CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 marzo 2020, n. 6702

Tributi – ICI – Determinazione della base imponibile – Aree edificabili – Nozione – Art. 11-quaterdecies del D.L. n. 203 del 2005 – Art. 36 del D.L. n. 223 del 2006 – Interpretazione autentica dell’art. 2, co. 1, lett. b), del D.Lgs. n. 504 del 1992 – Riferimento allo strumento urbanistico generale adottato – Mancata approvazione da parte della Regione – Mancata adozione degli strumenti di attuazione – Irrilevanza – Variazioni del valore venale – Diritto al rimborso – Esclusione – Attualità delle potenzialità edificatorie – Rilevanza ai fini della valutazione dell’immobile

Fatti di causa

Il COMUNE DI MILAZZO ricorre per la cassazione della sentenza n. 2566/10/2017 depositata in data 6.7.2017 con la quale la CTR della Sicilia, in riforma della sentenza della CTP di Messina, aveva accolto l’appello proposto da P.A. avverso l’avviso di riliquidazione relativo all’anno 2000 riguardante l’accertamento di una differenza di valore, rispetto al dichiarato, di aree fabbricabili site in Milazzo (foglio 2, part. 344) in zona CT3 e, di conseguenza, una maggiore imposta dovuta, oltre sanzioni ed accessori, per un totale di € 77,97.

Il ricorso è affidato due motivi.

P.A. non si è costituito in giudizio.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo il Comune ricorrente ha dedotto violazione di legge (art.2, lett. b del D.Lgs. 504/92; art. 11 quaterdecies, comma 16 della legge 248/2005 e art. 36 delle 248/2006) per avere la CTR erroneamente interpretato la norma di cui all’art. 11 quaterdecies citato nel ritenere che l’edificabilità dovesse essere effettiva e non solo potenziale, omettendo, altresì, di considerare che la fattispecie sottoposta al suo esame dovesse essere regolata dall’art. 36 della legge 248/2006 (DL 223/2006) secondo il quale l’edificabiltà di un terreno, per avere rilevanza fiscale, prescinde dalla approvazione del PRG da parte della Regione, o dalla adozione di uno strumento attuativo.

In buona sostanza l’errore della CTR sarebbe consistito nell’aver ritenuto che per area edificabile ai fini ICI dovesse intendersi quella utilizzabile a scopo edificatorio in base ad uno strumento urbanistico attuativo, quale è il piano particolareggiato, nonostante la vigenza del PRG quale strumento di  pianificazone generale. Da ciò derivava la conclusione, ad avviso della CTR, secondo cui non poteva essere qualificata come edificabile l’area in questione in quanto ricadente nella zona CT3, ancora da normare con apposito piano particolareggiato nonostante la adozione da parte del Comune di Milazzo dello strumento di pianificazione generale, ossia del PRG;

Il motivo è fondato e va, conseguentemente, accolto. Con le diposizioni di cui all’art. 11 quaterdecies, comma 16, della legge n. 248/2005 e all’art. 36, comma 2, della legge 248/2006 il legislatore ha fornito una interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 248/2006 precisando che “un’area è da considerarsi comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Tale norma interpretativa è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale che, con ordinanza n.41/2008, a seguito di richiesta di incostituzionalità del citato art. 11, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, confermando che “il terreno deve essere considerato fabbricabile dal momento in cui viene ad essere ricompreso in uno strumento urbanistico generale, anche se non definitivamente approvato dalla Regione e mancante dei relativi strumento attuativi” ” e ciò in quanto “la potenzialità edificatorie dell’area, anche se prevista da strumento urbanistici solo in itinere, o ancora inattuati, costituisce notoriamente un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell’art. 53 Cost., in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio economicamente rilevante ….. ed, inoltre, il criterio del valore venale non comporta affatto una valutazione fissa ed astratta de bene, ma consente di attribuire al terreno il suo valore di mercato, adeguando le valutazioni alle specifiche condizioni di fatto del bene e, quindi, anche alle più o meno rilevanti potenzialità edificatore dell’area“. L’affermazione di edificabilità dl terreno ai fini della determinazione del suo valore venale non può — una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale — ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo, atteso l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità incentrato sull’art. 36, comma 2, del DL 223/06, convertito nella legge n.248/06 secondo il quale “in tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 quaterdecies, comma 16, del DL 30.9.2005, n.203, convertito con modificazione, dalla legge 2.12.2005, n.248 e dell’art. 36, comma 2, del DL 4.7.2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n.248, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30.12.1992, n. 504, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi” (Cass. n. 21156/2016; Cass. n.11182/2014; Cass. 15792/2012 ed altre). Si tratta di orientamento che recepisce quanto stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 25506/2006, la quale ha osservato che: “L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo di imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 15.12.1997, n. 446. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”. Nel caso di specie è dunque dirimente osservare, come pure evidenziato dalla CTR, che il terreno ricade in “zona CT3” le cui previsioni urbanistiche sono state disattese in sede di approvazione del PRG. La predetta zona CT3 è riferita ad aree ricadenti in località Capo di Milazzo, da normare con piano particolareggiato redatto in contestualità logica con il piano paesistico e il Decreto Ass.Reg. Territorio e Ambiente n. 958/89 del 24.7.1989 ha disatteso tale previsione. A nulla rileva il fatto che la potestà edificatoria potesse conseguire unicamente dall’attuazione del piano paesistico, seguito dall’apposito piano particolareggiato trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius aedificandi, laddove la natura edificabile del terreno consegue all’approvazione dello strumento generale di pianificazione.

Il ricorso va dunque accolto, ritenuto assorbito il secondo motivo con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Sicilia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia in diversa composizione , anche per le spese del presente giudizio.