CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 marzo 2019, n. 6946
Costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Figlia di dipendente inabile al lavoro per causa di servizio Diritto all’assunzione – Contratto collettivo – Interpretazione
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 220/2015, pubblicata il 26 febbraio 2015, la Corte di appello di Salerno ha confermato – salvo che nel regolamento delle spese di lite, di cui ha disposto l’integrale compensazione – la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale della medesima sede aveva respinto la domanda di E.V. diretta a ottenere, nei confronti di A. S.p.A., ex art. 12 C.C.N.L. 2002/2005, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto di essere figlia di dipendente dichiarato totalmente e in modo permanente inabile al lavoro per causa di servizio.
2. La Corte ha osservato come la norma collettiva dovesse essere interpretata nel senso che il beneficio possa operare esclusivamente in caso di cessazione del rapporto di lavoro del dipendente, oltre che per decesso, per sopravvenuta inabilità totale e permanente che non consenta la prosecuzione del rapporto stesso e che, pertanto, esso non possa trovare riconoscimento nel caso in cui – come nella specie – il dipendente sia stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età; né – ha precisato ancora il giudice di appello – poteva rilevare la precedente domanda di pensionamento del V. perché volta semplicemente a ottenere il collocamento a riposo in quanto “non idoneo” e non già espressamente volta all’attivazione della procedura per l’accertamento della causa di servizio, accertamento che peraltro risultava anche compiuto da organo incompetente.
3. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la V. con unico motivo.
4. A. S.p.A. ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale, anch’esso affidato ad unico motivo.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso principale viene dedotto il vizio di cui all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 1362 ss. cod. civ. e 71 D.P.R. n. 3/1957, nonché con riferimento all’art. 12, comma 6, C.C.N.L. ANAS 2002/2005: a) per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso l’operatività della disposizione collettiva, sul rilievo che il padre della ricorrente era stato posto in quiescenza per sopraggiunti limiti di età, senza considerare che la domanda tendente ad ottenere il riconoscimento dell’inabilità totale e permanente al lavoro era stata formulata nella vigenza del rapporto e che gli effetti del riconoscimento retroagivano al momento della sua proposizione; b) per avere trascurato, inoltre, di considerare che il dato testuale della norma, ispirata a compensare – tramite il riconoscimento del diritto all’assunzione dei congiunti – i soggetti che nell’adempimento del dovere abbiano contratto malattie invalidanti a carattere permanente, non prevede che il dipendente debba essere ancora in servizio al momento della dichiarazione di inabilità; c) per avere infine ritenuto l’incompetenza del collegio medico-legale ASL, sebbene questo fosse l’organo istituzionalmente preposto all’accertamento dell’idoneità o meno al lavoro e comunque senza tener conto del fatto che la società non aveva mai contestato il provvedimento emesso da tale organo tecnico come viziato da difetto di competenza e che anzi, nel rigettare la domanda di assunzione, lo aveva avallato.
2. Il ricorso è infondato.
3. Si osserva, infatti, quanto alla censura sopra riportata alla lett. b), come essa si risolva nella mera contrapposizione di una diversa interpretazione a quella fatta propria dalla Corte territoriale, nell’inosservanza del principio di diritto, secondo il quale la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto nell’interpretazione della clausola di un contratto, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ. (peraltro nella specie oggetto anche di un indistinto e cumulativo riferimento nella rubrica del motivo) “avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato” (cfr., fra le molte, Cass. n. 28319/2017).
4. E’ stato invero ancora recentemente ribadito nella giurisprudenza di questa Corte che “l’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra” (Cass. n. 11254/2018).
5. Si deve poi rilevare, quanto alle censure riportate sub 1 alle lettere a) e c), come la ricorrente non sottoponga specificamente a critica quella parte della motivazione in cui la Corte territoriale ha esaminato la domanda di pensionamento, accertando come la stessa fosse volta semplicemente ad ottenere il collocamento a riposo in quanto “non idoneo” e non già espressamente volta all’attivazione del procedimento per il riconoscimento della “causa di servizio” (cfr. sentenza impugnata, p. 7 ultimo capoverso), ipotesi unicamente contemplata nella norma collettiva, insieme con il decesso, perché possa sorgere il diritto all’assunzione del figlio del dipendente.
6. Il ricorso principale deve, pertanto, essere respinto.
7. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la società si duole della violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., avendo la Corte territoriale, nel compensare per intero le spese del primo grado di giudizio (per questa parte in accoglimento del gravame della V.) e nel compensare altresì per intero quelle del secondo, posto a fondamento della decisione concetti generici, come la “peculiarità della vicenda” esaminata, o l’incongruo (sul piano logico) riferimento alla “documentazione sanitaria” allegata, sebbene essa fosse “inidonea a comprovare la fondatezza della pretesa azionata”.
8. Anche il ricorso incidentale è infondato e deve essere respinto.
9. Premesso, infatti, che la disciplina da applicarsi nel caso di specie è quella introdotta dalla I. 18 giugno 2009, n. 69, si deve richiamare l’orientamento, per il quale “in tema di spese giudiziali, ai sensi dell’art 92 cod. proc. civ., nella formulazione vigente ratione temporis, le “gravi ed eccezionali ragioni”‘, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica (nella specie, la particolarità della fattispecie), inidonea a consentire il necessario controllo” (Cass. n. 14411/2016; conforme Cass. n. 22310/2017).
10. Alla stregua di tale orientamento il capo di sentenza impugnato si sottrae alla censura che gli viene mossa dalla società, il riferimento alla “allegata documentazione sanitaria” integrando circostanza sufficientemente specifica, anche per la contestuale valutazione di attitudine probatoria che ad esso si accompagna.
11. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione per intero delle spese fra le parti.
P.Q.M.
Respinge il ricorso principale; respinge altresì il ricorso incidentale; dichiara interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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