CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 aprile 2019, n. 9872
Lavoro – Contratti di somministrazione – Nullità del termine – Trasferimento – Prosecuzione del rapporto presso il cessionario
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 28.12.2016, respingeva il gravame proposto da B.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che, con riferimento a precedente sentenza del Tribunale di Palermo – dichiarativa della nullità del termine finale apposto ai contratti di somministrazione stipulati con la E.W. s.p.a., con costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo alla M. s.p.a. a far data dal 30.3.2009 – aveva rigettato, per la ritenuta maturazione del termine di decadenza fissato dall’art. 32, comma 4, lett. c) della legge 183/2010, la domanda della B., intesa ad ottenere la declaratoria di un avvenuto trasferimento di azienda dalla M. alla S.C.P.A. SAS e la conseguente condanna della cessionaria a riammetterla in servizio ed a pagarle le mensilità retributive dalla data del trasferimento.
2. La Corte di Palermo rilevava che il primo (60 gg.) del duplice termine, applicabile ai sensi del comma 4, lett. c, dell’art. 32 I. cit., con richiamo alle disposizioni novellate dell’art. 6 della legge 604/66, fosse decorso prima dell’offerta delle proprie energie lavorative da parte dell’appellante con raccomandata del 15.7.2013, ricevuta dalla SAS il 20.7.2013, per esserne il termine iniziale ancorato alla data del trasferimento, intervenuto, per ammissione della stessa appellante, nel novembre del 2012. Riteneva che, anche per l’ipotesi in cui il lavoratore intendesse far valere nei confronti della cessionaria la cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c., il termine di decadenza ivi previsto fosse da ritenere applicabile e che l’effetto preclusivo si fosse determinato.
3. In particolare, riteneva non condivisibile la tesi dell’impossibilità dell’estensione analogica della indicata decadenza ad ipotesi non prevista, in violazione dell’art. 14 Disp. Prel. al cod. civ., in quanto il termine decadenziale doveva ritenersi operante, secondo la generale previsione della norma (art. 32, co. 4, lett c, I. 183/2010), anche al caso – diverso da quello in cui si contestava la legittimità del trasferimento d’azienda – in cui si invocasse il riconoscimento del diritto, negato, di proseguire il rapporto di lavoro presso il cessionario, attesa la ratio della norma, volta a tutelare l’esigenza di celere definizione delle situazioni giuridiche controverse. L’automatismo della prosecuzione del rapporto presso il cessionario doveva, secondo la Corte, essere coordinato con la previsione normativa del termine di decadenza anche per manifestare la volontà di avvalersi del trasferimento d’azienda attraverso l’offerta delle proprie energie lavorative.
4. Di tale decisione ha domandato la cassazione la B., affidando l’impugnazione a tredici motivi, cui ha resistito, con controricorso, la società consortile SAS.
5. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, va disattesa l’istanza formulata dal controricorrente ai sensi dell’art. 89 co. 2, c.p.c., con la quale si chiede disporsi la cancellazione di frase contenuta nel ricorso, posto che la stessa è funzionale, per i termini in cui è articolata, all’esercizio del diritto di difesa e che le espressioni sconvenienti non sono imputate direttamente al difensore dell’altra parte.
2. Con il primo motivo, è dedotta violazione dell’art. 32, comma 4, lett. c) I. 183/2010, sostenendosi che la lavoratrice non è incorsa in nessuna decadenza, non vigendo il termine decadenziale di 60 gg. nell’ipotesi in cui la stessa intenda far accertare l’intervenuta cessione anche del suo contratto – negatole – e quindi intenda proseguire il suo rapporto di lavoro presso la cessionaria.
3. Con il secondo motivo, si denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., sul rilievo che controparte ha eccepito la sola decadenza dal diritto di richiedere l’accertamento del trasferimento, eccezione che va rigettata per non essere contemplata dalla norma.
4. Con il terzo motivo, si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., sulla base del rilievo che vi è stata una pronuncia d’ufficio su un’eccezione di decadenza che poteva essere fatta valere elusivamente dalla parte (non era stata eccepito – si sostiene – che controparte era decaduta dalla possibilità di impugnare la cessione del proprio contratto di lavoro, integrante, secondo la ricorrente, un’ eccezione totalmente diversa).
5. Vizio di cui all’art. dell’art. 360, n. 5, c.p.c., è dedotto nel quarto motivo, per essere oramai principio di verità l’avvenuto trasferimento d’azienda, affermato con diverse sentenze quali la n. 24803/2015 e la n. 6693/2016, che debbono essere considerate alla luce del principio dell’efficacia riflessa quale elemento di prova documentale (vicenda circolatoria tra SAS e M., qualificata come trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c., con tutte le sue conseguenze).
6. Con il quinto motivo, si deducono falsa applicazione e violazione dell’art. 14 delle Preleggi e dell’art. 2112 c.c., con riferimento alla Direttiva 77/187 ed al principio che i diritti dei lavoratori, in ipotesi di trasferimento di azienda, sono salvaguardati pienamente e non è consentita alcuna deroga in senso sfavorevole agli stessi.
7. Violazione dell’art. 12 Preleggi è denunciata nel sesto motivo, sul rilievo che la decadenza rappresenta un’eccezione alla regola generale che non si presta ad un’interpretazione analogica.
8. Il settimo motivo contiene censura riferita alla violazione dell’art. 47 della legge 428 del 29.12.1990 e dell’art. 111 c.p.c., nonché dell’art. 2964 c.c., con riguardo alla tutela del lavoratore che deve essere a conoscenza della data del trasferimento per potere farsi decorrere i termini decadenziali, e sulla base di considerazioni relative alla possibilità, per la lavoratrice, di far valere la sentenza ottenuta nei confronti della società M. nei confronti della società subentrata a quest’ultima, S.A.S.
9. Con l’ottavo motivo, ci si duole della falsa applicazione dell’art. 32, co. 4, lett. c) I. 183/2010, ove lo stesso sia inteso come riferibile ad un’ipotesi non contemplata, risultando in tal modo in contrasto con le norme di diritto comunitario sul trasferimento d’azienda ed, in particolare, col principio di effettività (possibilità di prevedere, da parte del giudice nazionale, termini di decadenza solo laddove non si renda in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario).
10. Con il nono motivo, si assume la falsa applicazione dell’art. 32, Co. 4 lett. d) I. cit., riguardando la fattispecie normativa prevista un’ipotesi diversa, di scissione tra datore di lavoro formale ed effettivo utilizzatore della prestazione lavorativa, scissione che l’azione proposta dal lavoratore mira a ricomporre.
11. Con il decimo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2964, 2935 e 2556 c.c., per essere il termine decadenziale decorrente dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, momento che coincide con quello in cui si adempie alla pubblicazione sul registro delle imprese dell’avvenuto trasferimento d’azienda.
12. L’undicesimo motivo addebita alla sentenza impugnata violazione dell’art. 2697 c.c., per non avere la società dato prova che la lavoratrice era a conoscenza dell’avvenuto trasferimento, cosa non vera perché ad oggi la società nega l’avvenuto trasferimento d’azienda con violazione dell’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova.
13. Nullità del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c. è dedotta nel dodicesimo motivo, per non avere la Corte territoriale accolto l’appello nella parte in cui la ricorrente chiedeva la riforma della sentenza impugnata, ritenendo che si era configurato il trasferimento di azienda e che andasse applicato l’art. 2112 c.c. e non l’art. 18, comma 2 bis, del d.l. 112/2008. Si assume che la Corte di legittimità, in varie sentenze, aveva escluso che la SAS fosse assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici, sì da potersi affermare che la stessa configuri una longa manus della P.A.
14. Con l’ultimo motivo, si denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 32 cit., sulla base dell’assunto che quest’ultimo debba essere interpretato in modo costituzionalmente orientato, nel rispetto dell’art. 24 Cost. sulla effettività della possibilità di non essere dichiarati decaduti.
15. Il primo motivo è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento di tutti gli altri.
16. L’art. 32, comma 4, L. n. 183/10 stabilisce che le disposizioni di cui all’art. 6 (novellato) si applicano anche: (…) “c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c. con termine decorrente dalla data del trasferimento”.
17. La sentenza impugnata ha ritenuto applicabile alla fattispecie di causa la decadenza di cui al citato art. 32, comma 4, lett. C, considerando estensibile la decadenza prevista per il caso in cui il lavoratore si opponga alla cessione del contratto di lavoro come conseguenza del trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c. anche alle ipotesi in cui si verifichi comunque un trasferimento d’azienda ed il lavoratore intenda far accertare l’intervenuta cessione di detto contratto, in conformità all’esigenza di contenere entro tempi ragionevoli lo stato di incertezza (ritenuto particolarmente pregiudizievole specie per il datore di lavoro) scaturente dal trasferimento.
18. Osservava quindi la Corte palermitana che, risultando per tabulas che l’appellante, dopo il trasferimento d’azienda dalla M. alla S.C.P.A. Servizi Ausiliari Sicilia, intervenuto per sua ammissione nel novembre del 2012, aveva atteso quasi un anno prima di formulare domanda di accertamento del suddetto trasferimento e di sussistenza del rapporto di lavoro con la cessionaria, era evidente la violazione del termine stragiudiziale di 60 giorni decorrente dalla data del trasferimento, entro cui la B. avrebbe dovuto manifestare alla SAS la volontà di far valere nei suoi confronti la cessione del contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c.
19. La tesi seguita dalla sentenza impugnata è erronea.
20. Ed invero, la cessione dei contratti di lavoro nell’ipotesi di trasferimento di azienda avviene automaticamente ex art. 2112 c.c., e nella fattispecie si era peraltro già verificata dal 1.11.12, sicché non vi era alcuna necessità, né onere per il lavoratore, di far valere formalmente nei confronti del cessionario l’avvenuta prosecuzione del suo rapporto di lavoro con quest’ultimo (che ha acquisito contrattualmente l’azienda cedente ed il relativo personale), essendo tale prosecuzione già avvenuta ope legis, sicché è evidente che solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. debba far valere tale impugnazione nel termine di cui all’art. 32, co. 4 lett. c), mentre nella specie, come dedotto dalla stessa controricorrente SAS, egli dedusse “l’intervenuta (e voluta) realizzazione della fattispecie di cui all’art. 2112 c.c. al fine di accertare il passaggio alle dipendenze dell’odierna controricorrente (SAS), e dunque la successione della stessa nel diritto controverso”.
21. Del resto l’art. 32, comma 4, L. n. 183/10 prevede l’applicabilità anche alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c. delle disposizioni in materia di impugnazione del licenziamento di cui all’art.6 (novellato) L. n. 604/66, e dunque, per quanto qui interessa, in materia di impugnazione della cessione del contratto di lavoro per effetto del trasferimento ex art. 2112 c.c., in sostanza allorquando venga impugnata la detta cessione e non certo nel caso in cui la si persegua.
22. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, che non si è attenuta a tale principio decidendo l’intera controversia sulla base di tale insussistente decadenza, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia, nonché per la regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere alla determinazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
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