiva. La censura a tale tesi è fondata.
Questa Corte ha già affermato che l’art.5 sexies del d.l. n. 282/2002, il qual prevede agevolazioni fiscali limitatamente agli investimenti in sedi operative ubicate nei Comuni interessati dagli eventi calamitosi, dichiarati con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, elencati in tale disposizione, nei quali siano state emanate entro il 31.12.2002 ordinanze sindacali di interdizione al traffico delle principali vie di accesso al territorio comunale, va interpretato nel senso che tale interdizione va riferita al territorio comunale nel suo insieme e non alle vie di accesso al singolo insediamento produttivo, dovendosi presumere che una sede operativa risenta comunque di danni a seguito di tali limitazioni al traffico veicolare (Cass. Sez 5, Sent. n. 8336 del 25/05/2012).
Tale indirizzo deve essere confermato dal momento che, ove un evento calamitoso rilevante (nel caso in esame esondazioni e smottamenti) colpisca le principali vie di accesso al territorio comunale, impedendone la transitabilità veicolare e pedonale, è ragionevole ritenere che quel territorio nella sua interezza venga a trovarsi in una situazione critica e che tutte le attività economiche risentano di una fase di stasi dal momento che operatori, fornitori, potenziali clienti, diretti verso quel Comune e verso ditte colà site, verosimilmente, se ne asterranno, annullando i loro programmi o orientandoli altrove.
Anche da un punto di vista letterale, peraltro, la norma in esame depone nel senso suindicato giacché essa pone, come unici requisiti per la fruizione dell’agevolazione, l’inclusione del comune nell’ apposito elenco predisposto dalla Presidenza del Consiglio e l’adozione di ordinanze dei relativi sindaci di sgombero o indicanti la rete viaria di accesso coinvolta dall’evento calamitoso.
Non prevede, invece, alcuna ricognizione circa la diretta incidenza dell’evento sulla singola unità produttiva. Né il riferimento contenuto nelle ordinanza sindacali alle conseguenze sulla principale viabilità per accedere al territorio, è da intendere, nel silenzio della norma, come limitativo del beneficio alle sole unità produttive ricomprese in quell’ambito viario, ma costituisce soltanto il sintomo confermativo del pregiudizievole coinvolgimento di quel Comune a causa del fenomeno alluvionale.
Le considerazioni suesposte determinano l’assorbimento del ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate riguardante le sole sanzioni conseguenziali a una interpretazione dell’art. 5 sexies d.l. 282/2002 opposta a quella che questa Corte ritiene corretta. L’accoglimento del quarto motivo del ricorso incidentale determina la cassazione della sentenza impugnata.
Quanto ai motivi del ricorso incidentale dal quinto all’ottavo sono inammissibili.
In particolare:
con il quinto motivo il ricorrente in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 cod. proc. civ. ha dedotto la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per aver omesso il giudice d’appello di pronunciarsi sulla inosservanza da parte dell’amministrazione del principio di affidamento previsto dall’art. 10 Legge 27 luglio 2000 n. 212.
La società assume di essersi basata nel suo agire sulle rassicurazioni dell’Agenzia delle Entrate che il beneficio in parola non potesse essere considerato aiuto di Stato.
Con il sesto motivo ha lamentato che la Commissione Regionale avesse omesso di pronunciarsi sulla ritenuta violazione del Regolamento UE (rectius CE) 12 gennaio 2001 n.70 secondo cui eventuali benefici astrattamente qualificabili “aiuti alla concorrenza”, debbono essere considerati legittimi se a beneficiarne sono “piccole e medie imprese”, quale la società ricorrente sarebbe qualificabile.
Con il settimo motivo ha lamentato omessa pronuncia della CTR sulla asserita violazione del Regolamento UE (rectius CE) 12 gennaio 2001 n. 69 alla stregua del quale non rientrano tra gli aiuti di Stato quelli c.d. de minimis e cioè in misura non superiore a 100.000 euro nell’arco di tre anni.
Con l’ottavo motivo ha lamentato la mancata pronuncia sulla domanda subordinata volta ad accertare la legittimazione a chiedere in compensazione il risarcimento danni nei confronti della Stato, nel caso di aiuti risultati in contrasto con la normativa comunitaria.
I suddetti motivi del ricorso incidentale sono stati implicitamente considerati assorbiti dal giudice d’appello e in quanto tali sono, come anticipato, da ritenersi inammissibili.
Infatti, come più volte ribadito da questa Corte, sono inammissibili in sede di legittimità questioni, poste al giudice d’appello e riproposte con il ricorso in cassazione, che non siano dirette contro la sentenza di appello, ma riguardino questioni sulle quali questa non si è pronunciata ritendendole assorbite. Tali questioni, in caso venga cassata la sentenza impugnata, possono essere nuovamente riproposte al giudice del rinvio dal momento che per esse non vi è stata soccombenza, presupposto necessario per l’impugnativa, né su di esse si è formato giudicato. In altri termini, se il giudice di merito ha attinto la “ratio decidendi” da altre questioni di carattere decisivo, quelle dichiarate o considerate assorbite, rimaste perciò impregiudicate, possono essere riproposte davanti al giudice del rinvio (ex multis: Cass. Sentenze: Sez. 2 del 5/01/2017 n.134; Sez.5 n. 8817/2012; Sez. 1 n. 3796/2008; Sez. 1 n. 12153/2006). Tali i principi di diritto che con la presente sentenza vengono enunciati.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale. Rigetta i primi tre motivi dello stesso ricorso incidentale. Dichiara inammissibili i motivi dal quinto all’ottavo. Dichiara assorbito il ricorso principale. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla CTR della Liguria in diversa composizione.
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