CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 giugno 2019, n. 15640
Tributi – ICI – Fabbricato in costruzione – Immobile già iscritto in catasto – Base imponibile – Rendita catastale
Fatto e diritto
La CTR di Firenze, con sentenza nr. 33 del 26.3.2013, rigettava l’appello proposto da I.S. a.r.l. avverso la pronuncia nr 85 del 25.3.2010 della Commissione Tributaria Provinciale con cui era ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Reggello per l’anno 2004 per una maggiore imposta lci di € 24.311,60 relativo ad un immobile sito nel predetto Comune.
Il giudice di appello riteneva che non fosse applicabile al caso in esame l’art. 2 lett a) del D.Lvo. nr 504 invocato dalla contribuente in quanto riferibile a fabbricati di nuova costruzione.
Rilevava poi la correttezza del comportamento tenuto dal Comune, il quale, in assenza dell’omesso adempimento da parte del contribuente dell’obbligo di dichiarare la variazione della rendita a seguito di interventi di ristrutturazione effettuati sull’immobile, aveva calcolato l’imposta in base alla normativa vigente considerando la rendita risultante dagli atti del Catasto alla data del 2004. Rilevava altresì che l’avviso di accertamento era scevro da vizi motivazionali ed escludeva che potesse essere effettuata una riduzione del 50% prevista per i fabbricati inagibili.
Avverso tale sentenza propone appello la società I.S. a.r.l. affidandosi a 4 motivi di ricorso cui resiste con controricorso il Comune di Reggello.
La società ricorrente ha depositato memoria integrativa.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione del disposto degli art. 2 lett. a e b e art 5 comma sesto del D.lvo nr 504/1992.
Sostiene in particolare che nell’annualità di cui si controverte l’immobile, oggetto di un piano di recupero, era ancora in fase di costruzione e non era stato pertanto utilizzato sicché come base imponibile per il calcolo dell’Ici sin dal 1997 doveva essere assunto il valore dell’area sul quale si trovava il fabbricato anziché la rendita catastale.
Osserva poi che la pretesa impositiva sarebbe in contrasto con il comportamento tenuto dal Comune nei pregressi periodi impositivi in cui erano state effettuate le opere di rifacimento del fabbricato.
Sostiene infatti che l’odierna controricorrente non avrebbe sollevato alcuna obbiezione in merito all’assoggettamento ad lci del solo terreno edificabile con ciò ingenerando un legittimo affidamento in ordine alla correttezza del proprio operato.
Contesta poi che fosse necessario presentare al Comune apposita dichiarazione rettificativa alla luce dell’art. 6 comma 4 della l. 212/2000 non potendosi onerare il soggetto passivo di produrre dichiarazioni e documenti rappresentativi di circostanze di cui il medesimo abbia già conoscenza.
Con un secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 8,comma 1 del decreto legislativo nr 504/1992 in relazione all’art 6 comma 4 della legge nr 212/2000.
Osserva infatti che la documentazione prodotta dimostrerebbe che il fabbricato oggetto del contendere fosse del tutto inutilizzabile nell’anno 2004 in quanto demolito in dipendenza dell’esecuzione di opere edificatorie e dichiarato edificabile solo nell’anno 2007.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dei principi che governano l’obbligo motivazionale previsto dagli articoli 7 della legge nr 212/2000 e primo comma 162 della legge nr. 296/2006 nonché del principio di ripartizione dell’onere probatorio codificato nell’art. 2697 c.c.
Rileva la società I.S. che l’Amministrazione Comunale avrebbe dovuto giustificare la pretesa di attribuire all’immobile nell’anno in esame un valore identico a quello che possedeva nell’anno 1998 nonché avrebbe dovuto indicare gli elementi idonei a dimostrare che il valore del fabbricato nell’anno 2004 fosse identico a quello degli esercizi precedenti.
Con l’ultimo motivo la contribuente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1, comma secondo del decreto legislativo nr 546/1992 in cui sarebbe incorso il giudice del gravame nell’omettere di pronunciarsi su un motivo di appello avente ad oggetto la violazione dell’art. 10,comma 1 della legge 2000 nr 212 in materia di legittimo affidamento nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria.
I primi due motivi che vanno esaminati congiuntamente per l’intima connessione sono infondati.
Al fine di un corretto inquadramento della fattispecie in esame occorre premettere che l’imposta Comunale sugli Immobili (ICI) – istituita (con decorrenza “dall’anno 1993”) dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per le sue caratteristiche strutturali, in base alle tradizionali classificazioni dottrinarie, va definita un’imposta territoriale (in considerazione della identica natura dell’ente pubblico impositore ciascun comune”), diretta (perché colpisce una immediata manifestazione di capacità contributiva) e, soprattutto, reale siccome considera, come “base imponibile”, il valore in sé del bene immobile, a prescindere, in linea generale, da qualsivoglia condizione personale del titolare del diritto reale sullo stesso considerato dalle afferenti norme (salvo, ex art. 7, che ai fini dell’esenzione”).
“Presupposto” dell’imposta, come stabilito dal D.Lgs. istitutivo, art. 1, comma 2 è il “possesso” (a) di “fabbricati”, (b) di “aree fabbricabili” e (c) dr “terreni agricoli”, siti nel territorio dello Stato, “a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla, cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”.
Per il successivo art. 2, n. 1 poi, per “fabbricato” si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano …”.
Ogni “unità immobiliare” già iscritta o che, per le sua caratteristiche, deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, quindi, costituisce, per definizione della legge in esame, “fabbricato” assoggettato all’imposta: di conseguenza il “possesso” di una “unita immobiliare” da considerare come “fabbricato” (perché iscritta o da iscrivere nel catasto detto) fa sorgere in capo al “soggetto passivo” (art. 3) l’obbligo di corrispondere l’ICI afferente.
“Per i fabbricati iscritti in catasto”, prosegue l’art. 5, il “valore” costituente la “base imponibile” è determinato “applicando all’ammontare delle rendite multanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’art. 52, u.c. del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131“.
Dalle norme richiamate si evince la stretta ed imprescindibile relazione, da esse posta ai fini della individuazione della “base imponibile” – necessaria per la successiva determinazione (con l’applicazione dell’aderente “aliquota vigente” D.Lgs., art. 6, comma 3) del quantum dell’imposta dovuta, tra iscrizione (o necessaria iscrivibilità) in catasto di una “unità immobiliare” (con il connesso necessario riferimento alla nozione catastale di “unità immobiliare”) e rendita catastale “vigente al primo gennaio dell’anno di imposizione” (art. 5, comma 2). Dalla medesima correlazione, inoltre, discende che il “dato” – sia relativo all’iscrizione che alla classificazione ed alla misura della rendita attribuite dal competente organo pubblico (dal primo gennaio 2001, l’Ufficio locale dell’Agenzia del Territorio; in precedenza, l’Ufficio Tecnico Erariale dell’allora denominato Ministero delle Finanze) – del singolo “fabbricato”, quale risultante dal “catasto”, ai fini della assoggettamento all’imposta e della determinazione del quantum dovuto a titolo di ICI, costituisce un “fatto oggettivo”, non contestabile da nessuna delle parti (Comune e contribuente) del rapporto obbligatorio concernente questa imposta, neppure in via incidentale e limitata a tale rapporto, come impone di ritenere l’inciso dell’art. 5, comma 2 a mente dei quale (come visto) “per i fabbricati iscritti in catasto, il valore” della “base imponibile” è costituito “da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto” (cioè iscritte in catasto), “vigenti al primo gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori” validi ai fini dell’imposta di registro, ivi richiamati.
Incontestabilità che è limitata allo specifico rapporto d’imposta e non esclude né limita il potere del contribuente di chiedere la modifica (eventualmente in via di autotutela) ovvero di impugnare (in sede giurisdizionale) l’atto di accatastamento e/o di attribuzione delle rendita, però, unicamente nei confronti dell’organo preposto alle relative operazioni, e non nei confronti del Comune (Sez. 5, Sentenza n. 15321 del 10/06/2008; Cass 2019 nr 3436) con naturale ripercussione (ed effetto vincolante per le parti del rapporto ICI) del provvedimento definitivo.
Le osservazioni svolte mettono in evidenza la correttezza del ragionamento seguito dal Giudice di appello avendo lo stesso affermato, in conformità al dettato normativo, che “l’omesso adempimento da parte del contribuente dell’obbligo di dichiarare la variazione della rendita a seguito degli interventi di ristrutturazione effettuati sull’immobile in questione per sostituirla con il valore di mercato dell’area fabbricabile “ vincolava il Comune di Regello ad applicare la rendita nella misura risultante dagli atti del Catasto alla data del 2004.
Per tale dettato come sopra ricostruito, l’iscrizione al catasto edilizio dei fabbricati di una unità immobiliare costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento della stessa all’afferente imposta comunale.
Non pertinenti pertanto devono ritenersi i richiami all’art. 2 lett a) del D.lvo. 504/1992 che si riferisce ai fabbricati di nuova costruzione e non a quelli preesistenti iscritti al catasto edilizio.
Né per quanto sopra esposto possono ritenersi integrate le condizioni per applicare ai sensi dell’art 5 comma sesto del D.lvo. 504/1992 alla base imponibile ai fini lei il valore dell’area e non della rendita catastale in assenza di una richiesta di variazione della rendita catastale indirizzata all’organo preposto.
Relativamente al terzo profilo di censura se ne deve rilevare l’inammissibilità per difetto di autosufficienza.
Questa Corte ha chiarito che nell’ipotesi in cui il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, che non è atto processuale ma amministrativo (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15234), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. 13 febbraio 2014, n. 3289 cass. 16147/2017).
Ciò posto la contribuente, ben lungi dal riportare il contenuto dell’atto impugnato, si limita a svolgere una critica generica senza precisare in che modo la sua difesa sarebbe stata compromessa dalla carenza denunciata.
Con riguardo all’ultimo motivo del ricorso la censura è inammissibile.
Deve in primo luogo rilevarsi che non è ravvisabile il vizio di omessa pronuncia in presenza di una decisione che, accogliendo la domanda dell’altra parte, comporta la reiezione dell’eccezione inerente alla sua inammissibilità, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione. Deve, infatti, ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa (o l’eccezione) non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico – giuridica della pronuncia (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass 2015 nr 17956). Ciò posto nel caso in esame non è configurabile il vizio dedotto.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano secondo i criteri del D.M. 37/2018.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Reggello delle spese processuali che si liquidano in complessivi € 2900,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali; dà atto, ai sensi del DPR nr 115 del 2002, art. 13, comma quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
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