CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 marzo 2020, n. 6946
Riconoscimento dei benefici combattentistici previsti per gli orfani di guerra ex art. 2, co. 2, L. n. 336/1970 – Dirigenti medici sanitari del Servizio sanitario nazionale – Inquadramento in un ruolo unico – Non identificabili distinte qualifiche, né distinte classi stipendiali – Qualifica o classe di stipendio immediatamente superiore da intendere come quella eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza
Ritenuto in fatto
1. Il dottor A. B., in servizio presso l’Azienda USL (…) in qualità di dirigente medico con incarico di direzione di struttura semplice, adiva il Tribunale di Roma al fine di ottenere all’atto del collocamento a riposo avvenuto 1/6/2008 il riconoscimento dei benefici combattentistici previsti per gli orfani di guerra di cui all’art. 2 comma 2 della I. n. 336 del 1970, ovvero il conferimento ai fini della liquidazione della pensione e dell’indennità di buonuscita della qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione, immediatamente superiore a quella posseduta, riferita ai dirigenti medici di struttura complessa.
2. La Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso, argomentando che il presupposto per il riconoscimento di quanto richiesto è che si tratti della qualifica eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza. Nel caso, invece, il contratto collettivo di lavoro (CCNL normativo 2002-2005 economico 2002-2003) prevedeva che per i dirigenti medici sanitari del Servizio sanitario nazionale, inquadrati in un ruolo unico, non fossero identificabili distinte qualifiche, né distinte classi stipendiali, dal momento che lo stipendio tabellare è unico per tutti e gli altri emolumenti retributivi di carattere generale sono strettamente connessi all’incarico conferito.
3. Per la cassazione della sentenza A. B. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui l’Azienda U.S.L. (…) ha resistito con controricorso.
Considerato in diritto
4. Come primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 15 comma 1 del d.lgs, 30-12-1992 n. 502 in relazione all’articolo 2 comma 2 della I. n. 336 del 1970 e all’articolo 3 della I. n. 824 del 1971. Sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, nell’ambito della dirigenza sanitaria il richiesto passaggio dalla qualifica o classe di stipendio di dirigente medico con incarico di struttura semplice a quella di dirigente medico con incarico di struttura complessa integrerebbe uno sviluppo di carriera, in base a quanto previsto dall’articolo 15 del d.lgs n. 502 del 1992 e dal conseguente CCNL dei dirigenti medici e veterinari del Servizio Sanitario Nazionale del 8.6.2000, art. 27.
5. Come secondo motivo deduce la violazione dell’articolo 37 del CCNL dei dirigenti medici e veterinari del Servizio Sanitario Nazionale normativo 2002-2005 ed economico 2002-2003.
Sostiene che la sentenza sarebbe parimenti erronea quando argomenta che in base alla normativa richiamata non esisterebbero classi stipendiali separate, ma un ventaglio di compensi e indennità connesse alla singola posizione e alla singola funzione. Al contrario, – sostiene, a mente dell’ art. 37 sopra richiamato, che sarebbero previste anche per la retribuzione di posizione minima contrattuale specifiche classi stipendiali corrispondenti a ciascuna qualifica contemplata contrattualmente per i dirigenti medici del Servizio Sanitario Nazionale.
6. Il ricorso non è fondato.
7. La disposizione che viene in esame è l’art. 2 della I. 24/05/1970, n. 336, recante le norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati, che prevede che « Ai dipendenti indicati all’articolo 1, all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione o, se più favorevole, un aumento periodico per ogni anno o frazione, superiore a sei mesi di servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti, in prigionia e in internamento. Ai dipendenti indicati nel precedente comma, a loro richiesta o a richiesta degli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, anziché l’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta».
8. Questa Corte, nell’esaminare la richiamata disposizione, ha chiarito (Cass.n.10936 del 18/05/2011, conf.Cass. n. 1866 del 28/01/2010) che «In tema di attribuzione dei benefici combattentistici di cui all’art. 2, comma secondo, legge n. 336 del 1970, come interpretato dall’art. 3 della legge n. 824 del 1971, per qualifica o classe di stipendio immediatamente superiore si intende quella eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza, quale prevista dall’ordinamento generale della carriera stessa e dai contratti collettivi di lavoro, ai sensi delle leggi vigenti e indipendentemente dal sistema di conferimento, mentre, con riguardo agli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni, si intende quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi ».
9. Deve dunque trattarsi di qualifica o classe di stipendio costituente la progressione professionale individuata dalla contrattazione collettiva nell’ambito della carriera di appartenenza.
10. Tale principio, che dev’ essere applicato anche nel caso in esame, determina il rigetto del primo motivo di ricorso.
11. Nell’ambito della riforma che ha istituito il ruolo unico della dirigenza sanitaria, è stato introdotto dal d.lgs. 19 Giugno 1999 n. 229 il nuovo testo dell’art. 15 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 502, comma 1, che testualmente recita: «Fermo restando il principio dell’invarianza della spesa, la dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali, ed in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali. In sede di contrattazione collettiva nazionale sono previste, in conformità ai principi e alle disposizioni del presente decreto, criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali nonché per l’assegnazione, valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per l’attribuzione del relativo trattamento economico accessorio correlato alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità del risultato ».
12. Si è così delineato un sistema basato sulla previsione del contratto di incarico dirigenziale (sempre a tempo determinato) correlato a criteri predeterminati di modalità di assegnazione degli stessi, graduazione delle funzioni, verifica e valutazioni.
13. Il CCNL della dirigenza del servizio sanitario nazionale del 8 Giugno 2000 ha individuato all’art. 27 le seguenti tipologie di incarichi conferibili ai dirigenti medici e veterinari:
« a) incarico di direzione di struttura complessa. Tra essi sono ricompresi l’incarico di direttore di dipartimento, di distretto
sanitario o di presidio ospedaliero di cui al d.lgs. 502/1992;
b) incarico di direzione di struttura semplice;
c) incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo.
d) incarichi di natura professionale conferibili ai dirigenti con meno di cinque anni di attività».
14. In coerenza con la previsione dell’art. 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dal su richiamato d.lgs n. 229 del 1999, il successivo art. 28 del CCNL del 2000 al comma 9 ha previsto che gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato ed hanno una durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque, con facoltà di rinnovo, mentre l’art. 29 ha aggiunto che gli incarichi di direzione di struttura complessa, dopo la prima fase di applicazione transitoria della disciplina, sono conferiti con le procedure previste dal DPR 484/1997, nel limite del numero stabilito dall’atto aziendale, ed hanno durata da cinque a sette anni con facoltà di rinnovo per lo stesso periodo o per periodo più breve, secondo le previste procedure di verifica.
15. Ne risulta quindi un sistema che non è basato su una progressione nell’ambito della carriera di appartenenza, ma sull’attribuzione di incarichi, e della correlata classe di stipendio, legata al superamento di una procedura di valutazione compiuta nell’ambito degli incarichi di struttura disponibili, affidata al compimento di atti di gestione dei rapporti di lavoro coinvolti dalle scelte datoriali (Cass. S.U. 12/03/2013, n. 6075).
16. Sulla base degli stessi presupposti di diritto risulta infondato anche il secondo motivo di ricorso, risultando anche il trattamento economico accessorio imprescindibilmente legato all’incarico formalmente attribuito.
17. Il d.lgs. n. 165 del 2001, art. 24, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite. Con riferimento alla dirigenza medica, in particolare, il provvedimento di graduazione delle funzioni ha natura di atto di macro organizzazione riconducibile al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2, comma 1, ed integra un elemento costitutivo della parte variabile della retribuzione di posizione (Cass. n. 91 del 2019, Cass. n. 19040 del 2015).
18. Coerentemente, questa Corte è ferma nel negare ai dirigenti del pubblico impiego privatizzato l’applicazione dell’art. 2103 c.c. con riferimento al mancato riconoscimento delle mansioni superiori, affermandosi che l’inapplicabilità di tale disposizione, sancita in via generale dall’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, trova origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale a ricoprire un incarico dirigenziale; il principio viene ribadito per la dirigenza sanitaria, proprio valorizzandosi la circostanza che essa è inserita in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello, dall’art. 15-ter del d.lgs. n. 502 del 1992 e dall’art. 28, comma 6, del c.c.n.l. 8 giugno 2000. (v. Cass. 03-09-2018, n. 21565, Cass. 04/01/2019, n. 91).
19. Segue coerente il rigetto del ricorso.
20. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
21. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 4.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
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