CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 luglio 2019, n. 18610
Tributi – IRPEF – Accertamento – Dichiarazioni fiscali – Ristrutturazione edilizia – Detrazione spese
Fatti di causa
la contribuente, M.T.B.M., a seguito di controllo formale ex art. 36 ter del Dpr n. 600 del 1973, in data 27.07.2010 riceveva l’avviso n. 00863730883, con il quale l’Agenzia delle Entrate, ufficio di Città di Castello, rettifica la dichiarazione Modello Unico 2008, relativa ai redditi conseguiti per l’anno d’imposta 2007, disconoscendo la detrazione del 36% delle spese sostenute per lavori di ristrutturazione edilizia (eseguiti dalla contribuente nel 2001, su un fabbricato di sua proprietà, ed ammontanti a complessivi Euro 53.358,00), a causa del mancato invio al Centro Operativo di Pescara della dichiarazione del tecnico abilitato di effettuazione dei lavori e superamento della somma di Euro 51.645, 59 di spese. In conseguenza l’Amministrazione finanziaria richiedeva il versamento di Euro 2.314,00 per il tributo Irpef, oltre sanzioni ed interessi.
La contribuente, in via cautelativa, al solo fine di evitare l’aggravio degli oneri, provvedeva al versamento delle somme richieste nei termini, usufruendo in tal modo della riduzione delle sanzioni, e subito dopo presentava istanza di rimborso delle somme pagate, sostenendo fossero state indebitamente versate.
L’Ufficio finanziario, con comunicazione del 24.08.2011, negava il richiesto rimborso.
In data 24.10.2011, quindi, l’istante impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia il provvedimento di diniego dell’Amministrazione, affermando essere dovuto il rimborso, avendo la stessa, in buona fede, adempiuto a tutti gli oneri prescritti dalla legge n. 449 del 1997 e dal D.M. n. 41 del 1998 per fruire del beneficio fiscale deducendo, inoltre, che la ricevuta di ritorno della raccomandata a.r., con la quale era stata inviata all’Agenzia la dichiarazione di esecuzione dei lavori, non era mai stata rinvenuta, ma la suddetta dichiarazione era stata poi esibita all’Amministrazione a seguito dell’inoltro della comunicazione di irregolarità, in occasione del controllo che aveva dato luogo alla rettifica della dichiarazione dei redditi 2007.
Si costituiva in giudizio l’Ente impositore, il quale eccepiva l’inammissibilità del ricorso, per avere la contribuente, versando la maggiore imposta richiesta, prestato acquiescenza agli esiti del controllo effettuato ex art. 36 ter del Dpr n. 600 del 1973. Nel merito affermava l’infondatezza della richiesta di rimborso in quanto, in mancanza della ricevuta d’invio della dichiarazione di esecuzione dei lavori, rimaneva integrata una ipotesi tassativa di decadenza dall’agevolazione fiscale, a norma dell’art. 4 del D.M. n. 41 del 1998. In ogni caso, il termine utile per trasmettere detta dichiarazione, e poter usufruire della detrazione, non poteva che essere ritenuto, al più tardi, quello di inizio dell’attività di controllo da parte dell’Ufficio, mentre, nella specie, l’esibizione della dichiarazione era avvenuta quando il controllo era già stato effettuato, persino oltre il termine di favore indicato dalla Direttiva Regionale dell’Umbria dell’Agenzia delle Entrate, n. 12 del 2007, pertanto quando la contribuente doveva ritenersi ormai decaduta.
L’adita CTP, con sentenza n. 105 del 28.06.2012, accoglieva il ricorso della contribuente, sul presupposto che il pagamento della maggiore imposta richiesta dall’Erario non avesse comportato acquiescenza alla pretesa impositiva e che la detrazione delle spese di ristrutturazione fosse legittima, ritenendo che il termine finale per la trasmissione della dichiarazione di superamento dell’importo previsto per i lavori, da effettuarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in cui i lavori sono eseguiti, non fosse un termine stabilito a pena di decadenza. Avverso la pronuncia di primo grado l’Ufficio spiegava appello, insistendo nell’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso formulato dalla contribuente per avvenuta acquiescenza e, nel merito, in conseguenza della intervenuta decadenza dal diritto alla detrazione in conseguenza del mancato invio della dichiarazione di esecuzione dei lavori e quantificazione dei costi sostenuti. Si costituiva l’appellata, la quale reiterava le tesi già esposte nel primo grado del giudizio.
La CTR, con la sentenza in questa sede gravata, accoglieva l’appello dell’Ufficio.
Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale di Perugia ha proposto ricorso per cassazione B.M.M.T., affidandosi a tre motivi di impugnazione. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, la quale ha presentato pure ricorso incidentale, contro il quale la contribuente ha proposto, a sua volta, controricorso.
Ragioni della decisione
1.1. – La contribuente contesta mediante il suo primo motivo di impugnazione, formulato ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 1, lett. d) e 4, comma 1, lett. a), del D.M. n. 41 del 1998, “in quanto la CTR di Perugia, al quarto capoverso della sentenza impugnata, ha ritenuto che, nonostante le citate disposizioni non indichino un termine specifico entro il quale la dichiarazione di esecuzione dei lavori debba essere trasmessa all’Amministrazione Finanziaria, la produzione della dichiarazione effettuata dalla contribuente in sede di controllo della dichiarazione dei redditi integri comunque un inadempimento al dettato normativo di cui all’art. 1 comma 1 lett. d) D.M. 41/1998, con conseguente decadenza della stessa dal beneficio della detrazione d’imposta prevista dall’art. 1, comma 1 legge 449/1997”, contestando pure il vizio di motivazione sul punto.
1.2. – Mediante il secondo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., la contribuente critica l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, “per non avere la CTR di Perugia esaminato e valutato se il termine di presentazione della dichiarazione di esecuzione dei lavori, non previsto né dalla legge 449/1997, né dal D.M. 41/1997 (ndr D.M. 41/1998), ma stabilito soltanto da due circolari dell’Agenzia delle Entrate e successivamente modificato da una Direttiva della Direzione Regionale dell’Umbria, fosse un termine sollecitatorio e non perentorio” (ric. p. 12).
1.3. – Con il terzo motivo d’impugnazione, che indica di proporre ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 97, comma secondo, Cost. e dell’art. 10 della legge n. 212 del 2000, laddove “la gravata sentenza privilegia l’aspetto formale rispetto a quello sostanziale di buon andamento e imparzialità della P.A. che, nei rapporti contribuente-fisco, deve essere improntato alla tutela della collaborazione e della buona fede” (ric. p. 17).
1.4. – Con il suo unico motivo di ricorso incidentale, la controricorrente Agenzia delle Entrate censura, a norma dell’art. 360, comma primo, n. 4, la violazione o falsa applicazione degli artt. 19, 20 e 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, atteso che “la CTR ha ritenuto ugualmente sindacabile il merito della pretesa erariale contestata dalla contribuente con l’istanza di rimborso, senza, al contrario, arrestarsi ad una pronuncia di rito di inammissibilità del ricorso per definitività, per mancata impugnativa nei termini di cui all’art. 20 D.Lgs. n. 546/1992, della comunicazione di irregolarità” (ric. incident. p.
2.4. – Per ragioni logiche e sistematiche conseguendo all’eventuale accoglimento del motivo di ricorso incidentale proposto dall’Agenzia la possibile immediata definizione del giudizio, appare necessario premettere l’esame di questo mezzo di impugnazione.
La controricorrente Agenzia delle Entrate, con il suo unico motivo di ricorso incidentale, deduce l’illegittimità della sentenza resa dal Giudice impugnato, “che non ha accolto, come avrebbe dovuto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso della contribuente articolato dall’Ufficio” (ric. incident. p. 6), atteso che la mancata impugnativa, da parte dell’odierna ricorrente, nel termine decadenziale di cui all’art. 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, decorrente della comunicazione di irregolarità (a cui sarebbe anche seguito il versamento della maggiore imposta liquidata), avrebbe sortito quale effetto la definitività della pretesa erariale, con conseguente inammissibilità di ogni successiva istanza di rimborso tesa alla ripetizione di quanto versato.
La doglianza si appalesa infondata, in quanto, in tema di contenzioso tributario, l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ma cionondimeno avente natura di atto impositivo, rappresenta una facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo.
Difatti, costituisce orientamento ormai consolidato e condivisibile della giurisprudenza di legittimità, cui s’intende, pertanto, assicurare continuità, il principio secondo cui l’impugnazione da parte del contribuente della comunicazione di irregolarità, trattandosi di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, è una facoltà volta ad estendere gli strumenti di tutela del contribuente e non un onere, con la conseguenza che, in mancanza di essa, la pretesa tributaria non si cristallizza e, pertanto, non è preclusa la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dalla predetta disposizione normativa (cfr. Cass. sez. V, sent. 11.05.2018, n. 11471; Cass. sez. VI-V, ord. 02.11.2017, n. 26129).
Per tali ragioni, il motivo di ricorso incidentale deve essere respinto.
2.1. – 2.2. – 2.3. – La ricorrente, con i suoi motivi di ricorso, introdotti in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, proponendo censure che possono essere trattate congiuntamente stante la loro stretta connessione, contesta la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale impugnata, innanzitutto, per aver ritenuto che la comunicazione relativa all’intervenuta esecuzione delle opere edili, ed al loro costo, di cui il contribuente è onerato ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. d), D.M. n. 41 del 1998, per potersi valere della parziale deducibilità (36%) degli oneri ai fini Irpef, fosse sottoposta ad un termine, invero non previsto dalla legge, e comunque per aver omesso di pronunciare sulla questione della natura decadenziale, o meramente sollecitatoria, del termine stesso. Inoltre, la CTR non ha tenuto alcun conto della completezza degli adempimenti cui ha provveduto la contribuente, ed ha trascurato completamente di valorizzarne la buona fede. Secondo la ricorrente, il legislatore non ha previsto il termine entro cui la dichiarazione di valore deve essere presentata a pena di decadenza, dettando invece prescrizioni diverse, ad esempio domandando la produzione dell’attestazione che sono stati eseguiti lavori di valore superiore a 51.645,69 Euro, redatta da un tecnico abilitato, prescrizioni tutte cui la ricorrente si è attenuta. In conseguenza, alla previsione di un termine entro cui provvedere alla comunicazione di esecuzione delle opere e dichiarazione di valore (peraltro successivamente abolita dal legislatore), indicato in propri atti dall’Amministrazione finanziaria, poteva attribuirsi soltanto la natura di un termine sollecitatorio, ma non di un termine di decadenza dall’accesso al beneficio.
Invero, l’art. 1, comma 1, lett. d), del D.M. n. 41 del 1998 prevede che il contribuente per potersi avvalere, nei limiti previsti, della deducibilità degli oneri sostenuti per interventi di ristrutturazione edilizia debba tra l’altro trasmettere, per i lavori il cui importo complessivo supera la somma di € 51.645,69, dichiarazione di esecuzione dei lavori con indicazione del loro costo, sottoscritta da un soggetto iscritto negli albi degli ingegneri, architetti e geometri ovvero da altro soggetto abilitato all’esecuzione degli stessi. L’art. 4 del D.M. dispone, poi, che la detrazione non è riconosciuta in caso di violazione di quanto previsto all’articolo 1, commi 1 e 2. Non può essere riconosciuta la deducibilità degli oneri, pertanto, se il contribuente non provvede a trasmettere la dichiarazione di (esecuzione e di) valore delle opere eseguite.
Non può sussistere dubbio invero, tenuto anche conto della natura periodica dell’Irpef, che un termine per la comunicazione deIla dichiarazione debba sussistere, non potendo l’Amministrazione finanziaria rimanere esposta per un periodo di tempo indeterminato alla scelta del contribuente circa quando fare valere la propria istanza di deduzione. Si osservi, ancora, come la legge preveda che l’Amministrazione finanziaria decade dalla possibilità di esercitare la propria funzione di controllo, allo scadere di termini brevi e tassativi, che non può pertanto lasciar decorrere in attesa delle scelte del contribuente.
L’Amministrazione finanziaria, con proprie circolari (nn. 57/1998 e 131/1998), ha indicato il termine utile per trasmettere la comunicazione in quello di scadenza per la presentazione della denuncia dei redditi relativa all’anno in cui le opere edili sono state eseguite. La scelta appare assolutamente condivisibile, perché è proprio mediante la dichiarazione dei redditi che il contribuente domanda di avvalersi del beneficio. Si osservi che, nel caso di specie, la contribuente ha domandato nella dichiarazione dei redditi di potersi avvalere del beneficio, a cui non aveva evidentemente diritto, perché non aveva ancora trasmesso la dichiarazione di valore, o comunque non era in grado di provare di averlo fatto, e pertanto la detrazione non poteva esserle riconosciuta, avendo l’odierna ricorrente violato il disposto di cui all’art. 4 del D.M. n. 41 del 1998. Proprio al fine di agevolare il contribuente, pertanto, l’Agenzia delle Entrate ha deliberato con proprie circolari di considerare tempestive le dichiarazioni di valore pervenute dal contribuente dopo aver inviato la dichiarazione dei redditi, ma prima della scadenza del termine utile per la sua presentazione, e la Direzione Regionale umbra dell’Ente impositore ha deliberato di riconoscere la deduzione anche se la dichiarazione fosse stata trasmessa dal contribuente successivamente (Dir. n. 12 del 9.10.2007), purché prima che fosse iniziata l’attività di controllo da parte dell’Ente impositore. L’odierna ricorrente, però, non ha rispettato neppure quest’ultimo termine, esibendo la dichiarazione quando i controlli eseguiti dall’Amministrazione finanziaria avevano pacificamente avuto inizio e si erano pure conclusi, e la ricorrente è perciò decaduta dalla possibilità di avvalersi del beneficio, non rilevando in questa ipotesi la invocata buona fede della contribuente, a fronte della sua manifestata negligenza.
Si osservi come questa Suprema Corte ha recentemente ribadito che ove un termine decadenziale non sia espressamente indicato dalla legge nella sua scadenza, questo non significa che la stessa non possa e debba essere individuato (Cass. sez. VI-V, 14.2.2019, n. 4331).
Anche il ricorso principale, pertanto, deve essere respinto.
La parziale novità, e comunque la complessità, delle questioni esaminate, induce a ritenere equo dichiarare interamente compensate tra le pari le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale proposto da B.M.M.T., e quello incidentale formulato dalla controricorrente Agenzia delle Entrate. Dispone la compensazione delle spese di lite del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.