CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 giugno 2020, n. 11212
Accertamento – Tributi locali – TIA – Ricorso per Cassazione – Contenzioso tributario
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 2837/39/15 della CTR del Lazio, sezione staccata di Latina, depositata il 19/05/2015, la CTR del Lazio, in accoglimento dell’appello proposto dalla L. Ambiente s.p.a., ha riformato la pronuncia di primo grado, rigettando il ricorso originario della contribuente avverso l’avviso di accertamento per il pagamento della TIA relativa agli anni 2006, 2007, 2008 e 2009.
Il giudice del gravame ha, in sintesi, ritenuto che con la deliberazione n. 44 del 2006 il Comune di Latina avesse legittimamente istituito la Tariffa di Igiene ambientale (TIA1), per essere ciò consentito dall’art. 238 d.lgs. n. 152 del 2006.
Per la cassazione della sentenza ricorre Petrarca Assunta, sulla base di un solo motivo di impugnazione.
La L. Ambiente s.p.a. resiste con controricorso.
Prima dell’udienza la ricorrente ha depositato memoria illustrativa delle proprie difese.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 238 d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui la CTR ha ritenuto che tale norma abbia consentito di continuare a istituire la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA 1) successivamente alla sua soppressione, mentre invece ha semplicemente previsto che, perdurando la mancata adozione dei regolamenti attuativi, i comuni potessero istituire comunque la nuova TIA, e cioè la Tariffa Integrata Ambientale (TIA 2), se entro una determinata data i suddetti regolamenti non fossero stati adottati.
2. Si deve preliminarmente rilevare che il fallimento della controricorrente, dichiarato dal Tribunale di Latina con sentenza n. 105 del 07/12/2016, e dunque intervenuto successivamente alla notifica del ricorso per cassazione, non produce alcun effetto in questa sede, rendendo conseguentemente inutilter data anche la riassunzione operata dalla ricorrente.
Il giudizio di legittimità è infatti dominato dall’impulso d’ufficio e pertanto non trova in esso applicazione l’istituto dell’interruzione del processo, previsto per le ipotesi disciplinate dall’art. 299 e ss. c.p.c. (v., ex plurimis, Cass., Sez. L, n. 1757 del 2016; Cass., Sez. 3, n. 24635 del 2015; Cass., Sez. 1, n. 22624 del 2011; Cass. Sez. U, n. 14385 del 2007) e dunque anche per il caso di fallimento di una delle parti (cfr., con riferimento alla riformulazione dell’art. 43 I.fall., Sez. 1, n. 27143 del 2017 e Cass., Sez. L, n. 21153 del 2010).
3. Prima di esaminare il motivo di ricorso per cassazione sopra illustrato, si deve rilevare che la L. A. s.p.a. ha eccepito in via pregiudiziale il proprio difetto di legittimazione passiva per avere il Comune di Latina, con deliberazione n. 638 del 2013, ripreso in carico la gestione della TIA per gli anni 2006-2009 e il relativo contenzioso.
L’eccezione è infondata, tenuto conto che la successione nei rapporti giuridici, anche contenziosi, nella gestione della tariffa TIA trova disciplina nell’art. 111 c.p.c., secondo il quale, nel caso in cui nel corso del processo si trasferisca il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue sempre tra le parti originarie, salva la possibilità che il successore a titolo particolare (nella fattispecie in esame il Comune di Latina) intervenga o sia chiamato in causa, con conseguente estromissione dell’alienante (nella fattispecie la L.A. s.p.a.), solo sull’accordo delle parti (cfr. Cass., Sez. 5, n. 8650 del 2019).
4. Tanto premesso, il motivo di ricorso risulta fondato.
La ricognizione normativa della fattispecie evidenzia, sul punto, innanzitutto che l’art. 49 d.lgs. n. 22 del 1997 ha istituito (art. 49) la tariffa di igiene ambientale (cd. TIA 1) che, nel disegno del legislatore, avrebbe dovuto sostituire la TARSU.
L’articolo appena richiamato ha disposto, al comma 1, la soppressione della TARSU (istituita dall’art. 58 e ss. d.lgs. n. 507 del 1993) «a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5» e ha previsto, al comma 5, che il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) dovesse elaborare «un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa, ed il graduale raggiungimento dell’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.».
L’atto regolamentare in questione è stato adottato col d.P.R. n. 158 del 1999, n. 158, il cui art. 11 ha previsto un regime transitorio (anche per effetto di successive modifiche normative) così articolato: «Gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima così articolata: a) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto nell’anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all’85%; b) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85%; c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999».
La soppressione della TARSU, quindi, non ha comportato l’immediata abrogazione della relativa disciplina istitutiva ma – secondo il cennato regime transitorio – detta imposta rimaneva in vigore (con la conseguente disciplina regolamentare adottata dai Comuni, ai sensi dell’art. 68 d.lgs. n. 507 del 1993) almeno sino al 19 giugno 2006 (il d.P.R. n. 158 del 1999 è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 129 del 4 giugno 1999 e, come appena sopra ricordato, il termine più breve istituito dal regime transitorio prevedeva una durata di almeno 7 anni).
Detto regime transitorio, peraltro, non è stato portato a compimento, in quanto col d.lgs. n. 152 del 2006 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale del il 14 aprile 2006) il legislatore è intervenuto nuovamente sulla materia, disponendo la soppressione della TIA 1, istituita col d.lgs. n. 22 del 1997.
Il d.lgs. n. 152 del 2006 ha in particolare previsto che:
– «La tariffa di cui al D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.» (art. 238, comma 1, d.lgs. cit.);
– «Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti» (art. 238, comma 11, d.lgs. cit.);
– è abrogato «il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 cit., continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto» (art. 264, comma 1, lett. 1), d.lgs. cit.).
4. In relazione ad analoghe controversie, questa Corte ha avuto modo di rilevare che – alla stregua della sopra ripercorsa sequenza normativa – «il Regolamento adottato con la delibera cons. com. del 30/5/2006, istitutiva della TIA 1 “in via sperimentale” nel Comune di Latina, si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla “tariffa” prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla “tariffa” del Codice dell’Ambiente, intesa come “corrispettivo” del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta)», aggiungendo che, pertanto, detta delibera (adottata, si ribadisce, il 30 maggio 2006) «con cui è stata istituita la tariffa di igiene ambientale prevista dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, così determinandosi il passaggio dalla Tarsu alla Tia, è illegittima in quanto sin dal 29 aprile 2006 non era più in vigore la tariffa ambientale e sino alla emanazione delle norme attuative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istitutivo della Tia 2, era consentito ai Comuni di continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti, da intendersi quali fonti secondarie di determinazione della tariffa stessa, tra le quali le delibere che gli enti locali avessero già adottato ai sensi del DIgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 6» (v. Cass., Sez. 5, n. 8650 del 2019; Cass., Sez. 5, n. 34283 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 31286 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 23820; Cass., Sez. 5, n. 17271 del 2017).
E si è, in particolare, rimarcato che alcun riflesso potevano produrre, su di un siffatto quadro regolativo, le disposizioni di proroga del termine per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli enti locali, posto che dette disposizioni non conferivano (anche) il potere «di deliberare il passaggio dalla Tarsu» ad una tassa (la Tia 1) già soppressa (v., in particolare, Cass., Sez. 5, n. 31286 del 2018 e Cass., Sez. 5, n. 23820 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 17271 del 2018).
Ritiene, quindi, il collegio di dare continuità alla soluzione interpretativa in discorso che – contrariamente alla diversa opzione interpretativa pur emersa (minoritariamente) nella giurisprudenza della Corte (v. Cass., Sez. 5, n. 1999 del 2019; Cass., Sez. 5, n. 33424 del 2018), – condivisibilmente correla, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006 (29 aprile 2006), la cessazione dello stesso regime transitorio delineato dall’art. 11 del d.P.R. n. 158 del 1999, posto che, con la soppressione della tariffa di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, le clausole di salvaguardia avevano ad oggetto (solo) le discipline regolamentari «vigenti» (art. 238, comma 11, cit.), ed i «provvedimenti attuativi del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22» (art. 264, comma 1, lett. i), cit.). In difetto di una chiara voluntas legis di segno contrario (nel segno cioè della ultrattività), dunque, oltre ai regolamentari «vigenti» e ai «provvedimenti attuativi del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22», sopra richiamati, nessun regime transitorio, correlato all’istituzione della TIA 1, poteva residuare, all’indomani della soppressione di tale tassa.
5. All’accoglimento del motivo di ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né risultano altri profili controversi rilevanti ai fini della decisione, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
6. Le spese dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alle obiettive incertezze indotte dal quadro normativo di riferimento, alle antinomie, ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali di merito ed allo stesso consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in momento successivo alla proposizione del ricorso in trattazione.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente;
– compensa integralmente, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
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