CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 giugno 2020, n. 10954
Tributi – Cartella di pagamento – Notifica diretta mediante raccomandata a.r. – Consegna a mani del portiere dello stabile abilitato al ritiro – Legittimità – Obbligo di raccomandata informativa al contribuente – Esclusione
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1640/4/16, depositata il 31 marzo 2016, la CTR del Lazio, riformando la decisione di primo grado, in una causa avente ad oggetto il ricorso avverso l’intimazione di pagamento n. 0972011909616828, riferita alla cartella n. 09720100120443363, limitatamente alla statuizione relativa all’imposta di pubblicità dovuta per l’anno 2006, ha accolto il ricorso originariamente proposto dalla contribuente.
In particolare, la CTR ha ritenuto invalida la notifica della cartella di pagamento, eseguita a mezzo posta a mani del portiere dello stabile, senza il successivo invio dalla raccomandata informativa.
Avverso tale sentenza l’Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi di impugnazione.
Nessuna attività difensiva è stata svolta in questa sede dalla società regolarmente intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in cui la CTR ha ritenuto invalida la notifica della cartella di pagamento, effettuata a mezzo posta, mediante la consegna dell’atto al portiere dello stabile, quale soggetto abilitato al ritiro, perché non seguita dall’invio della raccomandata informativa alla contribuente.
2. Il motivo è fondato.
Non risulta controverso, in fatto, che la cartella di pagamento sia stata spedita alla contribuente direttamente dall’agente di riscossione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ricevuta e sottoscritta dal portiere in data 4 giugno 2010, senza che poi sia stata inviata alcuna raccomandata informativa alla destinataria dell’atto.
Si deve, in proposito, tenere presente che l’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo vigente ratione temporis, stabilisce che «La cartella è notificata dagli ufficiali di riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda».
Come più volte affermato da questa Corte, la notifica della cartella di pagamento, eseguita ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, costituisce una modalità di notifica alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione. Essa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza che sia necessario redigere un’apposita relazione di notificazione, né inviare alcuna raccomandata informativa al destinatario, trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta di cui alla legge n. 890 del 1982 (v., tra le tante, Cass., Sez. 6-5 civ., n. 10037 del 10/04/2019; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 29710 del 19/11/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 28872 del 12/11/2018; Cass., Sez. L, n. 19270 del 19/07/2018; Cass., Sez. 5, n. 8293 del 04/04/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 12083 del 13/06/2016).
Tale soluzione interpretativa ha superato il vaglio della Corte costituzionale (Corte cost., sentenza n. 175 del 23/07/2018), la quale ha ritenuto che tale forma “semplificata” di notificazione trova giustificazione nell’accentuato ruolo pubblicistico dell’agente per la riscossione, volto ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato.
Secondo la Corte costituzionale, i rilevati scostamenti della disposizione in esame rispetto al regime ordinario della notificazione a mezzo posta, considerati nel loro complesso, segnano sì un arretramento del diritto di difesa del destinatario dell’atto, ma soddisfano il requisito dell’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto, che costituisce il limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore in materia. La medesima Corte ha aggiunto che lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva, in concreto verificabile, è suscettibile di essere comunque riequilibrato mediante il ricorso alla rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c., che può essere richiesta da colui che assuma di non avere avuto, in concreto, conoscenza dell’atto, per causa a lui non imputabile, dimostrando, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di tale situazione.
La sentenza in questa sede impugnata ha, dunque, errato nel ritenere applicabile la disciplina prevista per la notificazione a mezzo posta dall’art. 7 della legge n. 80 del 1982 (nel testo vigente ratione temporis, adattato, per le notifiche degli atti ai contribuenti, dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973), posto che, nella specie, il concessionario ha fatto ricorso a tutta un’altra modalità di notificazione, quella “semplificata” di cui all’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, la quale, in applicazione della disposizione appena richiamata, deve ritenersi ritualmente perfezionata nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere.
3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui la CTR ha erroneamente affermato l’intervenuta decadenza della pretesa impositiva, annullando l’intimazione di pagamento, mentre invece avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità della relativa censura.
4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, tenuto conto delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, che viene in questa sede cassata.
5. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né risultano altri profili controversi rilevanti ai fini della decisione, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c.
6. Come sopra evidenziato, la notificazione della cartella di pagamento deve ritenersi ritualmente effettuata, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento da parte del portiere in data 4 giugno 2010.
È incontestato che tale cartella non sia stata tempestivamente impugnata.
L’intimata ha semplicemente fatto valere la ritenuta invalidità della stessa con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, notificata più di un anno dopo (v. ricorso per cassazione), senza chiedere di essere rimessa in termini (v. la statuizione della Corte costituzionale supra riportata).
L’accertata regolarità della notificazione della cartella di pagamento, non tempestivamente impugnata, rende pertanto incontestabile la pretesa tributaria in essa portata (v. da ultimo Cass., Sez. 5 civ., n. 19010 del 16/07/2019).
Né può ritenersi che tra la data della notificazione della cartella di pagamento e la data di notificazione della intimazione di pagamento, effettuata circa un anno dopo, sia maturata alcuna decadenza, che dagli atti non risulta neppure specificamente prospettata.
Il ricorso proposto in primo grado dalla S.S.H.I. S.R.L. deve pertanto essere rigettato.
7. Ai fini della statuizione sulle spese, si deve precisare che la materia del contendere è limitata al credito relativo all’imposta di pubblicità per l’anno 2006, portato nella cartella di pagamento sopra descritta, essendo stato dichiarato già in primo grado il difetto di giurisdizione del giudice tributario, in relazione ai crediti derivanti dal mancato versamento dei contributi previdenziali, portati nella stessa cartella, con una pronuncia sul punto passata in giudicato.
8. Le spese dei due gradi di merito devono essere compensate, tenuto conto della peculiarità della vicenda e del consolidarsi della giurisprudenza solo dopo che il contenzioso è insorto, anche a seguito della pronuncia della Corte costituzionale supra richiamata.
Nel presente giudizio di legittimità, le spese, liquidate in dispositivo, seguono invece la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo a carico dell’intimata.
P.Q.M.
– accoglie il primo motivo di ricorso e, dichiarato assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata;
– decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla S.S.H.I. S.R.L.;
– compensa tra le parti le spese dei due gradi di merito;
– condanna la S.S.H.I. S.R.L. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1.700,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.
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