CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 novembre 2018, n. 28606
Lavoro – Personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola – Trasferimento – Anzianità di servizio – Riconoscimento
Fatti di causa
Gli odierni ricorrenti, appartenenti all’area del personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola, avevano convenuto in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca chiedendo il riconoscimento a fini economici dell’anzianità di servizio maturata alle dipendenze dell’Ente locale prima del trasferimento nei ruoli del Ministero, disposto ai sensi della legge 3 maggio 1999, n. 124. Il Tribunale di Cosenza aveva accolto la domanda ma la sentenza era stata riformata dalla Corte d’Appello di Catanzaro che aveva posto a fondamento della decisione la norma, definita dal legislatore d’interpretazione autentica, dettata dall’art. 1 comma 218, della legge n. 266 del 2005, della quale la Corte Costituzionale aveva escluso l’incostituzionalità. Con sentenza n. 19903 del 2012 questa Corte, ricostruiti i termini della vicenda relativa al trasferimento nei ruoli dello Stato del personale ATA degli enti locali, ha richiamato la pronuncia della Corte Europea di Giustizia del 6 settembre 2011 in causa C – 108/10, e, in accoglimento del ricorso, ha cassato la sentenza gravata, rinviando alla Corte d’Appello di Salerno per un nuovo esame, finalizzato a verificare se vi fosse stato o non il denunciato peggioramento retributivo sostanziale all’atto del trasferimento.
La sentenza di questa Corte emessa in fase rescindente, in consonanza con i principi affermati dalla Corte Europea di Giustizia, aveva indicato i criteri in base ai quali siffatto accertamento avrebbe dovuto essere effettuato dal giudice del rinvio, ed ha precisato che:
a) quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto va operato con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento del lavoratore trasferito a nulla ostando le eventuali disparità con il lavoratori in servizio presso il cessionario;
b) quanto alle modalità, deve trattarsi di “peggioramento giuridico sostanziale” e la comparazione deve essere “globale” e non già limitata allo specifico istituto;
c) quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto “all’atto del trasferimento”.
La sentenza n. 133 del 2013 della Corte d’Appello di Salerno ha definito il giudizio di rinvio, ritenendo infondate le domande originariamente proposte dai ricorrenti. Dopo aver premesso che la sentenza rescindente aveva domandato al Giudice del rinvio una verifica dell’eventuale mancata valorizzazione della pregressa anzianità ai fini retributivi, mediante l’applicazione delle statuizioni della Corte Europea di Giustizia, la Corte d’Appello di Salerno ha escluso il peggioramento, evidenziando che né con l’originario atto introduttivo né in sede di riassunzione i ricorrenti avevano dedotto di avere subito un decremento retributivo.
La cassazione della sentenza è domandata da Z.F.L.A., P.F.A. e L.A. sulla base di un unico motivo. Resiste il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con tempestivo controricorso.
Ragioni della decisione
Il motivo di ricorso è privo di rubrica, e si presenta articolato in più punti.
Il cuore della doglianza è rappresentato dalla critica all’accertamento svolto dalla Corte d’Appello di Salerno in sede di rinvio, stante i tre criteri richiamati dalla sentenza rescindente. La Corte territoriale, onde assolvere alle prescrizioni della Corte europea di Giustizia, richiamati dalla sentenza rescindente avrebbe dovuto disporre una nuova istruttoria, essendo, i processi, nati sulla base di presupposti diversi. Una volta verificato il peggioramento, avrebbe dovuto quindi o capitalizzare le differenze retributive nella susseguente progressione di carriera dei ricorrenti oppure disapplicare l’art. 1, co. 218, della I. n. 266 del 2005, sì come contrastante con i principi in materia di trasferimento d’azienda e di parità delle armi in ambito processuale, e applicare l’originaria disciplina del riconoscimento pieno dell’anzianità di servizio di cui all’art. 8 della I. n. 124.
Il motivo è infondato.
Questa Corte intende dare continuità, perché condiviso, al principio affermato con riguardo a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella dedotta in giudizio, secondo cui la mancata decisione nel merito da parte del Giudice di legittimità, ai sensi dell’art. 384, co.2 cod. proc. civ., pur in una situazione in cui non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, non vizia né pregiudica il giudizio di rinvio nel senso che ben può il giudice di rinvio, apprezzando le risultanze di causa, ritenere che non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto e decidere il merito della causa senza dare corso ad alcuna attività istruttoria ulteriore. (Cass. nn. 24932, 23257, 22610, 22517, 22516, 22515, 225514, 22012 e 22011 del 26 maggio 2015).
Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale nella definizione della controversia ha tenuto conto dei principi affermati e dei criteri indicati nella sentenza rescindente ed ha compiuto l’accertamento demandato, rilevando che gli attuali ricorrenti non avevano mai provato il peggioramento retributivo e che anzi, dalle poche buste paga allegate, sporadiche perché neanche emesse in contiguità temporale, non era dato rilevare complessivi e sensibili decrementi (p. 11 sent.). I ricorrenti, in conclusione, si erano limitati ad allegare di avere diritto a un inquadramento stipendiale più elevato rispetto a quello riconosciuto al momento del passaggio, senza offrire la prova che il nuovo trattamento fosse – in termini apprezzabilmente rilevanti – globalmente peggiorativo rispetto al precedente.
Secondo un orientamento di legittimità formulato in una fattispecie sovrapponibile, in tal caso il pregiudizio economico subito per il mancato riconoscimento dell’integrale anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza, non integra, di per sé quel peggioramento retributivo complessivo vietato dalla Direttiva 77/187 CEE; a ciò non rileva neppure il richiamo agli istituti contrattuali previsti dal c.c.n.I. per il personale degli enti locali, qualora la sentenza rescindente abbia chiarito, come ha fatto nel caso in esame attuando i principi affermati dalla Corte Europea di Giustizia, che il confronto doveva essere globale e non riguardare, isolatamente, le componenti del trattamento fondamentale o accessorio (Cfr. per tutte la recente Cass. n. 6051 del 2018).
In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo in considerazione della concreta attività difensiva orale svolta, seguono la soccombenza.
Si dà atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, salvo accoglimento dell’istanza di gratuito patrocinio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento di Euro 5000 a titolo di compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, salvo accoglimento dell’istanza di gratuito patrocinio.
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