CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 novembre 2021, n. 33128
Lavoro – Riconoscimento del diritto al mantenimento del trattamento di CIGS – Raggiungimento dell’età pensionistica – Revoca
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 9575 del 2015, ha confermato la decisione di prime cure che, per quanto in questa sede rileva, aveva accolto la domanda di C.M. per il riconoscimento del diritto al mantenimento del trattamento di CIGS dal 22 al 31 dicembre 2008, revocato per raggiungimento dell’età pensionistica, e all’erogazione del trattamento di integrazione salariale straordinaria dal 1° gennaio 2009 e sino alla maturazione dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia, ai sensi dell’art. 30 legge n.198 del 2006, al raggiungimento del requisito anagrafico, di 65 anni di età previsto per gli uomini.
2. La Corte territoriale, dato atto che la lavoratrice, dipendente della s.p.a. A. – Linee Aree Italiane, compiuti i sessanta anni (il 14.9.2007), requisito anagrafico per le donne, per la pensione di vecchiaia (pur in presenza di soli 31 anni di contribuzione), aveva «tempestivamente» optato per la prosecuzione del rapporto sino al sessantacinquesimo anno di età, ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 198 del 2006, rilevava che la collocazione in CIGS, con sospensione del rapporto lavorativo dal 22 dicembre 2008, era intervenuta allorché la lavoratrice aveva già esercitato l’opzione per la prosecuzione del rapporto acquisendo, pertanto, il diritto a permanere in CIGS per un massimo di quattro anni e comunque non oltre la maturazione del requisito anagrafico per l’accesso al trattamento di pensione di vecchiaia, di sessantacinque anni di età.
3. Per la Corte di merito gli accordi sindacali, intervenuti dopo l’esercizio dell’opzione alla prosecuzione del rapporto sino al sessantacinquesimo anno dì età, non potevano incidere negativamente sul diritto acquisito e, dunque, sarebbero nulli per violazione di norma imperativa (l’art.30 d.lgs. n.198 del 2006) e l’esercizio dell’opzione della lavoratrice, per la prosecuzione del rapporto sino all’età prevista per gli uomini per il pensionamento di vecchiaia, era ammissibile non solo nel casi di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa ma anche in ipotesi, come nella specie, dì attività lavorativa sospesa in ragione della disposta ammissione al trattamento di integrazione salariale straordinaria.
4. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS, con ricorso affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, C. M.; A. Linee Aeree Italiana s.p.a., in amministrazione straordinaria, non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo si deduce violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nullità della sentenza per omessa pronuncia su domanda proposta dall’INPS, per avere la Corte territoriale omesso qualsiasi pronuncia sulla domanda di merito proposta con il gravame incidentale, volta a fare affermare che, per effetto della peculiare cassa integrazione straordinaria per i dipendenti A., per i lavoratori posti in Cigs, ai sensi del d.l. n.134 del 2008, l’assenza di svolgimento dell’attività lavorativa unitamente all’espressa finalità risolutiva del rapporto medesimo escludeva ex se che la prestazione lavorativa potesse proseguire ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n.198 del 2006.
6. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1 e 1-bis del d.l.n.249 del 2004, conv., con modificazioni, nella legge n.291 del 2004, dell’art.2 d.l.n.134 del 2008, conv., con modificazioni, nella legge n.166 del 2008, del verbale di accordo del 24.11.2004, e conseguente verbale di accordo 11.12.2004, e del connesso d.m. Ministero della Salute e delle Politiche Sociali n.44552 del 10 dicembre 2008 e dell’art. 30 d.l.gs. n.198 del 2006, anche in relazione all’art. 12 delle preleggi.
7. Assume l’ente previdenziale che, in riferimento ad A. s.p.a., la Cigs, con successiva mobilità, era stata prevista solo quale strumento di tutela del reddito in previsione della maturazione, da parte dei lavoratori in esubero, dei requisiti per l’accesso alla pensione, stante l’acclarata definitiva cessazione dell’attività d’impresa di A., per cui nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza che la lavoratrice abbia scelto di continuare a lavorare dopo aver compiuto, in data 14 settembre 2007, l’età di sessanta anni, utile, in quanto donna, per ottenere la pensione di vecchiaia, fino all’ammissione della società alla Cigs; e ciò proprio per il fatto che, alla data del 22 dicembre 2008, la lavoratrice aveva già i requisiti, in quanto donna, per ottenere, a decorrere dal 10 gennaio 2009, il trattamento pensionistico di vecchiaia.
8. Il ricorso è da rigettare.
9. Non è ravvisabile alcuna omessa pronuncia della Corte d’Appello, sul gravame incidentale, per avere, invero, la decisione impugnata investito, con la decisione nel merito, le questioni prospettate con interpretazione che l’ente previdenziale, con il secondo mezzo d’impugnazione, richiede a questa Corte di legittimità di sottoporre a revisione.
10. Passando, quindi, al fulcro della soluzione interpretativa data dalla Corte territoriale, e investita dal secondo mezzo d’impugnazione, l’art. 30 del decreto legislativo n. 198 del 2006, rubricato «Divieti di discriminazione nell’accesso alle prestazioni previdenziali (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articoli 4, 9, 10, 11 e 12)», nel testo applicabile ratione temporis, dispone: «1. Le lavoratrici, anche se in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, possono optare di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, previa comunicazione al datore di lavoro da effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia.».
11. Con l’esercizio della facoltà di opzione per la prosecuzione dell’attività lavorativa oltre l’età pensionabile, la lavoratrice, compiuti i sessanta anni e in possesso, pertanto, del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia per le donne «pur in presenza di soli 31 anni di contribuzione», ha maturato il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro sino al raggiungimento dell’età pensionabile per gli uomini, vale a dire al compimento del sessantacinquesimo anno di età, come previsto dalla normativa primaria costituita dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198, recante Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge di delegazione 28 novembre 2005, n. 246.
12. L’esercizio dell’opzione per la prosecuzione del rapporto di lavoro ha spostato in avanti l’età pensionabile della lavoratrice, all’epoca fissato, per gli uomini, a sessantacinque anni, per cui agli effetti del rapporto assicurativo all’esame, segnato dallo spostamento in avanti della cessazione dell’attività lavorativa al raggiungimento del limite d’età previsto, ratione temporis, per gli uomini (65 anni), nessuna efficacia derogatoria possono assumere disposizioni di rango meramente convenzionale, quali rimangono gli specifici accordi sindacali che hanno dato seguito alla legislazione del 2004 in tema di estensione degli ammortizzatori sociali, anche in deroga, ai dipendenti da imprese del trasporto aereo (d.l. n.249 del 2004 conv., con modif., in legge n.291 del 2004 e successive modifiche).
13. La tesi interpretativa dell’ente previdenziale, imperniata esclusivamente sul rango normativo primario dei predetti accordi in virtù del rinvio ad essi ad opera della norma primaria, qualificata dall’ente come norma in bianco in tema di durata dei trattamenti di integrazione straordinaria e di mobilità per i dipendenti del trasporto aereo, e costituente un unicum, nella legislazione sugli ammortizzatori, per la prevista estensione temporale fino a 48 o 36 mesi (art.2, co.1, d.l. n.134 del 2008, conv., con modif., in legge n.166 del 2008), non è, ad avviso del Collegio, condivisibile non ravvisandosi, nell’impianto normativo, la previsione di una norma in bianco, integrata da fonte negoziale, idonea a sminuire la portata degli effetti prodotti, ex lege, nell’ordinamento previdenziale, con l’esercizio della facoltà di opzione.
14. Il rapporto di lavoro è, dunque, proseguito fin dall’esercizio dell’opzione, assistito dalle stesse garanzie di stabilità del rapporto di lavoro intercorso fino al compimento del sessantesimo anno, e immutato, dunque, nei due segmenti temporali, antecedenti e posteriori al compimento dell’età pensionabile originariamente fissata (sessanta anni), assistito dalla tutela accordata dalla legge sui licenziamenti individuali, senza alcun onere di previa tempestiva comunicazione dell’intenzione della lavoratrice al datore di lavoro, da effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto dalla pensione di vecchiaia (v. Corte cost. n. 275 del 2009).
15. Ebbene, affermata la prosecuzione del rapporto lavorativo fino alla diversa età pensionabile rilevante, costituirebbe una mera fictio juris quella disegnata dall’ente previdenziale che pretende far rivivere l’originaria età pensionabile venuta meno, ormai, al compimento dell’esercizio della facoltà di opzione, prima della collocazione in CIGS, per avere la lavoratrice definitivamente acquisito, con la prosecuzione del rapporto di lavoro e l’assoggettamento dello stesso alle vicende sospensive, il diritto a permanere in CIGS per il periodo massimo quadriennale e, comunque, non oltre la maturazione dei requisiti per l’accesso al trattamento di pensione di vecchiaia, sessantacinque anni.
16. In definitiva, la sentenza impugnata, che si è conformata all’interpretazione espressa da questa Corte, è immune da censure.
17. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo; non si provvede alla regolazione delle spese per la parte rimasta intimata.
18. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, in favore di C. M., liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
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