CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 maggio 2018, n. 11471

Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Atti impugnabili – Diffida di pagamento – Facoltà – Mancata impugnazione – Conseguenze

Fatti rilevanti e ragioni della decisione

1. La Fondazione M.T. propone sette motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 26/08/12 del 12 aprile 2012, con la quale la commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in rigetto dell’appello, ha ritenuto inammissibile il ricorso da essa introdotto avverso la cartella di pagamento notificatale – per TIA 2007 – dall’agente per la riscossione, nell’interesse di A.S. S.p.A. e del Comune di Zoppola (PN).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che tale cartella potesse essere impugnata solo per vizi propri, e non per aspetti concernenti la pretesa impositiva; in quanto preceduta da diffida di pagamento (facente a sua volta richiamo a fattura di determinazione del dovuto) regolarmente notificata alla Fondazione, ma da quest’ultima non impugnata.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla A.S. spa e dal Comune di Zoppola.

2.1 Con il primo motivo di ricorso la Fondazione lamenta – ex art. 360, 1° co. n. 5 cod.proc.civ. – omessa o insufficiente motivazione; nonché erronea valutazione delle risultanze istruttorie. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto preclusa l’impugnazione della cartella per mancata pregressa impugnazione di un atto – la fattura TIA dì pagamento – da essa mai ricevuto.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1° co. nn. 3 e 4 cod.proc.civ. – violazione degli articoli 2697 codice civile e 115 segg.cpc..

Per avere la commissione tributaria regionale omesso di considerare che la controparte non aveva fornito alcuna prova in ordine alla effettiva comunicazione della fattura in questione.

2.2 Questi due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte – non possono trovare accoglimento, risultando finanche inammissibili là dove non colgono l’esatta ratio deciderteli della commissione tributaria regionale. Secondo la quale la preclusione all’impugnazione della cartella (se non per vizi suoi propri) derivava, nella specie, dalla mancata pregressa impugnazione – non già della fattura – bensì della diffida di pagamento successivamente inviata. Atto, quest’ultimo, della cui regolare notificazione la commissione tributaria regionale dà puntualmente conto in sentenza; con conseguente ritenuta irrilevanza di ogni altra questione concernente l’effettiva comunicazione-notificazione altresì della fattura.

3.1 Con il terzo e quarto motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 19 e 62 d.lgs. 546/92. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto preclusa l’impugnazione della cartella per mancata pregressa impugnazione della diffida di pagamento, nonostante che quest’ultima non fosse atto autonomamente impugnabile, perché non ricompreso nell’elenco tassativo di cui all’articolo 19 cit.; e si trattasse, comunque, di atto privo di contenuto impositivo.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1° co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 3 I. 241/90 e 6-7 legge 212/00; nonché contraddittorietà della motivazione. Per non avere la commissione tributaria regionale considerato che la diffida di pagamento non poteva ritenersi atto impositivo autonomamente impugnabile, perché priva di qualsivoglia indicazione in ordine ai presupposti della pretesa.

Con il sesto motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1° co. n. 5 cod.proc.civ. – contraddittorietà della motivazione.

Per non avere la commissione tributaria regionale chiaramente esplicitato quale fosse l’atto impositivo di accertamento la cui mancata impugnazione avrebbe precluso l’impugnazione della cartella se non per vizi propri (diffida di pagamento; ovvero fattura; ovvero, insieme di diffida e fattura).

3.2 Questi motivi di ricorso, anch’essi meritevoli di trattazione congiunta, devono trovare parziale accoglimento nei termini che seguono.

Va considerato che la commissione tributaria regionale – come detto – ha individuato il prodromico atto impositivo necessitante di impugnazione nella “diffida di pagamento in precedenza notificata all’appellante dalla A.S. spa per conto del Comune di Zoppola”) atto che la commissione tributaria regionale ha ritenuto “autonomamente impugnabile, come tale ricompreso tra gli atti di cui all’articolo 19 d.lgs. 546/92 che possono essere impugnati davanti alle commissioni tributarie”.

Questa affermazione se, da un lato, denota l’infondatezza del sesto motivo di ricorso (risultando tale ragione decisoria, non contraddittoria o confusa ma, al contrario, del tutto chiara ed univoca) manifesta, dall’altro, l’errore di diritto nel quale la commissione tributaria regionale è incorsa.

La diffida di pagamento in questione – anche definita in sentenza quale ‘invito al pagamentò – non rientrava nell’elenco tassativo degli atti impugnabili avanti al giudice tributario così come previsti nell’elenco di cui all’articolo 19 d.lgs. 546/92.

Se è vero che tale circostanza non ne impediva comunque l’impugnazione, in quanto estrinsecazione sostanziale della pretesa impositiva in tutti i suoi elementi essenziali, altrettanto indubbio è che tale impugnazione costituiva una ‘facoltà’, e non (diversamente da quanto enunciato dal giudice di appello) un ‘onere’ per la contribuente; con la conseguenza che l’opzione per la mancata autonoma impugnazione non comportava, a carico di quest’ultima, la ravvisata decadenza o preclusione.

Questa, infatti, aveva facoltà di attendere che la pretesa in questione le venisse inoltrata attraverso uno degli atti ‘tipici’ di cui all’art. 19 cit. (segnatamente, un avviso di accertamento relativo ai presupposti dell’imposizione Tarsu/Tia emersi in assenza di dichiarazione iniziale della contribuente, ovvero in difformità da quest’ultima); oppure, alternativamente, di impugnare la cartella che le venisse notificata senza pregressa notificazione di altro atto.

Evenienza, quest’ultima, che si è appunto verificata; con la conseguenza che l’impugnazione della cartella qui proposta dalla Fondazione non poteva ritenersi limitata ai vizi propri della cartella stessa, bensì estesa anche al fondamento della pretesa impositiva.

Si è affermato più volte che “in tema di contenzioso tributario, l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale, tuttavia, abbia natura di atto impositivo (nella specie, le fatture TIA), è una facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione dell’atto successivo (nella specie, la cartella di pagamento)” (Cass. ord. 14675/16). Ancorché tale pronuncia si riferisse a fattispecie di pregressa notificazione di fattura, e non di diffida di pagamento, il principio da essa affermato si attaglia altresì alla fattispecie qui in esame; appunto connotata dalla mancanza di un atto impositivo rientrante nel novero di quelli autonomamente impugnabili ex articolo 19 cit.. Con la conseguenza che, omessa l’impugnazione della diffida, non era alla Fondazione preclusa l’impugnazione – nel merito – della cartella successivamente emessa, e costituente ‘primo’ atto tipico di imposizione.

Ha osservato Cass. 2616/15 che: “in tema di contenzioso tributario, l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, tuttavia, sia espressivo di una pretesa tributaria ormai definita (nella specie, atto recante intimazione di pagamento) è una facoltà e non un onere, costituendo un’estensione della tutela, sicché la sua omissione non determina la cristallizzazione della pretesa tributaria, né preclude la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dall’art. 19” (in termini, anche Cass. ord. 26129/17 ed altre).

4.1 Con il settimo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1^ co. nn. 3 e 4 cod.proc.civ. – violazione degli articoli 112 e 324 cod.proc.civ., nonché contraddittorietà della motivazione. Per avere la commissione tributaria regionale riformato la sentenza di primo grado affermando l’inammissibilità del ricorso introduttivo, nonostante che tale ammissibilità fosse stata ravvisata dal primo Giudice (entrato nel merito della controversia) con statuizione non fatta oggetto ex adverso di appello incidentale.

4.2 Il motivo è destituito di fondamento.

Va infatti considerato che la commissione tributaria regionale – pur parzialmente riformando la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rigettato il ricorso introduttivo, invece di dichiararlo inammissibile – l’aveva confermata nella parte fondamentale in cui il primo giudice aveva comunque anch’egli ribadito l’inaccoglibilità dell’opposizione alla cartella per la mancata pregressa impugnazione della diffida di pagamento (così come riportato nel ricorso per cassazione, pag.3). In sostanza, la statuizione della CTR – ancorché errata in diritto per le già indicate ragioni – si poneva sostanzialmente in linea con quanto già ritenuto dal primo giudice; con conseguente insussistenza della preclusione da giudicato interno paventata dalla ricorrente.

5. In definitiva, il ricorso va accolto nei limiti indicati.

La sentenza impugnata va conseguentemente cassata in relazione alle censure accolte; con rinvio alla CTR del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione la quale, ferma l’ammissibilità dell’impugnazione contro la cartella proposta dalla Fondazione N.T., valuterà nel merito i motivi di opposizione da quest’ultima dedotti. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il 3^, 4^, 5^ e 6^ motivo di ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione.