CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2018, n. 5752
Tributi – Conetnzioso tributario – Procedimento – Nuovi motivi prospettati in appello – Legittimità
Fatti di causa
Nella controversia concernente l’impugnazione di avvisi di accertamento relativi ad Irpef per le annualità 1987 e 1988, emessi a carico di F.C. “deceduto e per esso agli eredi”, G.A. – coniuge del defunto dal quale si era, prima, separata giudizialmente nel 1983, per poi divorziare nel 1990 – ricorre, su cinque motivi, avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria centrale, accogliendo il ricorso proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della CTR, aveva sostanzialmente dichiarato inammissibile l’appello per essere fondato su motivi nuovi, rispetto alle doglianze sollevate con l’originario ricorso introduttivo.
In particolare, la Commissione tributaria centrale ha ritenuto che, solo in grado di appello, la contribuente aveva sollevato le questioni attinenti allo svolgimento di altra attività lavorativa incompatibile con la produzione dei redditi contestati negli avvisi di accertamento e alla falsità della firma sulla dichiarazione dei redditi presentata all’Ufficio, mentre con il ricorso di primo grado la contribuente aveva eccepito, unicamente, la carenza di legittimazione per non essere stata in comunione di beni né di interessi economici né erede né dichiarante con il defunto, in relazione ai redditi da accertamento.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo e con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 345 cod.proc.civ. laddove la Commissione Centrale aveva dichiarato inammissibili, perché nuovi, i motivi di appello, ritenendo così assorbite tutte le questioni di merito mentre le stesse erano già state prospettate e, comunque, ricomprese nei motivi del ricorso introduttivo. La ricorrente deduce ancora la medesima violazione di legge laddove si era ritenuta inammissibile la documentazione prodotta in secondo grado attestante lo svolgimento di diversa attività lavorativa.
2. Con il terzo motivo si deduce la violazione/falsa applicazione dell’art. 345 cod.proc.civ. laddove, invece, la Commissione centrale non aveva dichiarato inammissibili, siccome nuovi, i motivi posti dall’Ufficio a fondamento del ricorso proposto innanzi al Giudice di terza istanza.
3. Con il quarto motivo si denuncia la sentenza impugnata di nullità, per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e di omessa motivazione, ai sensi del n. 5, 1 comma, dell’art. 360 cod.proc.civ. laddove la C.T.R. nel dichiarare l’inammissibilità dei nuovi motivi prospettati in appello, non era entrata nel merito delle domande che, comunque, erano state poste con il ricorso in primo grado.
4. Infine, con il quinto motivo, si denunciano i medesimi vizi già prospettati con il quarto motivo, laddove la Commissione Centrale non aveva pronunciato sulle eccezioni svolte dalla contribuente nella memoria illustrativa e relative all’inammissibilità del ricorso dell’Ufficio avverso la sentenza della C.T.R. per omessa indicazione dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda.
5. Per ragioni di ordine logico va dapprima esaminato il terzo motivo di ricorso per dichiararne l’inammissibilità. Il mezzo di impugnazione pecca, infatti, in autosufficienza laddove riproduce solo stralci degli scritti difensivi della controparte impedendo a questa Corte qualsiasi necessario vaglio di ammissibilità.
6. Le prime due censure sono, invece, fondate. Risulta pacifico in atti che con il ricorso introduttivo la sig.ra A. ebbe ad eccepire la “carenza di legittimazione e comunque di non essere stata in comunione di beni né di interessi economici, né erede né dichiarante con il defunto in relazione ai redditi di accertamento”.
Questi i motivi dedotti con il ricorso introduttivo, appare evidente l’errore in cui è incorsa la Commissione Centrale nel ritenere che le questioni attinenti allo svolgimento di altra attività lavorativa incompatibile con la produzione dei redditi contestati negli avvisi di accertamento nonché la falsità della firma sulla dichiarazione presentata all’Ufficio costituissero motivi nuovi e perciò inammissibili in grado di appello laddove, tra l’altro, risulta pacificamente in atti che il disconoscimento della sottoscrizione della dichiarazione aveva già costituito oggetto del giudizio di primo tanto da indurre l’Amministrazione finanziaria a chiedere la verifica giudiziale della firma apposta sulla dichiarazione.
6. Per la giurisprudenza consolidata di questa Corte (tra le altre Cass. n. 15506 del 23/07/2015): <<Si ha domanda nuova – inammissibile in appello – per modificazione della “causa petendi” quando i nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio>>.
Inoltre, questa Corte è ferma nel ritenere pienamente ammissibile, ai sensi dell’art. 58 d.lgs. n. 546 del 1992, la produzione in grado di appello di nuova documentazione (cfr. Cass. n. 7714 del 27.3.2013; n. 22776 del 6.11.2015; n. 24398 del 30.11.2016).
7. Alla luce di tali principi appare evidente come le questioni dedotte in appello, e ritenute erroneamente nuove dalla Commissione centrale, siano ricomprese negli originari motivi di ricorso svolti in primo grado e non abbiano comportato né mutamento della causa petendi né ampliamento del thema decidendum.
8. Ne consegue, in accoglimento anche del quarto motivo, l’ulteriore errore in cui è incorsa la Commissione Centrale nel ritenere assorbito/dalla declaratoria di inammissibilità per novità dei motivi, l’esame delle questioni di merito.
9. L’accoglimento di tale motivo di ricorso comporta l’assorbimento del quinto motivo con il quale si era dedotta omessa pronuncia e vizi motivazionali in ordine alle eccezioni proposte dalla parte sulle questioni di merito.
10. In conclusione, pertanto, accolti il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, rigettato il terzo ed assorbito il quinto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia la quale provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi, e al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
In accoglimento del primo, secondo e quarto motivo di ricorso, inammissibile il terzo ed assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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