CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 luglio 2022, n. 21937
Lavoro – Personale universitario in servizio presso strutture ospedaliere – Indennità perequativa ex art. 31, d.P.R. n. 761/1979 – Inclusione nella base di computo – Riliquidazione del TFS
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Roma ha accolto l’appello di A.C. e F.C., già dipendenti dell’Università La Sapienza di Roma – rispettivamente categoria EP2 area amministrativa gestionale e categoria D2 area tecnica amministrativa – entrambi strutturati ed in servizio presso l’Azienda Policlinico U. I, riconoscendo loro il diritto alla riliquidazione del trattamento di fine servizio includendo nella base di computo l’indennità perequativa ex art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 nella misura integrale, in conseguenza della sentenza della Corte cost. n. 126 del 1981, chiara nel senso di avere radicalmente ed incondizionatamente espunto dall’ordinamento la previsione di esclusione dell’indennità perequativa dalla contribuzione previdenziale ed assistenziale, per tutti i percettori, e non solo per il personale medico;
2. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’I.N.P.S. affidato ad unico motivo, cui resistono A.C. e F.C.;
5. i controricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. con l’unico motivo l’Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, nonché dell’art. 31 n. 761 del 1979, assumendo come canone interpretativo la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in materia di trattamento di fine servizio, la retribuzione contributiva utile è costituita solo dagli elementi testualmente menzionati dalla normativa previdenziale, la cui elencazione ha carattere tassativo, con conseguente esclusione dell’indennità prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, non contemplata dall’art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973;
2. il motivo è infondato, in conformità a precedente in termini di questa Corte (Cass. Sez. L, 30/09/2020, n. 20917), cui occorre dare continuità ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. Infatti, le censure dell’I.N.P.S. non colgono l’effettiva natura dell’emolumento in questione e, di conseguenza, erroneamente limitano al solo personale sanitario gli effetti della citata sentenza n. 126 del 1981 della Corte Costituzionale. Viceversa, come già affermato nel citato precedente, la stessa Corte costituzionale, con la successiva pronuncia n. 136 del 1997, valorizzando l’applicazione generalizzata dell’art. 31 a tutto il personale universitario che presta servizio presso strutture ospedaliere, ha escluso che l’indennità persegua la finalità di compensare l’attività assistenziale in senso stretto e ne ha posto in risalto la ratio perequativa, evidenziando che il legislatore ha perseguito l’obiettivo di evitare disparità di trattamento fra dipendenti che svolgono la medesima attività. Proprio la finalità perequativa è stata rimarcata anche dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 9279 del 2016, sviluppando il principio in precedenza affermato dalle stesse S.U. (Cass. Sez. U, n. 8521 del 2012) ed evincibile anche dalla motivazione della citata sentenza n. 126 del 1981 della Corte Costituzionale, nella parte in cui ha individuato la funzione dell’indennità nella «equiparazione economica fra sanitari ospedalieri e docenti universitari». Pertanto, il giudice delle leggi – cui era stata sottoposta la questione di legittimità dell’art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 – avvalendosi del potere di cui all’art. 27 della legge n. 87 del 1953 ha esteso la dichiarazione di illegittimità all’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 «nella parte in cui stabilisce che la indennità ivi preveduta, identica a quella già preveduta dall’art. 4 suddetto, non è utile a fini previdenziali ed assistenziali» e ciò ha fatto perché l’indennità, originariamente prevista per il personale docente dall’art. 4 della legge n. 213 del 1971 e per il personale non medico dall’art. 1 della legge 16 maggio 1974, n. 200, era stata poi disciplinata per entrambe le categorie dall’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 sullo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali. Di conseguenza, gli effetti di tale pronuncia non possono essere limitati al solo personale impegnato nell’attività assistenziale, sia per quanto si è già detto sulla natura dell’indennità, sia perché la disposizione si riferisce indifferentemente «al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura», secondo l’indirizzo già aperto dalle Sezioni Unite nella motivazione delle decisioni sopra citate, ove si sottolinea che l’indennità prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 è divenuta pensionabile a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 126 del 1981. In conclusione, «dall’intervento manipolativo del giudice delle leggi, che ha soppresso l’inciso “non utile ai fini previdenziali ed assistenziali”, discende l’applicabilità alla fattispecie del 2° comma dell’art. 38 d.P.R. n. 1032/1973, al quale l’art. 3 dello stesso d.P.R. rinvia, e, quindi, l’inclusione dell’indennità perequativa nella base di calcolo della buonuscita» (Cass. Sez. L, n. 20917 del 2020, cit.);
3. pertanto, il ricorso va respinto e, in applicazione della regola della soccombenza, l’ente ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
4. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’ente ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 200,00 euro per esborsi e 2.400,00 euro per compensi, oltre oneri come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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