CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 giugno 2019, n. 15644
Tributi – ICI – Complesso residenziale derivante dalla ristrutturazione di un precedente fabbricato adibito a colonia – Onere di variazione catastale – Omissione – Accertamento maggiore imposta e sanzioni
Fatto e diritto
La CTR di Firenze, con sentenza nr 180/2017, rigettava l’appello proposto da I.S. a.r.l. avverso la pronuncia nr 393 del 14.2.2014 della Commissione Tributaria Provinciale con cui erano stati ritenuti legittimi gli avvisi di accertamento ICI emessi dal Comune di Reggello per l’anno 2006 per una maggiore imposta ICI rispettivamente di € 6.932,72 per i primi tre mesi e di € 7.885,00 per i restanti in relazione ad un omesso versamento ICI conseguente all’accatastamento oltre alle relative sanzioni riguardante un complesso residenziale derivante dalla ristrutturazione di un precedente fabbricato adibito a colonia M..
Il giudice di appello osservava che il presupposto dell’Ici è il possesso di fabbricati per i quali la base imponibile è costituita dalla rendita catastale risultante dalla relativa iscrizione con l’applicazione dei moltiplicatori previsti dalla norma ed è onere del contribuente dichiarare all’agenzia del territorio (e non al Comune) ogni variazione suscettibile di modificare il classamento e la rendita catastali risultando diversamente il manufatto assoggettato ad ICI nella misura corrispondente ai dati registrati al catasto.
Avverso tale sentenza propone appello la società I.S. a.r.l. sulla base di 9 motivi di ricorso cui resiste con controricorso il Comune di Reggello.
La ricorrente ha depositato memoria integrativa.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 nr 4 c.p.c. lamentando l’omessa pronuncia in ordine al motivo di appello con cui era stata censurata la sentenza di primo grado laddove aveva escluso l’illegittimità dell’avviso di accertamento nr 3144 prot 27531 per violazione dell’obbligo di motivazione e del principio di ripartizione dell’onere probatorio ex art. 2697 c.p.c. (ndr art. 2697 c.c.)
Il motivo è inammissibile in quanto la censura di appello in ordine al quale viene denunziata l’omessa pronunzia non risulta compreso nei motivi di appello riportati nella narrativa in fatto del ricorso qui in esame.
La versione che pare volerne dare la parte ricorrente richiamando il quinto motivo del ricorso per cassazione, non è idonea a superare il vaglio di ammissibilità.
In primo luogo, infatti, va osservato che la dizione “violazione dei principi che regolano la motivazione dell’atto di accertamento e la ripartizione dell’onere probatorio è del tutto generica e come tale non doveva essere presa in considerazione.
In secondo luogo non costituisce violazione dell’obbligo id motivazione dell’avviso di accertamento l’omessa motivazione in ordine al non recepimento delle deduzioni ed eccezioni difensive esposte in sede giudiziale del contribuente, posto che è sufficiente che l’avviso indichi i presupposti fattuali e normativi dell’imposizione. Infine il richiamo ai principi che regolano la ripartizione dell’onere probatorio rappresenta una deduzione inconferente rispetto all’avviso di accertamento, posto che quest’ultimo non deve indicare le prove dei presupposti di fatto dell’imposizione e tanto meno le prove negative circa le controdeduzioni del contribuente, trattandosi di materia che è oggetto di trattazione nella successiva ed eventuale fase contenziosa.
2. Con un secondo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 nr 4 c.p.c. dolendosi dell’omessa pronuncia sul motivo di appello formulato dalla ricorrente in cui ribadiva la illegittimità del menzionato avviso di accertamento per violazione dell’art. 8 comma 1 del decreto legislativo nr 504/1992.
La censura è infondata in quanto la Commissione tributaria regionale ha esaminato e respinto la deduzione qui in esame e le altre prese in considerazione nei motivi qui di seguito riportati enunciando il principio secondo cui la base imponibile dell’ICI è determinata dal classamento e dalla rendita risultanti per l’immobile in oggetto dai registri catastali e moltiplicati per i coefficienti previsti dalla legge, mentre spetta al contribuente chiedere all’agenzia del territorio la rettifica, la variazione o la modifica di tali dati.
Con il terzo motivo la ricorrente critica l’impugnata sentenza sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del disposto degli art. 2 lett. a e b e dell’art. 5 comma 6 del decreto legislativo nr. 504/1992 in relazione all’art. 6 comma 4 e 10 comma 1 della legge nr 212/2000.
Sostiene infatti che il Comune avrebbe assoggettato ad imposizione il fabbricato assumendo a riferimento l’originaria consistenza catastale malgrado fossero stati acquisiti agli atti documenti che attestavano che il complesso immobiliare era stato oggetto di un piano di recupero con mutamento della destinazione originaria dell’immobile e che lo stesso fino al 2006, non fosse mai stato utilizzato.
Afferma pertanto che il fabbricato in questione avesse durante l’arco dei lavori una consistenza diversa da quella originaria sicché correttamente era stata assunta dalla ricorrente come base imponibile per il calcolo dell’Ici il valore dell’area sul quale si trovava l’immobile anziché la rendita catastale.
Aggiunge poi che il Comune non aveva mai contestato alla contribuente, mediante appositi avvisi di accertamento,che il tributo avrebbe dovuto essere pagato sulla base del valore del fabbricato nonostante la società ricorrente, fin dal periodo di imposta in cui erano iniziati i lavori di ristrutturazione avesse versato l’Ici con i medesimi criteri utilizzati nell’anno 2006.
Sostiene anche che la pretesa impositiva in questione sarebbe lesiva dell’affidamento maturato dalla ricorrente in ordine all’applicabilità degli art. 2 lett a) e art. 5 comma sesto del Divo nr 504/1992 in violazione dell’art. 10 della legge 212/2000 che costituisce parametro di legittimità dell’operato dell’Amministrazione.
Osserva altresì che l’ente impositore non avrebbe potuto domandare in base all’art. 6, comma 4 l. 212/2000 al soggetto passivo di produrre dichiarazioni e documenti di cui lo stesso abbia già conoscenza.
Sottolinea al riguardo che il Comune di Reggello era al corrente del piano di recupero cui era stato sottoposto il fabbricando avendo stipulato la relativa convenzione nonché rilasciato i permessi a costruire ed emanato i certificati di agibilità/abitabilità sicché non poteva condividersi il ragionamento seguito dal Giudice di appello laddove ha ritenuto legittime le pretese impositive nonché sanzionatone in quanto la contribuente non aveva presentato la dichiarazione rettificativa ai fini ICI idonea a modificare il classamento.
Con il quarto motivo la società S.I.S. s.r.l. deduce l’erroneità della sentenza per violazione dell’art. 8 comma primo del decreto legislativo nr 504/1992 in relazione all’art. 6 comma 4 della legge 212/2000.
Osserva infatti che, come emerge dalla documentazione in atti, la certificazione di agibilità era stata rilasciata dal Comune di Regello solo nell’anno 2007 sicché avrebbero dovuto ritenersi integrate, con riferimento al 2006, le condizioni per l’applicazione dell’Ici nella misura ridotta del 50%.
Il terzo ed il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati.
Appare opportuno premettere una breve sintesi della disciplina legislativa di riferimento.
L’imposta Comunale sugli Immobili (ICI) – istituita dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è un’imposta territoriale (in considerazione della natura dell’ente pubblico impositore ciascun comune”), che colpisce una immediata manifestazione di capacità contributiva e che considera, come base imponibile, il valore potenziale del bene immobile in sé considerato, a prescindere, in linea generale, da qualsivoglia condizione personale del titolare e dal reddito che in concreto egli ne trae (salvo, ex art. 7, che ai fini dell’esenzione”).
Presupposto dell’’imposta, come stabilito dal D.Lgs. istitutivo, art. 1, comma 2 è il “possesso” (a) di “fabbricati”, (b) di “aree fabbricabili” e (c) dr “terreni agricoli”, siti nel territorio dello Stato, “a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.
Per il successivo art. 2, n. 1 poi, per “fabbricato” si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano …”.
Ogni “unità immobiliare” già iscritta o che, per le sua caratteristiche, deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, quindi, costituisce, per definizione della legge in esame, “fabbricato” assoggettato all’imposta: di conseguenza il “possesso” di una “unita immobiliare” da considerare come “fabbricato” (perché iscritta o da iscrivere nel catasto detto) fa sorgere in capo al “soggetto passivo” (art. 3) l’obbligo di corrispondere l’ICI afferente.
“Per i fabbricati iscritti in catasto”, prosegue l’art. 5, il “valore” costituente la “base imponibile” è determinato “applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’art. 52, u.c. del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131”.
Dalle norme richiamate si evince la stretta e determinante correlazione tra i dati assegnati nei registri catastali (categoria, classe e rendita) all’immobile in oggetto e determinazione della base imponibile dell’ICI gravante su tale immobile. , da esse posta ai fini della individuazione della “base imponibile” – necessaria per la successiva determinazione (con l’applicazione dell’aderente “aliquota vigente” D.Lgs., art. 6, comma 3) del quantum dell’imposta dovuta, tra iscrizione (o necessaria iscrivibilità) in catasto di una “unità immobiliare” (con il connesso necessario riferimento alla nozione catastale di “unità immobiliare”) e rendita catastale “vigente al primo gennaio dell’anno di imposizione” (art. 5, comma 2). In particolare per i fabbricati e per i terreni agricoli, la base imponibile è determinata dalla rendita catastale moltiplicata per il coefficiente previsto dall’articolo richiamato.
Da tale correlazione discende che il “dato” – sia relativo all’iscrizione che alla classificazione ed alla misura della rendita attribuite dal competente organo pubblico (dal primo gennaio 2001, l’Ufficio locale dell’Agenzia del Territorio) – del singolo “fabbricato”, quale risultante dal “catasto”, ai fini della assoggettamento all’imposta e della determinazione del quantum dovuto a titolo di ICI, costituisce un “fatto oggettivo”, non contestabile da nessuna delle parti (Comune e contribuente) del rapporto obbligatorio concernente questa imposta, neppure in via incidentale e limitata a tale rapporto.
L’incontestabilità di tale correlazione è peraltro limitata allo specifico rapporto d’imposta: il contribuente ha la possibilità – ma anche l’onere – di richiedere la modifica (eventualmente in via di autotutela) ovvero di impugnare (in sede giurisdizionale) l’atto di accatastamento e/o di attribuzione delle rendita, però, unicamente nei confronti dell’organo preposto alle relative operazioni (e cioè dell’Agenzia del territorio), e non anche – neppure in via incidentale – nei confronti del Comune (Sez. 5, Sentenza n. 15321 del 10/06/2008; Cass 2019 nr 3436) con naturale ripercussione (ed effetto vincolante per le parti del rapporto ICI) del provvedimento definitivo concernente l’iscrizione catastale e i suoi dati.
Le osservazioni svolte mettono in evidenza la correttezza del ragionamento seguito dal Giudice di appello avendo lo stesso affermato, in conformità al dettato normativo, che per i fabbricati iscritti in catasto l’imponibile è costituito dal valore che risulta applicando alla rendita catastale i moltiplicatori previsti dalla norma e che è onere del contribuente dichiarare tempestivamente ogni variazione suscettibile di modificare il classamento restando, altrimenti il fabbricato assoggettato ad ICI nella misura risultante in catasto”.
Le risultanze catastali vincolavano il Comune di Regello ad applicare la rendita nella misura ivi indicata alla data del 2006.
Per tale dettato come sopra ricostruito, l’iscrizione al catasto edilizio dei fabbricati di una unità immobiliare costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento della stessa all’ imposta comunale utilizzando come base imponibile la rendita iscritta moltiplicata per il coefficiente determinato (ai sensi dell’articolo 5, comma 2) con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’ultimo comma dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
Non pertinenti pertanto devono ritenersi i richiami all’art. 2 lett a), ultima parte, del D.lvo. 504/1992 che si riferisce ai fabbricati di nuova costruzione su area che, fino a costruzione ultimata era di fatto accatastata quale area edificabile. Nel caso di costruzione preesistente, demolita e poi ricostruita trova applicazione l’art. 5 comma sesto del D.lvo. 504/1992 (che riferisce la base imponibile ai fini ICI al valore dell’area e non alla rendita catastale) a condizione che sia stata presentata dal contribuente specifica istanza al riguardo all’Agenzia del territorio, all’inizio o nel corso della demolizione e fino all’ultimazione del nuovo edificio. La Sis ha, invece – come è pacifico -, ha omesso di comunicare all’Agenzia del Territorio le variazioni relative al fabbricato al fine di godere dell’agevolazione prevista dall’art. 5, comma sesto d.lvo. 504/1992 ovvero una qualunque altra variazione della rendita catastale.
Con riguardo poi alla prospettata lesione del principio dell’affidamento in conseguenza della condotta tenuta dal Comune nei pregressi periodi impositivi va in primo luogo premesso che il legittimo affidamento del contribuente comporta, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, l’esclusione degli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori conseguenti all’inadempimento dell’obbligazione tributaria, ma non incide sulla debenza del tributo, che prescinde del tutto dalle intenzioni manifestate dalle parti del rapporto fiscale, dipendendo esclusivamente dall’obiettiva realizzazione dei presupposti impositivi (cfr. Cass. 18 maggio 2016, n. 10195; Cass. 25 marzo 2015, n. 5934).
Ciò posto va osservato che l’affidamento sulla inerzia del Comune, interpretata come rinunzia al recupero del tributo relativo agli anni precedenti, non trova tutela giuridica, considerato che non era affatto imprevedibile, fino al momento del maturare della prescrizione, il sopraggiungere di una richiesta di pagamento per le annualità successive e che comunque era onere del contribuente attivarsi per la variazione delle iscrizioni catastali, mentre il Comune non era il soggetto che poteva o doveva provvedere ad esse, sicché la conoscenza che l’ente locale avesse acquisto aliunde delle modificazioni della situazione di fatto era irrilevante e non idonea a generare alcun rilevante affidamento.
Con riguardo alla pretesa richiesta di riduzione dell’imposta per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili ex art. 8 comma del decreto nr 504/1992 va rilevato anche qui che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche nel caso di un fabbricato divenuto inagibile, l’imponibile, fino al nuovo accatastamento, non può essere determinato sulla base del valore dell’area edificabile (Cass. 2019 nr 3282; Cass. 2019 nr 7982) e comunque la riduzione non può essere applicata d’ufficio, senza che vi sia stata alcuna specifica richiesta da parte del contribuente.
Va comunque osservato a fortiori che, come emerge dalla narrativa dello stesso ricorso in atti, la certificazione di agibilità rilasciata dal Comune di Regello nell’anno 2007 era una certificazione in sanatoria e cioè a posteriori relativa a modificazioni della costruzione intervenute in corso d’opera sicché il contribuente avrebbe dovuto dedurre e provare nella sede competente che prima di allora la costruzione era rimasta di fatto inutilizzata.
Quanto al rilievo secondo cui l’ente impositore non avrebbe potuto domandare in base all’art. 6, comma 4 I. 212/2000 al soggetto passivo di produrre dichiarazioni e documenti di cui il Comune era già a conoscenza, non risulta dagli atti che il Comune abbia fatto alcuna richiesta del genere e che la stessa – o meglio la sua non ottemperanza da parte del contribuente – sia stata rilevante ai fini della decisione.
Con il V motivo la società ricorrente critica la decisione del giudice di appello sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dei principi che presiedono all’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento previsto dall’art. 7 della legge nr 212/2000 e primo comma 162 della legge nr 292/2006 nonché dei principi di ripartizione dell’onere probatorio previsto dall’art. 2697 c.c.
Lamenta infatti che il Comune per assolvere al proprio obbligo motivazionale avrebbe dovuto indicare le ragioni per cui ha attribuito al fabbricato in corso d’opera lo stesso valore del fabbricato nella consistenza originaria.
Il motivo deve essere disatteso per le ragioni già illustrate in relazione al primo e al secondo motivo. Per la motivazione dell’avviso di accertamento in materia di ICI è sufficiente la specificazione dei dati catastali dai quali discende la determinazione in concreto dell’imponibile secondo i già visti parametri normativi. L’avviso non deve motivare su nessun altro aspetto ed in particolare non deve motivare sul rigetto delle deduzioni che il contribuente potrà avanzare in sede contenziosa. L’onere della prova è qui invocato non a proposito posto che la irrilevanza per il Comune delle deduzioni relative alla eventuale erroneità dei dati catastali discende dalle già viste ragioni giuridiche, per le quali il principio dell’onere della prova è ovviamente inconferente.
Con il VI motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2 comma I lett a) del decreto legislativo 504/1992 in relazione all’art. 4 nr 5 della legge I. 421/1992.
Lamenta in particolare che i Giudici di appello sarebbero incorsi nella violazione dell’art. 112 c.p.c. omettendo di pronunciarsi sul motivo di gravame con cui era stata eccepita l’illegittimità dell’atto di accertamento in ordine al richiamato art. 2 che era stata rigettata dalla CTP di Firenze sull’errato presupposto dell’irrilevanza ai fini ICI del rilascio nel settembre del 2007 dell’attestazione di abitabilità.
Il motivo è infondato per le ragioni già illustrate a proposito del primo motivo.
Con il VII motivo la società S.I.S. s.r.l. si duole in via subordinata, della violazione del menzionato art. 2 comma I lett a) affermando che in base alle disposizioni richiamate l’imponibile avrebbe dovuto essere costituito dal valore dell’area sino a che il fabbricato non è ultimato o realizzato dovendo operare il criterio della rendita solo con il completamento del manufatto.
Anche questo motivo è da disattendere in ragione dei rilievi sopra svolti secondo cui il mancato assolvimento da parte del contribuente dell’ obbligo di comunicare all’Agenzia del Territorio le variazioni relative al fabbricato determina l’assoggettamento all’Ici sulla base della rendita iscritta al catasto Con IVIII motivo la ricorrente contesta la violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 36 comma secondo nr 4 del d.lvo nr. 546/1992.
Si duole in particolare che il Giudice di appello avrebbe motivato il rigetto dell’eccezione di illegittimità delle sanzioni pecuniarie per violazione dell’art. 12 comma 5 del decreto 472/1997 operando un mero riferimento ad un precedente giurisprudenziale senza enunciare i principi inerenti al capo di applicazione della norma che si assumeva disattesa.
Il motivo è inammissibile in quanto il vizio di motivazione può essere predicato solo con riferimento all’accertamento di fatto e non anche all’interpretazione delle norme e deve comunque specificare quale sia il fatto positivo o negativo per il cui accertamento manchi la motivazione o l’esame. Con l’ultimo motivo formulato in via subordinata nell’ipotesi in cui quello che precede dovesse essere ritenuto infondato, la ricorrente ritiene che debbano ritenersi integrati i presupposti della continuazione rilevando che il Comune di Reggello aveva applicato per le annualità 2004 e 2005 e oggetto di impugnative ancora pendenti tassazioni identiche a quelle qui in discussione.
L’impugnata decisione ha implicitamente ritenuto richiamandosi per la relationem al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte con sentenza 2016 nr 19877 l’assenza dei presupposti per operare l’invocata continuazione con le violazioni commesse per l’anno 2004 e 2005.
La sentenza cui fa riferimento il Giudice di appello ha affermato il principio di diritto in tema di ICI secondo cui a ciascuna violazione riconducibile a diversi anni di imposta si applica una autonoma sanzione con esclusione quindi del concorso e dell’istituto della continuazione delle sanzioni invocata dalla ricorrente.
Nel caso di specie le sanzioni relative all’anno di imposta 2004 e 2005 sono state irrogate con distinti atti di accertamento notificati in precedenza alla contribuente rispetto a quello oggetto della presente contestazione.
In tal modo si è realizzata l’interruzione della continuazione prevista dall’art. 12 comma sesto del d.lvo 472 del 1997.
Va peraltro sottolineato che le sanzioni inflitte non appaiono omogenee giacché quelle irrogare negli anni precedenti sono correlate all’omesso parziale versamento dell’imposta relativo ad un fabbricato con una determinata rendita catastale mentre nell’anno 2006 sono state inflitte sanzioni per omessa denuncia e omesso versamento relativamente a variazioni catastali intervenute nel fabbricato per effetto del frazionamento in diverse unità immobiliari.
Il ricorso va rigettato le spese seguono la soccombenza e si liquidano secondo i criteri del D.M. 37/2018.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Reggello delle spese processuali che si liquidano in complessivi € 2500,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali; dà atto, ai sensi del DPR nr 115 del 2002, art. 13, comma quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte de Ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo dì contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21808 depositata l' 11 luglio 2022 - In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI) gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 febbraio 2020, n. 2607 - In una causa concernente un avviso di rettifica di classamento per l'attribuzione di rendita catastale, dovendo la rendita catastale stabilita dal giudice di merito nella controversia tra…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 aprile 2019, n. 10126 - In tema di ICI, il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18637 depositata il 9 giugno 2022 - In tema di ICI la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale rappresenta l'unico dato da prendere in considerazione ai fini dell'individuazione…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 26680 depositata il 15 settembre 2023 - Non si deve confondere la data di aggiornamento del classamento catastale, che coincide con il giorno di inserimento in catasto della nuova identificazione dell'immobile e…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…