CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 settembre 2018, n. 21969
Contratto a tempo determinato – Nullità della proroga del termine finale – Accertamento – Indennità ex art. 32, comma 5, Legge n. 183/2010
Fatti di causa
1. A seguito di cassazione disposta con la sentenza della Suprema Corte n. 13564 del 2015, la Corte di appello di Perugia, quale giudice di rinvio, con la pronuncia n. 156 del 2016, ha determinato in otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con gli accessori e la decorrenza già stabilita nei precedenti gradi di merito, la indennità dovuta, ex art. 32 comma 5° legge n. 183/2010, a L.T. dall’A. spa per l’accertata nullità della proroga del termine finale del contratto di lavoro, intercorso dal 28.12.1996 al 27.6.1997.
2. La Corte di merito, nel procedere a detta quantificazione, ha tenuto conto delle dimensioni della società datrice di lavoro, del numero dei dipendenti, della anzianità di servizio del T., del comportamento e delle condizioni delle parti; ha, poi, escluso la possibilità di esaminare le questioni introdotte per la prima volta nella fase di rinvio, in particolare quella riguardante la domanda dell’A. spa diretta ad ottenere la restituzione della differenza tra quanto versato in adempimento della sentenza di primo grado e quanto dovuto a seguito della rideterminazione del risarcimento ex art. 32 comma 5° legge n. 183 del 2010, anche perché l’importo avrebbe dovuto essere modificato proprio in quella sede.
3. Avverso tale decisione ha riproposto ricorso per cassazione l’A. spa affidato a due motivi, illustrati con memoria.
4. Ha resistito con controricorso L.T.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 336, 389, 394 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere erroneamente la Corte di merito qualificato la richiesta della società volta ad ottenere la restituzione della differenza tra quanto versato in adempimento della sentenza di 1° grado e quanto dovuto a seguito della rideterminazione del danno ex art. 32 legge n. 183 del 2010, quale domanda nuova, quando, invece, la pretesa non aveva tale natura perché si trattava, in sostanza, di un accertamento contabile non precluso dalla sentenza di rinvio e imposto dall’art. 336 cpc.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 legge n. 183 del 2010 e dell’art. 429 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere erroneamente la Corte di merito riconosciuto sull’indennità ex art. 32 legge n. 183/2010 anche la rivalutazione monetaria e gli interessi legali laddove essa aveva natura onnicomprensiva e predeterminata del danno subito.
4. Il primo motivo è fondato.
5. Va ribadito il principio di legittimità (cfr. Cass. 2.4.2013 n. 7978; Cass. 13.7.2004 n. 12905; Cass. 24.5.2004 n. 9917), cui si intende dare seguito, secondo il quale, in caso di cassazione con rinvio, la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di appello cassata non costituisce domanda nuova, in quanto la ripetizione -che non è inquadrabile nell’istituto della condictio indebiti – è diretta alla restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza che, nel caducare il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall’origine, determina il sorgere dell’obbligazione e della pretesa restitutoria che non poteva essere esercitata se non a seguito e per effetto della sentenza rescindente.
6. La Corte territoriale, nel considerare domanda nuova (e, quindi, inammissibile), la istanza di restituzione delle somme in più corrisposte, come determinate anche all’esito della nuova quantificazione del danno, è pertanto incorsa nelle denunziate violazioni di legge.
7. Anche il secondo motivo è fondato per quanto di ragione.
8. Invero, con esso si contesta che sull’indennità ex art. 32 legge n. 183/2010 siano da calcolare anche la rivalutazione monetaria e gli interessi, avendo natura onnicomprensiva e predeterminata del danno.
9. Nella fattispecie in esame, la suddetta indennità è stata riconosciuta dai giudici di merito con gli accessori dalla decorrenza (27.6.1997, data di scadenza del contratto a termine prorogato e dichiarato nullo) già stabilita nei precedenti gradi, non avendo tali aspetti formato oggetto di ricorso per cassazione.
10. Orbene, questa Corte (da ultimo con la sentenza del 12.3.2018 n. 5953) ha affermato che l’indennità di cui all’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010, pur avendo funzione risarcitoria, rientra tra i crediti di lavoro e su di essa, ai sensi dell’art. 429 comma 3 cpc, spettano la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Quanto alla decorrenza la stessa è stata individuata nella data della pronuncia giudiziaria dichiarativa di illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato, indipendentemente dall’epoca di entrata in vigore della legge, posto che il comma 7 dell’art. 32 ne ha sancito l’applicabilità anche ai giudizi pendenti.
11. Nel caso de quo, gli accessori spettano, quindi, ma con la diversa decorrenza come precisata in sede di legittimità: la censura, pertanto, è fondata almeno per il segmento temporale dal 27.6.1997 al 7.7.2009 (data della sentenza di 1° grado di declaratoria della nullità della proroga del termine finale).
12. Né sul punto può dirsi formato un giudicato atteso che, investendo l’originario motivo le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine relativamente proprio al riconoscimento degli accessori, anche la valutazione sulla debenza parziale degli stessi era valutabile, in quanto legata da un nesso di causalità imprescindibile con la questione principale, così da non potere ritenere formatosi un giudicato su quella dipendente.
13. Alla stregua di quanto esposto, la gravata sentenza deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che, nel procedere ad un nuovo esame, si atterrà ai principi sopra richiamati, nonché provvederà alla determinazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.