CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2018, n. 5765
Tributi – ICI – Immobili destinati ad alloggi popolari – Immobili di proprietà del comune situati in altro comune – Esenzione di cui all’art. 7, co. 1, lett. a) e i), del D.Lgs. n. 504 del 1992 – Esclusione
Esposizione dei fatti di causa
1. Il Comune di Milano impugnava gli avvisi di accertamento in materia di ICI notificati dal Comune di San Giuliano Milanese per gli anni dal 2001 al 2005 relativamente ad un complesso immobiliare di edilizia residenziale pubblica sito in San Giuliano Milanese e di proprietà del Comune di Milano destinato ad alloggi popolari per le famiglie meno abbienti. Sosteneva il Comune ricorrente di avere diritto all’esenzione dall’ICI di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a) e lettera i), del decreto legislativo 504/92, trattandosi di immobili destinati a compiti istituzionali o comunque destinati allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali. La commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando non dovute le sanzioni e confermando per il resto gli accertamenti. Proposto appello da parte del Comune di Milano, la commissione tributaria regionale della Lombardia lo rigettava confermando la sentenza di primo grado.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Milano affidato a quattro motivi. Il Comune di San Giuliano Milanese si è costituito in giudizio con controricorso.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 7, comma 1, lettera a, del decreto legislativo 504/92 ed agli articoli 12, comma 1, e 14 delle disposizioni sulla legge in generale nonché errata motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Sostiene che l’elaborazione giurisprudenziale formatasi in ordine all’Invim decennale di cui all’articolo 25, comma 2, del d.p.r. 643/72 prevedeva che fossero esenti dall’imposta tutti gli immobili riconosciuti istituzionali concessi in godimento a persone bisognose a fini assistenziali se tale attività rientrava tra quelle istituzionali dell’ente.
Ciò in quanto la concessione degli alloggi a persone bisognose realizzava lo scopo istituzionale dell’ente. Nel medesimo contesto normativo e giurisprudenziale si inserisce la disposizione di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a, del decreto legislativo 504/92, la quale non richiede un utilizzo diretto da parte dell’ente proprietario essendo sufficiente che l’immobile sia destinato esclusivamente a fini istituzionali.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 7, comma 1, lettera a, del decreto legislativo 504/92 nonché errata motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Sostiene che la norma di cui all’articolo 7 cit., consente, ai fini dell’esenzione, che l’attività istituzionale dei comuni possa essere svolta per mezzo di immobili siti nel territorio di altri comuni.
5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 11, comma 2 bis del decreto legislativo 504/92 e 2697 cod. civ. nonché carente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Sostiene che è a carico del comune impositore l’onere di dimostrare l’asserita natura commerciale di un’attività qualora ritenuta produttiva di lucro. Nel caso di specie il Comune di San Giuliano Milanese non aveva fornito prova alcuna dello sfruttamento degli immobili da parte del Comune di Milano ai fini commerciali.
6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 7, comma 1, lettera i, del decreto legislativo 504/92, 12, comma 1, e 14 delle disposizioni sulla legge in generale nonché errata motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che l’esenzione di cui all’articolo 7, lettera i, cit. operi solo se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ente locale. Ciò in quanto le attività contemplate dalla norma (culturale, ricettiva, sportiva, assistenziale, ecc. ) presuppongono necessariamente che l’immobile utilizzato dall’ente sia di fatto direttamente goduto dagli aventi diritto.
7. Per il caso di mancato accoglimento dei motivi di ricorso la ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 504/92 e, ove occorra, dell’articolo 4, comma 1, della legge delega numero 421/92 nella parte ivi riprodotta o, in subordine, dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 504/92 in relazione agli articoli 3, comma 1, 53, comma 1, 31, 38, 97 e 118 della Costituzione. Sostiene che l’escludere l’applicazione dei benefici fiscali a favore del Comune per immobili di edilizia residenziale pubblica rispetto ad altri soggetti possessori di immobili destinati ad attività identiche o simili, tra cui anche gli IACP, verrebbe a determinare una sostanziale equiparazione ai fini Ici dei comuni, per il proprio patrimonio immobiliare vincolato per legge alla edilizia residenziale pubblica, rispetto ai privati per immobili liberamente utilizzati per fini speculativi e commerciali ed in regime di piena libertà e di libera concorrenza. L’imposta ordinaria sul patrimonio, proprio dell’Ici, è incompatibile, pena la violazione del principio di ragionevolezza, con una discriminazione fondata esclusivamente su profili soggettivi. Inoltre il pagamento dell’imposta verrebbe ad assorbire gran parte delle risorse destinate alle finalità pubbliche, con conseguente grave pregiudizio per il buon andamento, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che i primi due motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Essi sono infondati. Ciò in quanto questo Collegio intende dare continuità all’orientamento della Corte di legittimità che considera l’utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore condizione necessaria perché a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, lett. a, d.lgs. n. 504 del 1992. La ragione sostanziale di tale orientamento è stata individuata nell’effetto distorsivo, rispetto alle finalità tutelate dalla norma, che in tali situazioni si determina in quanto il bene viene utilizzato dal possessore per una finalità economica produttiva di reddito e non per lo svolgimento dei compiti istituzionali. Dunque l’utilizzazione, in virtù di concessione o locazione, da parte di un soggetto diverso da quello a cui spetta l’esenzione, esclude in radice la destinazione del bene ai compiti istituzionali di quest’ultimo (Cass. n. 10483 del 20/05/2016; Cass. n. 14912 del 20/07/2016; Cass. n. 25508 del 18/12/2015; Cass. n. 12495 del 04/06/2014; Cass. n. 14094 del 11/06/2010).
2. Il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto incombe sul soggetto che invoca l’esenzione l’onere di provarne i presupposti. Nel caso che occupa, dunque, non spettava al Comune di San Giuliano Milanese provare che il Comune di Milano ritraeva un utile dalla locazione degli immobili ma spettava, invece a quest’ultimo provare che gli immobili erano destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali.
3. Il quarto motivo è infondato in quanto è stato più volte ribadito il principio secondo cui, in caso di locazione del bene a terzi (Cass. S.U. n. 28160 del 2008; Cass. n. 25508 del 2015; n. 12495 del 2014; n. 7395 del 2012, n. 14094 del 2010; n. 3733 del 2010; n. 20557 del 2005; n. 10827 del 2005; n. 142 del 2004) od, anche, di concessione di beni demaniali (Cass. n. 15025 del 2015), onde evitare l’effetto distorsivo rispetto alle finalità tutelate dalla norma (l’esercizio di attività “protette”), non spetta l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. 504/92 in quanto il bene viene utilizzato dal possessore per una finalità economica produttiva di reddito, laddove la norma prevede che l’esenzione si applichi se l’immobile è destinato allo svolgimento di attività assistenziali con modalità non commerciali.
4. Manifestamente infondata si appalesa l’eccezione di incostituzionalità formulata dal ricorrente. Invero la Corte Costituzionale si è già pronunciata con le ordinanze n. 19/2007 e 429/2007 affermando che, ai fini dell’esenzione prevista dalla lettera i dell’art. 7 d.lgs 504/92, non è sufficiente il possesso ma occorre l’utilizzo diretto dell’immobile da parte dell’ente. Inoltre per gli anni in discorso (dal 2001 al 2005 ) neppure è configurabile una disparità di trattamento con gli IACP in quanto la Corte di legittimità, con la sentenza pronunciata a S.U. n. 28160 del 26/11/2008, ha affermato che non spetta agli immobili degli IACP l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 504 del 1992, che esige la duplice condizione – insussistente per questa categoria di beni – dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. Gli immobili medesimi possono, invece, beneficiare della riduzione di imposta, prevista dall’art. 8, comma 4, del medesimo decreto.
Solo per effetto della disposizione di cui all’art. 1, comma 3, d.l. n. 93 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 126 del 2008, gli immobili degli IACP, per i tributi maturati a partire dal 1 gennaio 2008, possono godere della totale esenzione dall’imposta comunale in esame, per il che negli anni dal 2001 al 2005 non si profila una disparità di trattamento rispetto a tali enti.
Manifestamente infondata si profila, poi, con riguardo alla norma che prevede l’agevolazione solamente nella ricorrenza di determinati presupposti, la questione della violazione del principio di ragionevolezza in considerazione della discriminazione fondata esclusivamente su profili soggettivi (il possesso di immobili destinati ad attività socioassistenziali senza fini di lucro ed immobili locati destinati alle medesime finalità), posto che si tratta di situazioni non comparabili diversamente disciplinate dal legislatore nell’esercizio della discrezionalità che gli è concessa, come pure rientra in detta discrezionalità la previsione dell’imposizione dell’Ici da parte del Comune ove si trovano gli immobili, il quale affronta il costo dei servizi collettivi, a detrimento del Comune possessore degli stessi.
Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il Comune di Milano a rifondere al Comune di San Giuliano Milanese le spese processuali che liquida in euro 7.300,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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