CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 ottobre 2018, n. 24745
Accreditamento figurativo dei contributi – Riliquidazione retroattiva della pensione – Accessori del credito previdenziale – Non sussistono – Ritardo nella concessione del beneficio imputabile esclusivamente alla tardiva iniziativa dell’avente diritto
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 969/2012, riformando la pronuncia di rigetto del locale Tribunale, ha parzialmente accolto la domanda con cui B.O. aveva chiesto la condanna dell’I.N.P.S. alla corresponsione di rivalutazione ed interessi a far data dal proprio pensionamento del 1981, per le differenze di pensione derivanti dalla riliquidazione in suo favore, avvenuta nel 2006, della pensione di vecchiaia, in ragione dell’accreditamento figurativo dei contributi, ai sensi della L. 96/1955, per il periodo in cui, dal 1938 al 1945, egli aveva subito persecuzioni razziali in quanto di razza ebraica.
La Corte territoriale ha ritenuto che la liquidazione di tali quote di pensione, in esito alla delibera della competente Commissione di accertamento dell’avvenuta persecuzione, dovesse aver corso d’ufficio, con effetto fin dal riconoscimento del diritto a pensione e che nondimeno il credito agli accessori, pur decorrendo dalla stessa data dell’importo capitale, soggiacesse alla messa in mora. Ritenuto quindi che, in mancanza di costituzione in mora, il termine prescrizionale, in luogo di quello breve ex art. 2948, n. 4, c.c., fosse quello decennale ordinario, concludeva che fosse parzialmente fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dall’I.N.P.S., essendovi stato un unico atto interruttivo risalente al 13.9.2006, onde dal decennio antecedente a tale data doveva riconoscersi la decorrenza degli interessi in misura, al netto della quota già pagata dall’ente, di euro 2.658,77 euro, oltre accessori.
Avverso la pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’O., sulla base di tre motivi, cui ha resistito l’I.N.P.S. con controricorso, contenente anche ricorso incidentale. Il ricorrente principale ha quindi resistito a quest’ultimo con ulteriore controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memorie difensive ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo l’O. afferma, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 7 della L. 261/1967, anche in riferimento all’art. 2934 c.c. per essersi esclusa dal regime di imprescrittibilità la liquidazione degli accessori del credito previdenziale derivante dall’accredito figurativo della contribuzione previsto dall’art. 5 L. 96/1955.
Con il secondo subordinato motivo si assume, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 e 2935 c.c., in relazione agli artt. 5 e 8 L. 96/1955, come modificati dalla L. 932/1980, per avere la Corte interpretato dette norme nel senso che la prescrizione del diritto agli accessori del credito decorra dalla maturazione del diritto alla pensione e non invece dall’invio all’I.N.P.S. delle delibera con cui la Commissione di cui all’art. 8 L. 96/1955 accerta il periodo di persecuzione valevole ai fini dell’accredito figurativo.
Il terzo motivo, rubricato ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., afferma infine l’omesso esame circa un fatto decisivo consistente nella mancata determinazione ed indicazione del momento da cui sarebbe decorsa la prescrizione poi ritenuta parzialmente maturata.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’I.N.P.S. censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione dell’art. 442 c.p.c., dell’art. 7 L. 533/1973, dell’art. 5 L. 96/1955 e dell’art. 8 della L. 36/1974, per avere ritenuto non corretto il calcolo degli accessori eseguito dall’ente a partire dal centoventunesimo giorno successivo alla trasmissione all’I.N.P.S., da parte della competente Commissione, del provvedimento di accertamento della persecuzione razziale e dei relativi periodi.
2. In fatto è accaduto che l’O., titolare di pensione I.N.P.S. dal 1.1.1981, presentò, in data 24.2.2000, alla Commissione ministeriale per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali, domanda per il riconoscimento della contribuzione figurativa per il periodo dal 1938 al 1945 in cui egli era stato perseguitato in quanto di origine ebraica.
La Commissione aveva quindi deliberato in senso favorevole il 9.6.2003 ed il Ministero aveva immediatamente comunicato la propria decisione all’I.N.P.S., che però solo il 7.7.2006 aveva proceduto alla riliquidazione della pensione con decorrenza dal 1.1.1981, ma attribuendo gli interessi sugli arretrati solo a far data dal 7 ottobre 2003, ovverosia dal centoventunesimo giorno successivo alla ricezione degli atti da parte dell’ente previdenziale.
3. Secondo quanto previsto dalla L. 96/1955, le domande di riconoscimento della contribuzione figurativa vengono «sottoposte» (art. 8 L. cit.) all’esame di una commissione di nomina intergovernativa ed è indubbio, secondo quanto si desume da una complessiva lettura dell’art. 7 della medesima legge, che esse vadano presentate presso il Ministero competente (già Ministero del Tesoro e, ora, Ministero dell’economia e delle finanze).
Solo successivamente alla delibera della Commissione l’I.N.P.S. può quindi procedere alla ricostruzione e riliquidazione della pensione.
3.1 E’ poi incontestato che la riliquidazione dovesse retroattivamente avvenire, come è stato, con effetto fin dalla data del pensionamento dell’O., nel 1981.
4. Ciò posto va richiamato quanto già recentemente ritenuto da questa Corte, ovverosia che «nulla impedisce al legislatore di costruire, come nella specie, un certo beneficio in termini di restitutio in integrum, visto che, tramite il riconoscimento della contribuzione figurativa e la consequenziale riliquidazione della pensione a far data dalla sua decorrenza originaria, all’ente previdenziale viene imposto un comportamento analogo a quello che avrebbe dovuto osservare qualora, nel periodo di tempo considerato dalla legge n. 96/1955, i contributi fossero stati effettivamente versati (così, in specie, Cass. n. 1569 del 1981). Ma l’evidente fictio che in tali casi viene a realizzarsi, affatto giustificata in relazione alle peculiari situazioni che i beneficiari ebbero a patire nel periodo di tempo considerato dalla legge, non può logicamente spingersi fino al punto di addebitare all’ente previdenziale quel ritardo nella concessione del beneficio che sia in realtà imputabile esclusivamente alla tardiva iniziativa dell’avente diritto nel richiedere il riconoscimento dello status che della contribuzione figurativa è indefettibile presupposto» (Cass. 12 settembre 2017, n. 21119).
Gli argomenti di cui sopra escludono che si possa ritenere fondato l’assunto del ricorrente principale secondo cui gli accessori in ipotesi maturati tra la data del suo pensionamento e la data della sua domanda di riconoscimento della contribuzione figurativa costituirebbero componente del credito.
Ciò può essere sostenuto rispetto a crediti previdenziali ed assistenziali estinti in ritardo e per i quali vi sia mora, anche ex re, del debitore.
Ma tale mora che non può sussistere allorquando, come si è detto e meglio si dirà in prosieguo, la prestazione, pur se destinata a retroagire, soggiace all’onere della domanda amministrativa.
4.1 In effetti, come si legge ancora nella menzionata sentenza, «l’art. 8, L n. 36/1974, nel disporre che i contributi figurativi riconosciuti per periodi anteriori alla decorrenza della pensione “danno diritto […] alla riliquidazione delle prestazioni previdenziali in godimento dell’assicurato o dei suoi superstiti dalla data di decorrenza della pensione”, espressamente prevede che ciò avvenga “a domanda” dell’interessato. Di conseguenza, stante l’esigenza di assicurare che la materia pensionistica sia retta da disposizioni per quanto possibile uniformi (così Cass. n. 18569 del 2008, richiamata in subiecta materia da Cass. n. 20054 del 2016, cit.), di “ritardo” nella corresponsione della prestazione oggetto del beneficio può parlarsi soltanto allorché siano decorsi inutilmente i termini che l’art. 7 L. n. 533/1973, stabilisce al fine della formazione del silenzio rifiuto degli enti previdenziali, che net caso di specie – stante la necessità del previo accertamento dello status da parte della Commissione di cui all’art. 8, L. n. 96/1955 – vanno logicamente computati a decorrere dalla data della presentazione della domanda al Ministero competente: quest’ultima, infatti, oltre a segnare il momento in cui l’ente previdenziale è chiamato a provvedere (rectius: sarà chiamato a farlo, una volta positivamente riconosciuto lo status da parte della Commissione), condiziona lo stesso sorgere del diritto del privato da tutelare eventualmente davanti all’autorità giudiziaria, diritto che non può ritenersi sorto (unitamente allo speculare obbligo dell’ente previdenziale di provvedervi) anteriormente al perfezionamento della fattispecie a formazione progressiva che nella presentazione della domanda trova appunto il suo incipit (cfr. in tal senso Cass. n. 732 del 2007 e, più recentemente, Cass. n. 5318 del 2016).
5. A tale orientamento va qui data continuità, con alcune precisazioni argomentative.
5.1 Quanto al riferirsi del termine di centoventi giorni già alla domanda presentata presso il Ministero, senza necessità di un’ulteriore domanda all’I.N.P.S., successivamente alla delibera della Commissione, va detto che in effetti la L. 96/1955, pur richiamando per la ricostruzione delle pensioni le procedure di cui alla L. 36/1974 (ove effettivamente la ricostruzione della posizione assicurativa – art. 5 – e la riliquidazione delle pensioni – art. 8 – paiono oggetto di domande distinte), non fa riferimento a plurime domande e dunque si deve ritenere sufficiente la richiesta fatta al Ministero. Ciò in modo non incoerente, in quanto la L. 96/1955 non distingue tra ricostruzione della posizione assicurativa e riliquidazione della pensione ed anzi nel riconoscere il beneficio – art. 5 L. 96 cit. – fa riferimento tout court ai diritti pensionistici.
Pertanto, se il beneficio fosse chiesto prima della maturazione del diritto a pensione, esso non potrebbe che avere effetto sulla sola posizione contributiva, ma se esso fosse chiesto successivamente, la domanda resta unica per entrambe le fasi del procedimento.
Il rinvio alle procedure della L. 36/1974 dunque non comporta, quando il beneficio richiesto concerna proprio, come previsto dall’art. 5 L. 96/1955, i diritti pensionistici, la scissione del procedimento amministrativo e va perciò confermato quanto stabilito dalla citata Cass. 21119/2017, ovverosia che il procedimento è unitario e trova l’incipit nella domanda al Ministero (che, non a caso, fu per l’O. trasmessa d’ufficio all’I.N.P.S.).
5.2 Da ciò resta esclusa ogni contraddittorietà tra l’affermazione per cui il richiamo, quale momento di riferimento per la decorrenza degli interessi, alla domanda presentata presso il Ministero ed al centoventunesimo giorno successivo ad essa, entri in contraddizione con il fatto che, in quel momento, l’ente previdenziale potrebbe ancora non essere stato officiato, ove la Commissione non avesse ancora deliberato, così imputandosi ad esso un ritardo di cui non sarebbe responsabile.
Le regole civilistiche sul ritardo colpevole, vanno in effetti coordinate con gli istituti previdenziali da applicare e quindi giustamente, nel precedente cui si fa riferimento, si è escluso il decorso degli accessori per il periodo, anteriore alla presentazione della domanda presso il Ministero, ma solo in quanto ciò sia frutto di un ritardo «imputabile esclusivamente alla tardiva iniziativa dell’avente diritto».
In mancanza di tale esclusiva imputabilità, deve trovare invece riconoscimento la necessità di non fare carico al beneficiario dei tempi che di fatto intercorrano tra lo spirare, successivamente alla domanda di cui egli è onerato, dei termini di cui all’art. 7 L. 533/1973 e l’effettivo pagamento.
Ciò secondo una dinamica che non è nuova, essendo stato già in tempi meno recenti affermato, in casi in cui il procedimento richiede l’intervento anche di enti diversi dall’I.N.P.S., che l’ente previdenziale non viene dispensato dall’obbligazione degli interessi «per l’incolpevole sua condotta addebitabile piuttosto al comportamento di altri enti.
Infatti sul soggetto di diritti, creditore, non possono essere riversate disfunzioni della attività della pubblica amministrazione una volta stabilita l’esistenza della mora ex re in forza di legge», mentre la questione sulla responsabilità «di cui possa dolersi uno degli enti interessati all’istruttoria necessaria per acquisire elementi, potrà sempre risolversi fra gli stessi» (Cass. 3 giugno 1992, n. 6755, ma anche Cass. 21 ottobre 1992, n. 11486).
Pertanto gli interessi sul dovuto si calcolano comunque dallo spirare del centoventunesimo giorno dalla presentazione della domanda al Ministero.
6. Dalle conclusioni di cui sopra deriva pertanto l’infondatezza dei motivi di ricorso principale e la (parziale) fondatezza del motivo di ricorso incidentale, in quanto la sentenza impugnata, ritenendo erroneamente che gli accessori sul credito potessero decorrere prima della domanda amministrativa di riconoscimento della contribuzione figurativa, si è discostata dai principi qui espressi.
Fondatezza che è però soltanto parziale perché, se non può avallarsi la decorrenza pretesa dall’ente (centoventunesimo giorno successivo al pervenire ad esso della pratica dal Ministero), la decorrenza degli accessori, qui stabilita, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione (avvenuta in data 24.2.2000) della domanda al Ministero è comunque posteriore a quella fissata (al 1996) dalla Corte territoriale.
Poiché la pronuncia impugnata è stata formulata con quantificazione specifica del dovuto, alla cassazione di essa segue il rinvio alla medesima Corte territoriale, in diversa composizione, affinché applichi il principio di cui sopra e provveda consequenzialmente ai necessari ricalcoli.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
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