CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 luglio 2018, n. 17992
Licenziamento disciplinare – Mancato pagamento di bollettini postali risultanti pagati – Danno alla società datrice di lavoro – Diritto di difesa del lavoratore – Proporzionalità della sanzione
Fatti di causa
Con sentenza in data 22 aprile 2016, la Corte d’appello di Napoli rigettava il reclamo proposto da R.G. avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto le domande di accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla datrice Napoli Servizi s.p.a. con lettera 24 novembre 2014 e conseguenti di condanna reintegratoria e risarcitoria.
A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva il rispetto, nella procedura osservata per il licenziamento disciplinare, del diritto di difesa del lavoratore, non menomato dalla sua mancata audizione personale, in esito a debita valutazione della sequenza temporale degli avvenimenti al riguardo scrutinati. Essa escludeva poi il mutamento del fatto contestato (mancato pagamento di bollettini postali risultanti pagati, comportante l’emissione da Equitalia di una cartella di pagamento in danno della società datrice) rispetto a quello posto a base del licenziamento (contenente anche l’elemento della contraffazione dei bollettini), in quanto mera modalità attuativa dell’identico fatto contestato. La Corte partenopea riteneva quindi che esso costituisse giusta causa del licenziamento intimato, anche a norma dell’art. 48, lett. b) del CCNL 31 maggio 2011 di settore e ne ravvisava la proporzionalità.
Avverso tale sentenza il lavoratore, con atto notificato il 21 giugno 2016, proponeva ricorso per cassazione con quattro motivi, cui la società resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 7, secondo comma I. 300/1970, per lesione del diritto di difesa in conseguenza della modificazione del fatto alla base del licenziamento per giusta causa del 24 novembre 2014 rispetto a quello contestato, con la lettera di avvio del procedimento disciplinare dell’8 ottobre 2014, nella quale non gli era stato addebitato il mancato pagamento dei bollettini postali, né altra omissione.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce ancora violazione dell’art. 7 I. 300/1970, per il fondamento del licenziamento per giusta causa su circostanza nuova e diversa, quale l’omesso pagamento dei bollettini postali, da “considerarsi falsificati”, rispetto a quella contestata, sul contrario presupposto di “pagamenti riscontrati nelle date … conseguentemente effettuati”: e pertanto con immutazione del fatto contestato lesiva del diritto di difesa del lavoratore.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, quale l’avvenuta conoscenza dalla società datrice del mancato pagamento dei bollettini postali soltanto in epoca successiva alla contestazione, con evidente novità della circostanza posta a base del licenziamento.
4. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione degli artt. 7 I. 300/1970, 2106, 2119 c.c., 48 lett. B) del CCNL 31 maggio 2011 per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi, per il mancato accertamento, nella ritenuta sussumibilità della violazione disciplinare commessa dal lavoratore nell’ipotesi prevista dalla norma collettiva, della gravità del danno, integrante suo elemento costitutivo.
5. I primi tre motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati.
5.1. In via di premessa, è bene ribadire che il principio di necessaria corrispondenza tra l’addebito contestato e quello posto a fondamento della sanzione disciplinare, contenuto nell’art. 7 L. 300/1970 in funzione di garanzia del lavoratore, non esclude in linea di principio modificazioni dei fatti contestati che riguardino circostanze non significative rispetto alla fattispecie, ossia non configuranti elementi integrativi di una diversa fattispecie di illecito disciplinare, non risultando in tal modo preclusa la difesa del lavoratore; né circostanze confermative o ulteriori prove, in relazione alle quali il lavoratore possa agevolmente controdedurre (Cass. 13 giugno 2005, n. 12644; Cass. 12 marzo 2010, n. 6091). Sicché, l’operatività del principio d’immutabilità della contestazione dell’addebito al lavoratore licenziato preclude le modificazioni dei fatti contestati che si configurino come elementi integrativi di una fattispecie di illecito disciplinare diversa e più grave di quella contestata, ma non quelle che, riguardando circostanze prive di valore identificativo della stessa fattispecie, non ostino alla difesa del lavoratore sulla base delle conoscenze acquisite e degli elementi a discolpa apprestati a seguito della contestazione dell’addebito (Cass. 26 ottobre 2010, n. 21912; Cass. 29 ottobre 2014, n. 23003).
5.2. Nel caso di specie, deve essere escluso che vi sia stata immutazione alcuna del fatto contestato, in quanto consistente nell’addebito di mancato pagamento di contravvenzioni (come da cartella di pagamento notificata da Equitalia Sud s.p.a.), nonostante la risultanza (apparente) di pagamenti tramite bonifici compiuti dal lavoratore, nelle cui mansioni essi rientranti, come da lettera di contestazione (nella trascrizione a pag. 15 e 16 del ricorso) ed accertato dalla Corte territoriale (all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza); con acquisizione successiva (non già di nuove e diverse circostanze, precluse: Cass. 22 marzo 2011, n. 6499; Cass. 10 novembre 2017, n. 26678; ma) delle modalità di realizzazione, in virtù della contraffazione dei bollettini (così al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza), comunque non integrante in sé la giusta causa del licenziamento costituita dall’omesso pagamento (come chiarito al secondo capoverso di pg. 6 della sentenza). Né la conoscenza di ciò in epoca successiva alla contestazione è fatto (comunque non decisivo, per l’esclusa rilevanza a fini di immutazione della contestazione disciplinare) di cui la Corte partenopea abbia omesso l’esame (avendolo anzi debitamente valutato: ancora al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza).
6. Il quarto motivo, relativo a violazione degli artt. 7 I. 300/1970, 2106, 2119 c.c., 48 lett. B) del CCNL 31 maggio 2011 per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi per il mancato accertamento della gravità del danno, elemento costitutivo della violazione disciplinare di fonte collettiva, è pure infondato.
6.1 Premesso che il nocumento grave è parte integrante della fattispecie di illecito disciplinare, sicché l’accertamento della sua mancanza determina quella insussistenza del fatto addebitato al lavoratore prevista dall’art. 18 l. 300/1970, modif. dall’art. 1, comma 42, l. 92/2012, quale elemento costitutivo del diritto al ripristino del rapporto di lavoro (Cass. 13 ottobre 2015, n. 20545), la Corte territoriale ha accertato il danno “in termini di esposizione debitoria della società, anche a titolo di sanzioni, nei confronti di Equitalia oltre che per l’immagine aziendale con riguardo alla tempestività ed esattezza dei pagamenti” (così al secondo capoverso, ult. parte di pg. 6 della sentenza).
7. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna R.G. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00, per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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