CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 maggio 2019, n. 12485
Tributi locali – ICI – Accertamento – Immobili – Notifica a mezzo posta – Presupposto
Esposizione dei fatti di causa
1. B. A. impugnava gli avvisi accertamento lei notificati da Roma Capitale per gli anni 2006, 2007 e 2008 relativamente a tre immobili siti in Roma. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso. Proposto appello da parte del contribuente, la commissione tributaria regionale del Lazio lo accoglieva sul rilievo che la notifica dei tre avvisi di accertamento relativi agli immobili era nulla in quanto era stata effettuata a mezzo posta con l’invio di una sola busta raccomandata, senza indicazione in essa degli estremi dei singoli accertamenti, così come previsto dall’articolo 1, comma 161, della legge 269/2006. Inoltre il Comune non aveva tenuto conto che i cespiti accatastati erano stati concessi in comodato d’uso gratuito al figlio del contribuente, che li utilizzava come abitazione principale e pertinenza. Non assumeva rilievo il fatto che il ricorrente non avesse comunicato al Comune la concessione in uso gratuito dell’immobile al congiunto in quanto egli aveva [ prodotto comunque in giudizio prova documentale, ossia il certificato storico anagrafico rilasciato dal Comune di Roma con cui era stato attestato che il figlio risultava residente negli immobili per cui è causa.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione i Roma capitale affidato a quattro motivi. Il contribuente non si è costituito in giudizio.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1, comma 161, della legge 296/2006 e 156 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR illegittimamente ha annullato gli avvisi di accertamento sul presupposto che la notifica di essi era irritualmente avvenuta a mezzo spedizione postale con un’unica busta raccomandata. Ciò in quanto l’irregolarità della notifica doveva ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo cui era destinata, posto che il contribuente aveva tempestivamente impugnato tutti gli avvisi di accertamento così notificati.
2. Con il secondo ed il terzo motivo la ricorrente deduce, rispettivamente, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numeri 3 e 5, cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata in quanto la CTR non si è pronunciata sul fatto decisivo relativo all’inammissibilità del ricorso in appello per violazione dell’articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 546/92, non avendo l’appellante svolto argomentazioni critiche in ordine alla sentenza impugnata ed essendosi limitato a riproporre le censure svolte in primo grado.
3. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 6 del decreto legislativo 504/92, 11, comma 3, e 14 bis, comma 1, del regolamento lei deliberato dal Comune di Roma. Sostiene che, in difetto di comunicazione preventiva da parte del contribuente della concessione degli immobili in uso gratuito al figlio, l’agevolazione lei non spettava di talché erroneamente la CTR ha affermato che fosse sufficiente, al fine di ottenere l’agevolazione stessa, il fatto che il contribuente avesse prodotto in giudizio l’attestazione della residenza del congiunto negli immobili per cui è causa.
4. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. Invero questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui, in tema di ICI, la spedizione di plurimi avvisi di accertamento in un’unica busta raccomandata non integra alcuna nullità, riverberando esclusivamente sul piano delle mere irregolarità formali, laddove non venga accertato un effettivo pregiudizio all’esercizio, da parte del destinatario, del diritto di difesa ( Cass. n. 27165 del 16/12/2011 ). Nel caso di specie alcun pregiudizio è derivato al destinatario, il quale ha tempestivamente impugnato gli avvisi contenuti nella busta. Peraltro mette conto considerare che la Corte di legittimità a Sezioni Unite, con la sentenza n. 14916 del 20/07/2016, ha affermato il principio secondo cui l’inesistenza della notifica, che come tale non può essere sanata dal raggiungimento dello scopo giusta l’art. 156 cod. proc. civ, sussiste solo quando il lamentato vizio di notifica attenga agli elementi costitutivi essenziali dell’atto.
5. Il secondo ed il terzo motivo sono infondati. Ciò in quanto la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora il gravame contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi essere ricavati, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni. Ciò in quanto nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione ( Cass. n. 707 del 15/01/2019; Cass n. 20379 del 24/08/2017 ). Ne consegue che non può affermarsi l’inammissibilità dell’appello per aver il contribuente riproposto gli argomenti già svolti nel giudizio di primo grado, considerato che essi si ponevano in contrasto con le statuizioni della sentenza impugnata e ne costituivano implicita critica.
6. Il quarto motivo è fondato. Invero nel caso in cui il comune abbia stabilito con apposito regolamento, come nel caso di specie, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 504 del 1992), il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, dovendo porre il Comune nella condizione di valutare la sussistenza dei presupposti per l’agevolazione, a meno che l’ente territoriale non sia già in possesso della documentazione da cui sia evincibile la sussistenza dei presupposti per la riduzione dell’aliquota , tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dall’art. 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000 ( cfr. Cass. n. 12304 del 17/05/2017 ). Nel caso di specie, ove il contribuente si è limitato a produrre in giudizio il certificato storico anagrafico rilasciato dal Comune di Roma attestante la residenza del figlio negli immobili per cui è causa, l’agevolazione deve ritenersi, dunque, non spettante.
7. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario del contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione delle alterne vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna il contribuente a rifondere a Roma Capitale le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi euro 1.200,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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