CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 novembre 2021, n. 32941
Tributi – Accertamento – Società di capitali a ristretta base partecipativa – Utili non contabilizzati (cd. utili “in nero”) – Presunzione di attribuzione degli utili pro quota ai soci – Prova contraria a carico dei soci
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre, con tre motivi, contro A. P., che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) delle Marche che, rigettando l’appello dell’ufficio, ha confermato la sentenza di primo grado di annullamento dell’avviso di accertamento che attribuiva al contribuente, ai fini dell’Irpef, per il 2005, l’imponibile corrispondente alla quota del 50% della partecipazione di quest’ultimo alla Costruzioni P. e V. Srl, società a ristretta base partecipativa, anch’essa destinataria d’accertamento per utili non contabilizzati nel 2004.
2. La C.T.R., discostandosi in maniera esplicata dalla giurisprudenza di legittimità, premette che, diversamente dalle società di persone, nelle quali i soci sono per legge destinatari del reddito prodotto dalla società, nelle società di capitali a ristretta base azionaria la distribuzione degli utili extracontabili a favore dei soci avviene esclusivamente in forza di apposita deliberazione assembleare. In sede di accertamento tributario, secondo la Commissione regionale, questo principio può essere superato con il ricorso a prove e ad elementi certi e non alle presunzioni. Nella specie, a giudizio della C.T.R., mancavano elementi probatori idonei a dimostrare la distribuzione degli utili occulti della società pro quota a ciascuno dei due soci.
Ragioni della decisione
(i) È priva di fondamento l’eccezione del contribuente di inammissibilità del ricorso per intervenuta sanatoria fiscale in quanto nel fascicolo d’ufficio, che la Corte quale giudice del fatto processuale ha esaminato, non risulta che la definizione della lite fiscale, ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, (cfr. doc. nn. 5 e 6 allegati al controricorso) si sia perfezionata, in mancanza del deposito (previsto dalla lettera (d) del comma 12), entro il 30/09/2012, della comunicazione dell’ufficio attestante la regolarità della domanda di definizione del contribuente ed il pagamento integrale di quanto dovuto.
(ii) È altresì infondata l’eccezione preliminare del contribuente di inammissibilità del ricorso in quanto proposto per ministero dell’Avvocatura dello Stato in difetto di ius postulandi per mancanza di preventiva procura scritta, poiché, come ha recentemente ribadito la Corte (Cass. Sez. V, sent. 14/12/2016, n. 25679, menzionata da Cass. 4459/2017, della quale si dirà tra poco, che rigetta analoghe eccezioni), «dopo la costituzione, avvenuta in data 1 gennaio 2001 (D.M. 28 dicembre 2000, art. 1), delle agenzie fiscali, alle quali sono trasferiti i rapporti giuridici relativi alla gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate (D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57), dette agenzie, per la rappresentanza in giudizio, possono avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 43 T.U. approvato con R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 e successive modificazioni (cit. D. Lgs. n. n. 300 del 1999, art. 72). In base alla disposizione richiamata (T.U. n. 1611 del 1933, art. 43), l’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le ufficiale Autorità giudiziarie, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata (per quel che qui interessa) da disposizione di legge: in tali casi, la rappresentanza e la difesa sono assunte dall’Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto d’interessi con lo Stato o con le regioni, fatta salva la facoltà di tali amministrazioni, in casi speciali, di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato, adottando a tal fine apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza» (cfr. Cass., Sez. V, 09/06/2005 n. 12152 e 13/05/2003, n. 7329), non essendo «nemmeno richiesto il conferimento di apposita procura, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del RD. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 1, comma 2, secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato» (Cass., S.U. 15/11/2005, n. 23020; Sez. V, 12/02/2010, n. 3427 e 16/05/2007, n. 11227).
(iii) Infine, è infondata la connessa eccezione di inesistenza o nullità della notifica eseguita direttamente dall’Avvocatura medesima ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, in mancanza di specifica procura attributiva del relativo potere, poiché, come di recente ribadito da questa Corte (Cass. Sez. V, sent. 13/04/2016, n. 7228) «la legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 33, nel consentire all’Avvocatura dello Stato di “eseguire la notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 33” prescrive, al comma 2, che questa si debba a tal fine dotare “di un apposito registro cronologico conforme alla normativa, anche regolamentare, vigente” e dispone modalità speciali per la validità dei registri (comma 3), ma non detta altre specifiche modalità di esecuzione delle notifiche a mezzo del servizio postale. Ne segue che per quanto non espressamente disposto si applicano le disposizioni della L. 21 gennaio 1994, n. 33, e dunque anche l’art. 3, comma 3, che dispone che “per il perfezionamento della notificazione e per tutto quanto non previsto dal presente articolo, si applicano, per quanto possibile, L. 20 novembre 1982, n. 890, artt. 4 e segg.“».
1. Con il primo motivo di ricorso [«I Motivo: Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare degli artt. 5 e 47 del tuir, in combinato disposto con gli artt. 2247, 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere affermato che la presenza di una deliberazione della società a ristretta base partecipativa è l’unica fonte legittimante la tassazione personale degli utili ripartiti e che, altrimenti, spetta all’Amministrazione finanziaria provare la materiale percezione degli utili da parte dei soci.
2. Con il secondo motivo [«II Motivo: Nullità della sentenza o del procedimento, per violazione degli artt. 1, comma 2 e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.»], si deduce il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata che non prende posizione sugli specifici motivi di appello e non illustra le ragioni della decisione.
3. Con il terzo motivo [«III Motivo: Omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata per omesso esame dei fatti storici a fondamento della pretesa impositiva, quali la ristretta base azionaria e il fatto che è ovvia l’assenza di una specifica delibera di spartizione degli utili percepiti in nero tra i soci di società a ristretta base azionaria.
4. Il primo motivo è fondato e gli altri due sono assorbiti.
Nel solco di quanto stabilito da questa Corte nel giudizio d’impugnazione dell’avviso d’accertamento per il 2004 diretto alla società (cfr. Cass. 21/02/2017, n. 4459), bisogna ricordare che per la giurisprudenza sezionale — così recentemente Cass. 05/08/2021, n. 22311 (in connessione, per esempio, con Cass. 11/08/2020, n. 16913; in senso conforme, da ultimo, Cass. 15/09/2021, n. 24820) — «è del tutto legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (Cass., sez. 5, 2/03/2011, n. 5076; Cass., sez. 5, 22/04/2009, n. 9519; Cass., sez. 5, 15/05/2003, n. 7564; Cass., sez. 5, 18/10/2017, n. 24534), non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Cass., sez. 5, 22/11/2017, n. 27778).».
Nella specie, la C.T.R. ha commesso un error in iudicando laddove si è discostata da tale principio di diritto, che va qui riaffermato nei seguenti termini: «nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, in caso di accertamento di utili non contabilizzati (c.d. utili “in nero”) a carico della società, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria, il cui onere incombe sul contribuente.».
5. In conclusione, in accoglimento del primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo motivo, la sentenza è cassata, con rinvio al giudice a quo anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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