CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 maggio 2020, n. 8716
Tributi – TARSU – Delibera della giunta comunale – Istituzione di ulteriore categoria con apposita tariffa per strutture ricettivo-alberghiere – Illegittimità
Fatto
La società P.P. S.a.s impugnò, con ricorso notificato in data 29/12/2009, la cartella di pagamento n. 05920090036338461, notificata in data 23/10/2009, con cui il Comune di Ugento aveva richiesto il pagamento della somma di euro 7.571 per TARSU relativa all’anno 2008.
In particolare, la società si lamentava del fatto che, sebbene il regolamento comunale avesse accorpato nell’unica categoria “C” i locali e le aree adibiti a civile abitazione, ad attività ricettivo-alberghiere, a collegi, case di vacanze e convivenze, sulla base dell’art. 68 del d.lgs. n. 507 del 1993, la giunta comunale, con propria delibera, aveva creato una ulteriore categoria, con una apposita tariffa a metro quadro di superficie occupata.
La società contribuente, pertanto, chiese la disapplicazione della delibera di giunta e l’annullamento della cartella per violazione delle disposizioni del regolamento.
La CTP accolse il ricorso della società.
La CTR della Puglia – sede di Lecce, adita su appello del Comune, confermò la sentenza di prime cure.
Il Comune ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR sulla base di un solo motivo.
Resiste la società con controricorso.
Diritto
1. Con l’unico, complesso motivo di ricorso, il Comune di Ugento ha censurato la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 68 del d.lgs. n. 507 del 1993.
In sostanza, l’ente locale ha dedotto che la delibera di giunta, che ha differenziato, a fini impositivi, con riferimento alla TARSU, gli alberghi dalle civili abitazioni, si porrebbe quale fonte idonea a modificare il precedente regolamento comunale; ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale, anche di questa Corte, che ritiene legittima la differenziazione delle tariffe della TARSU applicate agli immobili adibiti ad esercizi alberghieri da quelle applicate agli immobili adibiti a civili abitazioni; ha rilevato che, anzi, proprio un’eventuale mancanza di differenziazione del carico tributario tra i due tipi di immobili esporrebbe a un giudizio di irragionevolezza il criterio di imposizione della Tarsu.
2. Il ricorso è infondato.
2.1. L’art. 68, comma 1, lett, a), del d.lgs. n. 507 del 1993, dispone che “per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria”.
Il comma 2 dell’articolo citato dispone: “L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari; b) complessi commerciali all’ingrosso o con superfici espositive, nonché aree ricreativo-turistiche, quali campeggi, stabilimenti balneari, ed analoghi complessi attrezzati; c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri…”. Dunque, la fonte normativa statale demanda al comune l’adozione di un regolamento che, in materia di TARSU, contenga una classificazione degli immobili per gruppi (e, eventualmente, sottogruppi) omogenei, in base alla loro attitudine a produrre rifiuti e, dunque, ad incidere sui costi del servizio.
Tale classificazione costituisce la base per differenziare le tariffe tra le varie categorie o sottocategorie di immobili, previste nel regolamento e presenti sul territorio comunale.
A sua volta, l’art. 42 del testo unico sugli enti locali, approvato con d.lgs. n. 267 del 2000, con riferimento alle attribuzioni del consiglio comunale, prevede, al comma 2, lett. f), che il consiglio ha competenza limitatamente a determinati atti fondamentali, tra cui (lettera f) vi sono l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote.
Non vi è dubbio che la classificazione degli immobili al fine di differenziare i parametri tariffari per l’applicazione della Tarsu rientra nella nozione di “ordinamento dei tributi”.
Sicché la giunta può concretamente determinare le tariffe da applicare agli immobili sulla base della categoria alla quale essi appartengono in virtù della classificazione operata dal regolamento comunale adottato dal consiglio; ma non può operare essa stessa tale classificazione o modificare la classificazione contenuta nel regolamento del consiglio, perché invaderebbe un campo di competenza di un altro ergano, in violazione dell’ordine delle competenze stabilite per legge.
Questa Corte, peraltro, ha avuto modo di stabilire che “in tema di TARSU, ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 267 del 2000, spetta al Consiglio comunale l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, oltre alla disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e di servizi, mentre è di competenza della Giunta la determinazione delle relative aliquote” (Cass. n. 22532/2017; per la competenza della giunta in merito alla determinazione delle tariffe, nella vigenza della legge n. 142 del 1990, v. Cass. n. 8336/2015; v. anche Cass. n. 28675/2018).
Di converso, l’affermazione, costante nella giurisprudenza della Suprema Corte, che, “in tema di TARSU, è legittima la delibera comunale che preveda una tariffa per la categoria degli esercizi alberghieri notevolmente superiore a quella applicata alle civili abitazioni, in quanto costituisce un dato di comune esperienza la maggiore capacità produttiva di rifiuti propria di tali esercizi” lascia impregiudicato il profilo di giudizio, specificamente affrontato nella presente causa, relativo al rispetto dell’ordine legale delle competenze tra il consiglio e la giunta, nei Comuni situati in Regioni a statuto ordinario, con riferimento alla classificazione degli immobili tassabili ai fini TARSU e alla determinazione del concreto trattamento tariffario (cfr. anche Cass. n. 913/2016, che ha ritenuto legittima l’applicazione, con riferimento agli alberghi, di un regime tariffario differenziato e più oneroso per il contribuente rispetto a quello previsto per le civili abitazioni, affermando, parimenti, come legittima, da parte della giunta del Comune di Palermo, nell’ambito dell’ordinamento a statuto speciale della Regione Sicilia, la concreta determinazione tariffaria).
Il Collegio non ignora che, con ordinanza n. 938 del 2019, questa sezione è andata di contrario avviso, ritenendo che, anche in assenza di una diversa classificazione, da parte del regolamento consiliare, delle civili abitazioni rispetto agli esercizi alberghieri, la giunta potesse fissare aliquote diverse, ai fini TARSU, in relazione alle une e agli altri.
Tuttavia, si deve notare che tale orientamento è stato espresso in relazione all’art. 32, comma 2, lett. g, della legge n. 142 del 1990, e non in relazione all’art. 42, comma 2, lett. f) del d.lgs. n. 267 del 2000, applicabile ratione ternporis nella presente causa.
In particolare, con la espressa menzione dell’esclusione dalla competenza del consiglio comunale del potere di determinazione delle aliquote, il nuovo testo unico degli enti locali ha voluto precisare che al consiglio comunale, che è l’organo elettivo dell’ente locale, e dunque direttamente rappresentativo della comunità locale, spetta la definizione dei criteri generali e degli indirizzi di principio relativi alla tassazione degli immobili che si trovano sul territorio (criteri tra i quali rientra l’eventuale distinzione o meno, ai fini del trattamento fiscale, degli immobili indicati nell’art. 68, comma 2, lett. c del d.lgs. n. 507 del 1993, accomunati dalla caratteristica di essere destinati lato sensu all’uso abitativo), fermo restando che la concreta determinazione dei parametri per la quantificazione dell’onere tributario spetta alla giunta, organo tecnico-esecutivo.
2.2 Orbene, è pacifico tra le parti che il regolamento approvato dal consiglio comunale di Ugento in tema di TARSU non distingue, ai fini della determinazione delle tariffe, le civili abitazioni dagli alberghi, limitandosi a riproporre pedissequamente la previsione di legge e ad accorpare i relativi immobili in un’unica complessiva categoria fondata sull’uso lato sensu abitativo delle aree e dei locali che vi rientrano.
Ne consegue che la giunta poteva sì concretamente determinare o rideterminare le tariffe, ma non poteva motu proprio, senza invadere le attribuzioni di competenza consiliare e senza che il consiglio comunale modificasse previamente il regolamento della TARSU, creare, tra gli immobili adibiti ad uso lato sensu abitativo, ulteriori sottocategorie ai fini della determinazione e dell’applicazione di tariffe differenziate.
Opinare diversamente e ritenere che, di fronte ad un regolamento consiliare riproduttivo della norma primaria, la giunta possa essa stessa classificare gli immobili, ai fini della successiva differenziazione del trattamento tributario degli stessi, significherebbe, di fatto, accedere ad una interpretatio abrogans delle competenze consiliari stabilite nell’art. 42, comma 2, lett. f) del d.lgs. n. 267 del 2000, tra le quali rientra il potere di raggruppare gli immobili comunali in distinte categorie tipologiche, ed eventualmente anche in sottocategorie, per poi consentire alla giunta di determinare, per ciascuna di esse, il concreto trattamento tributario ai fini TARSU.
La sentenza impugnata, pertanto, ha legittimamente disapplicato, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, la delibera di giunta in quanto adottata in violazione dei criteri contenuti nel regolamento del consiglio, decidendo la controversia coerentemente con tale disapplicazione.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il Comune di Ugento al pagamento, in favore della società contribuente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro duemiladuecentosessanta per onorari, oltre al rimborso delle spese generali, iva e epa come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 marzo 2021, n. 7188 - La concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione dei beni e servizi è di competenza della giunta e non del consiglio comunale poiché il riferimento letterale alla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 giugno 2021, n. 16681 - In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la delibera con cui la giunta municipale provvede, ai sensi dell'art. 52 della legge n. 446 del 1997, ad indicare i valori di riferimento delle…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 dicembre 2020, n. 29906 - La delibera con cui la giunta municipale provvede, ai sensi dell'art. 52 della legge n. 446 del 1997, ad indicare i valori di riferimento delle aree edificabili, come individuati dall'ufficio…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 maggio 2020, n. 8718 - La giunta può determinare o rideterminare le tariffe, ma non può, senza invadere le attribuzioni di competenza consiliare e senza che il consiglio comunale modificasse previamente il regolamento…
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- Corte di Cassazione, sentenza n. 23587 depositata il 2 agosto 2023 - In tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all'art. 110, comma 7, t.u.i.r., finalizzata alla repressione del fenomeno economico del "transfer pricing",…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…