CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 maggio 2018, n. 11435
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Parte priva di assistenza tecnica – Invito del giudice alla nomina di un difensore – Necessità – Omissione – Nullità relativa – Eccezione di parte – Pregiudizio al diritto di difesa – Necessità
Fatti di causa
C.M., medico ambulatoriale convenzionato con il Ssn cessato dal servizio il 22 febbraio 1992, propone ricorso per cassazione con cinque motivi nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che in sede di rinvio, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, gli ha negato il diritto al rimborso della parte dell’imposta che asseriva essere stata illegittimamente trattenuta sull’indennità di fine rapporto corrispostagli dall’ENPAM.
Il giudice d’appello anzitutto, accogliendo il rilievo dell’Ufficio, riteneva che la quantificazione, da parte del ricorrente, dell’importo richiesto a rimborso – indicazione mancata nella specie -, e quindi del valore della lite, costituiva elemento essenziale per stabilire se il contribuente poteva sottoscrivere personalmente il ricorso, come avvenuto, ovvero se era necessaria l’assistenza di un difensore a norma dell’art. 18 del d.lgs. n. 546 del 1992, il cui disposto era applicabile anche nel periodo transitorio – come nella specie – regolato dal successivo art. 79; l’assistenza tecnica era infatti obbligatoria per le controversie di valore superiore ai cinque milioni di lire, e l’inosservanza dell’ordine del giudice di dotarsi di un difensore tecnico comportava violazione del diritto di difesa e nullità del procedimento e della sentenza emessa all’esito dello stesso. Concludeva sul punto osservando che ciò assumeva rilevanza nel presente giudizio “in considerazione del fatto che la somma di cui si chiede il rimborso è di lire 11.166.967”.
La Commissione regionale in secondo luogo rilevava che per poter applicare i criteri fissati dall’art. 17, comma 2, del tuir, con la possibilità dello scorporo di una quota massima del 4% della parte dei contributi a carico del lavoratore era necessario acquisire certificazione, in originale, relativa alle ritenute d’acconto, certificazione che nella specie non risultava presentata neppure in appello.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di mera costituzione.
Ragioni della decisione
Col primo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione delle norme processuali dettate dagli artt. 59 e 79 del d.lgs. n. 546 del 1992 in quanto accogliendo l’appello dell’ufficio e l’eccezione ivi contenuta relativa alla mancata nomina di un difensore tecnico nel corso del giudizio di primo grado, ha dichiarato la nullità del procedimento stesso e della sentenza emessa all’esito di esso, omettendo di disporre, invece, la rimessione della stessa causa dinanzi a quel giudice, perché provvedesse ad ordinare ad essa parte privata di munirsi dell’assistenza tecnica; con il secondo motivo, denunciando la violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, censura la sentenza per aver accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, relativa alla mancata nomina del difensore tecnico nel corso del giudizio di primo grado, benché dedotta per la prima volta solo in appello.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento dell’esame del secondo motivo.
Questa Corte ha infatti chiarito come “nel processo tributario, l’omissione da parte del giudice adito nelle controversie di valore superiore a 2.582,28 euro, ovvero in quelle assoggettate al regime transitorio di cui all’art. 79, secondo comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – come è nel caso di specie – dell’ordine, alla parte privata che ne sia priva, di munirsi di difensore ai sensi dell’art. 12, comma 5, del citato decreto, dà luogo ad una nullità, che si riflette sulla sentenza, di natura non assoluta (non attinendo alla costituzione del contraddittorio) bensì relativa, la quale, pertanto, non essendo rilevabile d’ufficio, può eccepirsi, in sede di gravame, ex art. 157 cod. proc. civ., soltanto dalla parte m cui sia stato leso il diritto all’adeguata assistenza tecnica” (Cass. n. 839 del 2014): “la disposizione va interpretata, in una prospettiva costituzionalmente orientata, in linea con l’esigenza di assicurare l’effettività del diritto di difesa nel processo e l’adeguata tutela contro gli atti della P.A., evitando nel contempo irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare; inoltre, il difetto di assistenza tecnica, a differenza di quanto avviene nel processo civile, non si traduce in difetto di rappresentanza processuale, in quanto l’incarico al difensore, a norma dell’art. 12, comma terzo, del d.lgs. n. 546 del 1992, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà luogo, perciò, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio” (Cass. n. 3266 del 2012).
Con il terzo motivo, denunciando la violazione degli artt. 22, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, 2712 e 2719 cod. civ., censura la sentenza perché, a fronte della produzione in copia fotostatica dei documenti su cui era fondata la pretesa fatta valere in giudizio dal ricorrente, non ne avrebbe riconosciuto la validità probatoria, omettendo di censurare l’omesso riscontro d’ufficio da parte dell’amministrazione dei dati già in possesso dello stesso ufficio, e sostenendo inoltre la necessità dell’acquisizione in originale dei documenti prodotti in copia nonostante la mancanza dell’espresso disconoscimento, ad opera della controparte, della veridicità e della rispondenza delle dette copie agli originali; con il quarto motivo, in caso non sia ravvisata la violazione di legge di cui al precedente motivo, denuncia vizio di insufficiente motivazione in ordine alla omessa valutazione delle certificazioni prodotte in copia, nonché in ordine alla loro ritenuta inidoneità; con il quinto motivo denuncia vizio di insufficiente motivazione con riguardo alla omessa argomentazione da parte dei giudici a quibus della decisione di accogliere la richiesta dell’ufficio di applicare il comma 2 dell’art. 17 del tuir in luogo del comma 1 dello stesso articolo, così come correttamente e con esplicita motivazione stabilito dalla sentenza di primo grado.
Il terzo motivo è fondato, con assorbimento dell’esame dei motivi quarto e quinto.
Nel processo tributario, come affermato da questa Corte, “ai sensi dell’art. 22, comma 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce modalità idonea per introdurre la prova nel processo, atteso che, ai sensi dell’art. 2712 cod. civ., è onere dell’Amministrazione finanziaria contestarne la conformità all’originale, in presenza della quale il giudice è tenuto a disporre la produzione del documento in originale ex art. 22, comma 5, del d.lgs. n. 546 cit.” (Cass. n. 8446 del 2015, n. 22770 del 2006).
In conclusione, il primo motivo deve essere accolto, con assorbimento del secondo motivo, e del pari deve essere accolto il terzo motivo, con assorbimento dell’esame del quarto e del quinto motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in differente composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso, assorbito l’esame del secondo motivo e dei motivi quarto e quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale in differente composizione.
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