CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 luglio 2021, n. 19586
Collaborazioni coordinate e continuative – Obbligo contributivo – Accertamento – Svolgimento di una attività caratterizzata da un minimo di coordinazione e continuità
Fatti di causa
1. Il Comune di Omegna ha convenuto in giudizio l’INPS e l’INAIL esponendo che con verbale di accertamento congiunto i due Istituti avevano contestato rispettivamente l’omesso versamento alla Gestione Separata INPS di contributi previdenziali per l’importo di € 94.677,00 e di premi assicurativi all’INAIL per l’importo di € 62.913, 23; l’accertamento aveva riguardato le prestazioni rese da numerosi collaboratori dell’ente territoriale occupati in servizi vari (es. addetti al censimento, alla ludoteca, all’asilo nido, ecc.). Secondo lo storico di lite del ricorso, l’istituto previdenziale aveva ritenuto che le prestazioni in questione fossero da qualificare come collaborazioni coordinate e continuative, sia pure occasionali, rilevando l’omissione della contribuzione nei confronti della Gestione Speciale di cui all’art. 2, comma 26, legge n. 335/1995; il Comune, sul presupposto della natura occasionale, autonoma e saltuaria delle collaborazioni in questione, ha contestato la sussistenza degli obblighi previdenziali ed assicurativi e chiesto l’accertamento negativo dei crediti vantati dall’INPS e dall’INAIL.
2. Il giudice di primo grado ha accolto la domanda del Comune sulla base delle seguenti considerazioni: a) per stabilire se si era in presenza di collaborazione coordinata e continuativa o di collaborazione occasionale occorreva avere riguardo al criterio dettato dall’art. 409 cod. proc. civ. alla stregua del quale, nel caso di specie, dovevano ritenersi difettare i requisiti per configurare la prestazione resa dai collaboratori come coordinata e continuativa; b) l’art. 44, d. I. n. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003, che prevedeva, a decorrere dal 1.1.2004, la iscrizione alla gestione separata per i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale in caso di reddito annuo derivante da dette attività superiore a € 5.000,00 non era destinato a trovare concreta applicazione; infatti per le collaborazioni anteriori al 1.1.2004 nulla era dovuto e per quelle riferite al periodo successivo era mancata la prova della percezione di compensi superiori alla soglia di legge; analogamente in relazione ai premi assicurativi pretesi dall’INAIL, avendo il legislatore (art. 5 d. Igs n. 38/2000 in relazione all’art. 50, comma 1, lett. c) bis, cit. d. P.R, n. 917 /1986) escluso dall’obbligo assicurativo i rapporti di lavoro autonomo occasionale quali erano risultate essere le collaborazioni in questione.
3. La Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il Comune di Omegna al pagamento dei contributi all’INPS -Gestione Separata e dei premi assicurativi in favore dell’INAIL, in relazione all’attività prestata in favore del Comune dai soggetti in dispositivo indicati.
3.1. Il giudice di appello ha motivato il rigetto della originaria domanda di accertamento negativo sul rilievo che il criterio da utilizzare per la verifica dell’obbligo contributivo non era quello desumibile dall’art. 409 cod. proc. civ. in tema di collaborazione autonoma coordinata e continuativa ed evidenziato che neppure poteva avere diretto rilievo la previsione dell’art. 61, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 che, disciplinando il contratto di lavoro a progetto, lo distingue dalle prestazioni occasionali intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro”; in sintesi, il corretto criterio discretivo al fine della verifica dell’obbligo contributivo ed assicurativo comportava la necessità di distinguere nell’ambito dell’attività prestata, tra lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 cod. civ. e collaborazione anch’essa autonoma, connotata dalle caratteristiche definite dall’art. 50, comma 1, lett. c) bis d.P.R. n. 917/1986; tali caratteristiche, vale a dire apprezzabile durata del rapporto, assenza di organizzazione autonoma in capo al collaboratore, uso di materiali del committente, percezione, a cadenza periodica, di un compenso in misura predeterminata, erano riscontrabili sulla base del materiale istruttorio in relazione ai collaboratori indicati in dispositivo, rispetto ai quali sussisteva quindi l’obbligo contributivo ed assicurativo da parte del Comune; gli elementi istruttori confermavano, infine, la correttezza dell’applicazione della voce di tariffa 0722 invocata dall’INAIL.
4. Per la cassazione della decisione il Comune di Omegna ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui hanno resistito l’INPS e l’INAIL con controricorso.
5. Il Comune di Omegna ha depositato memoria in relazione alla adunanza camerale fissata in precedenza per la trattazione della presente causa poi rinviata a nuovo ruolo.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo parte ricorrente denunzia violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’art. 409 cod. proc. civ. e all’art. 50, d.P.R. n. 917/ 1986, per avere errato la Corte territoriale, applicando la norma di cui all’art. 50, comma. 1, lett. c) bis, nel non ritenere che l’assoggettamento all’obbligo contributivo e l’iscrizione presso la Gestione speciale dell’INPS presupponevano lo svolgimento di una attività caratterizzata da un minimo di coordinazione e continuità, con l’effetto di escludere da tali obblighi le prestazioni lavorative svolte in modo autonomo ed occasionale. Ciò valeva anche per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. Sostiene che per potere inquadrare le prestazioni rese in favore dell’Amministrazione nell’ambito della collaborazione coordinata e continuativa o, in alternativa, quale lavoro autonomo occasionale, non era sufficiente il mero richiamo all’art. 50 d.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.), ma occorreva avere riguardo ai limiti di orario e di compenso stabiliti dall’art. 61 d.lgs. n. 276 del 2003.
2. Con il secondo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione di norma di diritto in relazione all’art. 2, comma 26, legge n. 335/1995 e all’art. 5 d.lgs. n. 38/2000, censurando la decisione impugnata per avere i giudici di appello errato nell’applicazione dei criteri di riferimento concretando così un vizio di violazione di legge in relazione alle disposizioni che regolano l’obbligo di contribuzione previdenziale e assicurativa obbligatoria; in particolare, la Corte di merito aveva errato nel configurare l’obbligo di iscrizione in relazione ad una serie di soggetti, quali gli addetti al censimento, quelli impegnati nella ludoteca e nel centro estivo, quelli utilizzati come bagnini ed istruttori di nuoto e, infine, quelli impiegati come nonni vigili, educatori di asilo nido, accompagnatrici di anziani al mare e accompagnatrici casa-scuola di bambini disabili.
3. Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., per avere errato la Corte di appello nel condannare il Comune di Omegna a corrispondere i contributi assicurativi e previdenziali INPS ed INAIL in relazione a soggetti non compresi nel verbale di accertamento alla base della pretesa degli enti nei confronti del Comune.
4. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.
4.1. La pretesa contributiva dell’INPS nasce dall’ inquadramento della concreta fattispecie nell’ambito della ipotesi di cui al comma 26 dell’art. 2 legge n. 335/1995 che impone l’iscrizione in apposita Gestione separata – finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti – fra gli altri, dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a) dell’articolo 49 del d. P.R. n. 917/ 1986, disposizione quest’ultima soppressa dall’art. 34 legge n. 342 /2000 che ha introdotto alcune modifiche al T.U.I.R.
4.2. Per quel che qui rileva, all’esito successive modifiche normative riferite alla tassazione del reddito da lavoro autonomo, l’art. 50, comma 1, lett. c)- bis d. P.R. n. 917/1986, prevede l’assimilazione a fini fiscali ai redditi da lavoro dipendente anche di quelli derivanti dallo svolgimento di rapporti di collaborazione aventi ad oggetto la prestazione di attività svolte in assenza di vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto, nell’ambito di un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, vale a dire di rapporti di lavoro autonomo ma svolti con determinate caratteristiche.
4.3. Esclusa la rilevanza delle ipotesi normativamente delineate ad altri fini dall’art. 61 d. lgs. n. 276/2003 (cd. minicococò), testo normativo che non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni ed il loro personale (art. 1 comma 2, d. Igs cit.), al fine della verifica dell’obbligo contributivo per la iscrizione alla gestione separata di cui al comma 26 dell’art. 2 legge n. 335/1995, è corretto richiamare la nozione utilizzata dal d.P.R. n.917/1986 per assimilare, sotto il profilo fiscale, ai redditi di lavoro dipendente quelli prodotti da collaborazioni autonome; è infatti al detto d.P.R. che fa riferimento il comma 26 dell’art.2, legge n. 335/1995, conferendo rilievo ai fini previdenziali alla disciplina fiscale (per una ricognizione dell’ambito soggettivo relativo alla gestione separata v. Cass. n. 32508 /2018).
4.4. Da tanto deriva la correttezza del parametro normativo al quale la Corte di merito ha ancorato la verifica dell’obbligo contributivo.
4.5. L’accertamento delle concrete caratteristiche dei rapporti instaurati dal Comune con i soggetti addetti ai servizi richiamati, e, quindi la riconducibilità di taluni di essi all’ambito delle collaborazioni idonee a fondare l’obbligo contributivo e assicurativo dell’ente territoriale non risulta validamente censurato dall’odierno ricorrente, che con il secondo motivo, pur formalmente denunziando violazione di norme di diritto, incentra le proprie doglianze sulla ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, peraltro evocate senza il rispetto delle prescrizioni imposte a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ.
4.6. Tale modalità di articolazione della censura non consente, con riferimento ai singoli gruppi di lavoratori presi in considerazione dal ricorrente, di inficiare l’accertamento fattuale alla base del decisum, occorrendo a tal fine, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. la deduzione di omesso esame di un fatto storico decisivo, evocato nel rispetto degli oneri di cui all’art. 366, comma 1 , n. 6 cod. proc. civ., neppure formalmente prospettata dall’ente ricorrente.
5. Il terzo motivo di ricorso è fondato in quanto dal verbale di accertamento congiunto INPS e INAIL richiamato in ricorso con modalità conformi al criterio di autosufficienza si evince che la pronunzia sulla domanda del Comune è stata resa anche in relazione alla posizione di soggetti non compresi nell’originario verbale di accertamento alla base della pretesa dell’INPS e dell’INAIL, contrastato con la domanda di accertamento negativo avanzata dal Comune.
6. A tanto consegue la cassazione della decisione con rinvio ad altro giudice di secondo grado al quale è demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il primo ed il secondo motivo e accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione.
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