CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 marzo 2022, n. 7981
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Mancata comunicazione della sentenza da parte della cancelleria – Ricorso tardivo – Effetti – Inammissibilità
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 50/35/15, depositata il 12 gennaio 2015, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dal Comune di San Marcello Pistoiese, avverso la sentenza n. 173/2/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento ICI per il 2004, proposto dalla Fondazione “F.T.”, ente morale ed onlus, per ottenere il riconoscimento della riduzione del 50% dell’imposta per inagibilità di alcuni immobili e dell’esenzione ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504/1992 per altri.
3. avverso la sentenza di appello il Comune proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 18 febbraio 2016, formulando preliminarmente un’istanza di rimessione in termini stante la tardività del ricorso, affidato a quattro motivi; la Fondazione resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso il Comune denunciava la mancata declaratoria di inammissibilità del ricorso originario per carenza di motivi e difetto probatorio assoluto – violazione dell’art. 2967 c.c. (mancato assolvimento dell’onere probatorio);
2. con il secondo motivo deduceva: violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 504/1992; violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 2- bis, legge 2 dicembre 2005, n. 248 e dell’art. 39 del D.L. 223/06, entrato in vigore in data 4 luglio 2006; violazione dei principi costituzionali dì capacità contributiva ed uguaglianza; omessa motivazione su punto fondamentale e decisivo della controversia, e lamentava che fosse stata riconosciuta l’esenzione di cui all’art.7, comma 1, lett. i, del d.lgs. n.504/1992, pur mancando la prova della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, richiesti dalla norma, per godere dell’agevolazione, non avendo i giudici di entrambi i gradi di merito considerato che è la natura dell’attività in concreto svolta dall’Ente , che determina la possibilità di ottenere l’agevolazione richiesta, a prescindere dalla natura dell’Ente stesso;
3. con il terzo motivo deduceva l’illegittimità costituzionale e la violazione della direttiva comunitaria in materia di concorrenza e aiuti di stato dell’art. 7, comma 2-bis, legge 2 dicembre 2005, n. 248 e dell’art. 39 del d.l. 223/06, con conseguente inapplicabilità nell’ordinamento del singolo Stato (italiano) sotto identico profilo, nonché l’illegittimità dell’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 504/92, se interpretato nel senso di agevolare enti non commerciali che svolgono attività commerciale;
4. con il quarto motivo eccepiva la violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 504/92, per il mancato rilievo dell’assoluta infondatezza della richiesta dell’agevolazione, attesa l’assenza di una valida prova sulla sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma per godere del beneficio;
5. l’istanza di rimessione in termini veniva fondata sulla circostanza di aver avuto conoscenza dell’avvenuto deposito della sentenza della CTR, in data 12 gennaio 2005, solo a seguito della comunicazione del dispositivo da parte della cancelleria, avvenuta in data 18 agosto 2015.
6. Va, al riguardo, preliminarmente osservato che l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis c.p.c., può trovare applicazione, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, non solo con riguardo alla decadenza dai poteri processuali interni al giudizio, ma anche a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione (Cass. n. 3277 del 2012).
Tanto premesso, rileva tuttavia che, ai fini della proposizione dell’impugnazione, il termine c.d. lungo fissato dall’art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza, prescinde dal rispetto o meno dell’obbligo di comunicazione alle parti ad opera della cancelleria. (Vedi Cass. n. 15778 del 2007; n. 14297 del 2010; n. 26402 del 2014)
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto; tale errore sussiste, in particolare, allorché la parte decaduta dall’impugnazione per l’avvenuto decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c. si dolga della non tempestiva comunicazione della sentenza da parte della cancelleria, posto che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, e non dall’omessa comunicazione da parte del cancelliere, non ravvisandosi in tale regime delle impugnazioni alcun dubbio di costituzionalità (vedi Cass. n. 17704 del 2010).
6.1 Questa Corte ha, infatti, già affermato che è ravvisabile un errore di diritto, che non può ritenersi incolpevole e giustificare quindi la rimessione in termini rispetto alla decadenza dai termini per impugnare, ove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa (Cass. n. 5946 del 2017).
7. In continuità con tali principi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto tardivamente proposto.
7.1 Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
7.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione dichiarata inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il Comune ricorrente a pagare alla controricorrente le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di € 2.000,00 per compensi professionali, oltre € 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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