CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 maggio 2018, n. 11445
Tributi – ICI – Determinazione della base imponibile – Criteri – Quotazioni OMI – Rilevanza – Limiti
Fatti di causa
Il Comune di Castelnuovo Rangone rettificava il valore di un’area edificabile, notificando tre avvisi di accertamento per ICI, anni di imposta 2002, 2003 e 2004, alla società A. S.r.l., che venivano impugnati dalla contribuente innanzi alla CTP di Modena per violazione dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992 e per difetto di motivazione. La CTP respingeva il ricorso. La sentenza veniva appellata innanzi alla CTR dell’Emilia Romagna che, con sentenza n. 100/12/10, accoglieva parzialmente l’appello, con riferimento al valore da applicare negli anni 2002 e 2003 per l’intera area e per l’anno 2004 – limitatamente alla parte dell’area non venduta, stabilendo determinazione di tale valore e riferendo le relative sanzioni valori suddetti. Propone ricorso per la cassazione della sentenza il Comune di Castelnuovo Rangone, svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie. La società A. S.r.l. si è difesa con controricorso, spiegando ricorso incidentale, affidandolo ad un solo motivo. Il Comune di Castelnuovo Rangone si è difeso proponendo controricorso al ricorso incidentale della società contribuente.
1. Con il primo motivo di ricorso principale, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che la CTR si sarebbe sostituita al legislatore, richiedendo al Comune l’indicazione nell’atto impositivo, di cui sostiene difetto di motivazione, di un procedimento logico- giuridico che non troverebbe riscontro in nessuna disposizione di legge. La sentenza impugnata sarebbe, pertanto, errata, laddove, ai fini della determinazione del valore dell’area, non indicherebbe quale tra i valori massimi OVI dovrebbe essere preso in considerazione, atteso che il documento prevede diverse fasce, suddivise in zone, ognuna delle quali espone un valore minimo ed un valore massimo. La CTR non chiarirebbe quale, tra le diverse zone prese in considerazione, deve essere considerata nel caso di specie al fine di individuare l’esatto valore venale dell’area ex art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504 del 1992.
2. Con il secondo motivo di ricorso principale, si censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che i giudici di appello sarebbero pervenuti alla decisione utilizzando un documento mai prodotto dalle parti, quali i valori OVI per l’anno 2002, non rinvenibile all’interno del fascicolo processuale. La decisione impugnata, pertanto, si baserebbe su tali valori non solo mai inseriti nel fascicolo processuale ma inesistenti, posto che per il Comune di Castelnuovo Rangone non esisterebbe alcuna stima dell’Osservatorio Valori Immobiliari.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., posto che, nell’ipotesi in cui la censura illustrata nel precedente motivo dovesse essere disattesa, va rilevata l’erroneità e la contraddizione della decisione, che rimetterebbe la quantificazione della base imponibile ad un documento (valori OVI per il 2002) inesistente.
4. Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., risultando assolutamente incomprensibile, nonché inconferente, la statuizione della CTR secondo la quale “per l’area di mq. 937 nel 2004 il valore è quello indicato nel rogito per notar Vezzi in data 11 novembre 2003, n. 16960 di rep.” ossia euro 580,00 circa al mq., valore che non poteva essere applicato a nessuna area di mq. 937, posto che in quel periodo di imposta la porzione non era di proprietà del contribuente e che, correttamente, non aveva costituito oggetto di alcun accertamento né oggetto di controversia innanzi a giudice tributario. Ne consegue l’illegittima ed errata riduzione delle sanzioni, in quanto parametrate dalla CTR ai valori erroneamente rideterminati.
5. La società A. S.r.l. ha proposto ricorso incidentale, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Rilevando l’errore della sentenza impugnata nella parte in cui afferma che “la mancata deliberazione annuale di valori delle aree edifica bili ai fini ICI da parte del Comune non è, di per sé sola, elemento di incertezza tale da considerarlo esimente ex art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”. Con il quarto motivo di appello la società A. S.r.l. aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni deducendo la violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992.La società contribuente lamenta che, essendo sprovvista di qualsivoglia parametro predeterminato di valutazione in merito alla contezza dell’esatto valore al mq da attribuire all’area in contestazione, si è trovata nella situazione di impossibilità di pervenire ad uno stato di esatta conoscenza del valore che, a distanza di anni, l’ente locale avrebbe attribuito all’area stessa, in ragione del fatto che il Comune avrebbe omesso di avvalersi della facoltà riconosciuta dall’art. 59, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 446 del 1997.
6. I primi tre motivi del ricorso principale, per ragioni di connessione logica, vanno trattati congiuntamente. Le censure sono infondate per le seguenti considerazioni:
a) L’art. 5 d.lgs. n. 504 del 1992 che, nel dettare i criteri per la determinazione della base imponibile ICI, con riferimento alle aree fabbricabili, come nel caso di specie, stabilisce che: “Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al primo gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”. La disciplina relativa alla “Potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili”, è poi fissata dall’art. 59, d.lgs. n. 446 del 1997, che facoltizza i Comuni, mediante regolamento adottato a norma dell’articolo 52, la possibilità (possono) di “g) determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di contenzioso”.
b) I criteri normativamente determinati dall’art. 5, cit., devono considerarsi tassativi, pertanto il giudice del merito, investito della questione del valore attribuito ad un’area fabbricabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza, tenuto conto dell’anno di imposizione, ai predetti parametri, con una valutazione incensurabile in sede di legittimità, qualora congrua- mente motivata (Cass. n. 13567 del 2017; Cass. n. 14385 del 2010). Tuttavia tali parametri non possono peraltro ritenersi esclusivi od esaustivi, poiché altri possono in via alternativa essere applicati, purché adeguati ed idonei alla individuazione del valore commerciale”. (Cass. n. 14148 del 2003, in motivazione). In particolare, si è anche detto che: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del valore imponibile è necessario che la misura del valore venale in comune commercio sia ricavata in base ai parametri vincolanti e tassativi previsti dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 504 (che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche) solo laddove si debba pervenire al calcolo del valore venale in comune commercio in mancanza di un valore direttamente riferibile al terreno oggetto di stima; diversamente nel caso in cui il valore del terreno, e quindi il suo prezzo, sia già assegnato, perché posto in vendita, il valore fissato a quel terreno, considerato congruo o rettificato con avviso di accertamento divenuto definitivo, ne rappresenta il valore venale in comune commercio, sicché la valutazione del giudice del merito che, investito della questione del valore attribuito ad un’area fabbricabile, assuma come parametro oggettivo di riferimento il prezzo dichiarato di acquisto dell’area fabbricabile, motivi congruamente le ragioni per le quali lo tesso debba considerarsi corretto, è incensurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 14118 del 2017).
c) Ciò premesso, ne consegue che il giudice del merito, ai fini della valutazione della congruità della stima, può tenere conto di altri elementi, come anche la stima dell’Osservatorio Valori Immobiliari, essendo però obbligato ad illustrare adeguata- mente il criterio logico seguito per giungere al proprio convincimento. La CTR, con la sentenza impugnata, ha fatto buon governo dei principi espressi, utilizzando come parametro di riferimento le tabelle OVI, solo al fine di rilevare la sproporzione tra i predetti valori “anche massimi” e quelli utilizzati negli avvisi di accertamento. Le quotazioni OVI, risultanti dal sito WEB dell’Agenzia delle entrate, sono listini di generale disponibilità (Cass. n. 14027 del 2012), che non costituiscono fonte tipica di prova, ma uno strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, nonché quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, idonee solo a condurre indicazioni di valori di larga massima. Pertanto, esse non possono costituire un criterio di stima, trattandosi di presunzioni semplici, inidonee a sorreggere da sole la pretesa impositiva (Cass. n. 20089 del 2017, Cass. n. 18651 del 2016, in tema di valori OMI), posto che l’accertamento di valore non può essere desunto solo dalle quotazioni OVI, potendo variare in funzione dei parametri individuati dalla legge, come sopra ampiamente illustrati.
d) La sentenza impugnata non merita censura, avendo il giudice del merito correttamente applicato le disposizioni che si assumono violate, dando atto in motivazione che un incremento negli anni di valore del 60-70%, come indicato negli avvisi di accertamento non appariva compensibile con riferimento agli anni 2002 e 2003, mentre con riferimento all’anno 2004 poteva essere apprezzato, in ragione del valore di vendita di una parte dell’area come attribuito nell’atto notarile dalle parti. Il giudicante ha tenuto conto delle modificazioni urbanistiche del territorio, dando atto in motivazione dei cambiamenti avvenuti nel gennaio 2004 nella frazione di comparto, divenuta di completamento, la quale avrebbe condizionato l’incremento di valore dei terreni vicini. I giudici di appello hanno pertanto, sia pure sinteticamente, illustrato le ragioni per quali non hanno ritenuto condivisibile la valutazione dei beni effettuata dall’Agenzia delle entrate, tenendo conto anche dei dati OVI, rinvenibili sul sito WEB dell’Agenzia, comparati con i parametri legislativamente determinati dall’art. 5 d.lgs. n. 504 del 1992.
7. L’unico motivo di ricorso incidentale va esaminato congiuntamente, per connessione logica, con il quarto motivo di ricorso principale.
La società A. S.r.l. denuncia una situazione di incertezza normativa conseguente al fatto che l’ente impositore non avrebbe provveduto a determinare il valore venale in comune commercio delle aree fabbricabili, in applicazione dei criteri di cui all’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992. Per tale ragione censura la sentenza impugnata nella parte in cui affermerebbe che: ” la mancata deliberazione annuale di valori delle aree edificabili ai fini ICI da parte del Comune non è, di per se sola, elemento di incertezza tale da considerarlo esimente ex art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 346″.
7.1. La doglianza è fondata, alla luce dell’indirizzo espresso da questa Corte, secondo cui: “In tema di ICI, la mancata adozione del regolamento di cui all’art. 59 del d.lgs. n. 446 del 1997, con cui il Comune può determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali delle aree fabbricabili, comporta che il contribuente può operare una mera previsione per individuare il valore al metro quadro dei beni e, dunque, in caso di errore, pur dovendo uniformarsi all’accertamento dell’ente impositore, non sarà assoggettabile alle corrispondenti sanzioni amministrative, difettando nella sua condotta l’elemento psicologico richiesto dall’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997” (Cass. n. 26077 del 2015; Cass. n. 20872 del 2010).
7.2. All’accoglimento del ricorso incidentale consegue il rigetto del quarto motivo di ricorso principale.
8. In ragione dei rilievi espressi, va rigettato il ricorso principale, accolto il ricorso incidentale, cassata la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e, per l’effetto, annullate le relative sanzioni. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale e, per l’effetto, annulla le sanzioni irrogate con gli avvisi di accertamento impugnati. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2900,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
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