CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 dicembre 2018, n. 31994
Licenziamento collettivo – Violazione delle procedure di cui alla L. n. 223/1991 – Regime decadenziale dell’impugnativa
Svolgimento del processo
La società M.I. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Trapani con cui venne dichiarata l’illegittimità del licenziamento, qualificato come collettivo, intimato a S.B. il 25.5.12, per violazione delle procedure di cui alla L. n. 223/91, ritenendo peraltro inapplicabile nella specie la decadenza dall’impugnazione, proposta in via stragiudiziale il 20.7.2012 cui tuttavia seguì il deposito del ricorso giudiziale solo nell’anno 2016, in base al novellato art. 6 L. n. 604/66.
Con sentenza depositata il 23 maggio 2017, la Corte d’appello di Palermo rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società, affidato a due motivi.
Resiste il B. con controricorso.
Motivi della decisione
La ricorrente censura la sentenza impugnata sulla base di due motivi:
1.-Con il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, commi 1 e 2, della L. n. 183/2010, lamentando che la Corte territoriale aveva violato e/o falsamente applicato tali norme, che avevano modificato il regime decadenziale dell’impugnativa dei licenziamenti, ritenendo – sulla scorta di una ricostruzione irrazionale e non sistematica del quadro normativo – che il termine di decadenza per il deposito del ricorso giudiziale che segue all’impugnazione stragiudiziale non trovi applicazione per i licenziamenti collettivi intimati prima dell’entrata in vigore della L. n. 92/2012.
2.- Con il secondo motivo la società denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 L. n.223/1991 per avere la sentenza impugnata ritenuto nella specie sussistente un licenziamento collettivo e non già un’ipotesi di licenziamenti individuali plurimi.
3.- Il primo motivo è fondato ed assorbe l’intero ricorso, posto che anche a voler qualificare il licenziamento in questione come individuale, a maggior ragione ad esso si applicherebbe il regime decadenziale per le relativa impugnazione di cui all’art. 6 novellato della L. n. 604/66.
4.- Venendo pertanto alla questione centrale della presente controversia, si osserva.
Dalla piana lettura degli artt. 5, comma 3, L. n. 223/91 (ante riforma) e 6 L. n. 604/66, si evince che ancor prima della modifica, ad opera dell’art.1, comma 46, L. n. 92/2012 del menzionato art. 5 (che previde esplicitamente l’applicazione ai licenziamenti collettivi del regime di impugnazione di cui all’art. 6 novellato della L. n. 604/66), tale ultima norma (art. 5, comma 3, L. n. 223/91 ante riforma), pur non menzionando esplicitamente l’art. 6 della L. n. 604/66 in tema di impugnazione del licenziamento, ne riproduceva esattamente il contenuto (“il recesso può essere impugnato entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento delle organizzazioni sindacali”), sicché deve ritenersi che il detto art. 1, comma 46, L. n. 92/2012 (“Ai fini dell’impugnazione del licenziamento (collettivo) si applicano le disposizioni di cui all’art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604 e successive modificazioni”) non abbia affatto, come ritenuto dalla sentenza impugnata, natura innovativa (con conseguente effetto ex nunc), bensì ricognitiva del regime normativo applicabile all’impugnazione del licenziamento collettivo, con la conseguenza, derivante dalla soggezione ab origine al regime impugnatorio di cui al ridetto art. 6 L. n. 604/66, dell’applicabilità, ai licenziamenti collettivi, anche della successiva disciplina in tema di decadenza dall’impugnazione (introdotta dalla ridetta L. n. 183/10, modificata, quanto al termine per il deposito del ricorso giudiziale, ridotto da 270 a 180 giorni, dall’art.1, comma 38, L. n. 92/2012).
Del resto anche il secondo comma dell’art. 32 L. n. 183/10 stabiliva che “le disposizioni di cui all’art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo (inerente l’introduzione del regime decadenziale connesso al mancato deposito del ricorso giudiziale entro il termine stabilito), si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento”, e dunque anche ai licenziamenti collettivi.
Tale conclusione risulta del resto sistematicamente necessitata dal passaggio, in tema di licenziamenti collettivi, dal regime previgente alla L. n. 223/91 -per cui la materia era esclusa dalle disposizioni della L. n. 604/66 (art. 11 di quest’ultima) e regolata essenzialmente dall’Accordo Interconfederale del 5 maggio 1965 (nonché 20 dicembre 1950), con diritto dei licenziati, ove fosse stata accertata la violazione del predetto Accordo, al solo risarcimento del danno (salve ipotesi di nullità) ed eventuale riassunzione (art. 5 A.I. 1965) – al regime introdotto dalla L. n. 223/91 che previde per la prima volta il diritto del/i lavoratore/i ingiustamente licenziati per riduzione di personale (in base alle procedure di cui alla medesima legge) alla reintegrazione nel posto di lavoro ed alla necessaria impugnazione del licenziamento nelle stesse forme e termini di cui all’art. 6 L. n. 604/66 (art. 5, comma 3, L. n. 223/91).
La legge n. 223/91 ha dunque introdotto, dopo oltre venti anni, anche per il licenziamento collettivo le medesime tutele previste per i licenziamenti individuali, unitamente al medesimo onere di impugnazione del recesso, recependo alla lettera il contenuto del menzionato art. 6 L. n. 604/66, in sostanza con un rinvio recettizio che comporta l’assoggettamento di tale norma (art. 6 cit.) alle successive vicende legislative che la interessano (nel caso in esame l’art. 32 della L. n. 183/10).
Non vi è quindi alcuna ragione per ritenere che tali licenziamenti debbano essere sottratti al regime impugnatorio di cui all’art. 6 L. n. 604/66, così come modificato dalla L. n.183/10 ratione temporis applicabile, pur precedenti l’art. 1, comma 46, L. n. 92/2012, che non ha fatto altro che chiarire il quadro normativo applicabile, sopra descritto.
Ne consegue che la sentenza impugnata risulta erronea laddove ha affermato l’inapplicabilità alle impugnazioni dei licenziamenti collettivi del regime decadenziale connesso al mancato deposito del ricorso giudiziale (in tal senso, sia pure implicitamente, Cass. n. 7099/18) e deve dunque cassarsi. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa viene decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto dell’originaria domanda del B.
L’assenza di precedenti specifici in materia giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal lavoratore.
Compensa le spese dell’intero processo.
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