CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 novembre 2021, n. 33628
Lavoro pubblico – Trattamento economico – Indennità di vacanza contrattuale – Determinazione – Beneficiari
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 1252/2019, pubblicata il 20 agosto 2019, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale della medesima sede aveva dichiarato il diritto dei ricorrenti, già dipendenti di società del Gruppo Equitalia e successivamente dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, al pagamento dell’indennità di vacanza contrattuale, ai sensi dell’art. 9, commi 1 e 17, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla I. 30 luglio 2010, n. 122.
1.1. La Corte ha ritenuto, a sostegno della propria decisione, che la disposizione, di cui al comma 1 dell’art. 9, nel disporre il “blocco retributivo” per gli anni 2011, 2012 e 2013, riguardasse sia il trattamento economico dei dipendenti pubblici, sia quello previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi del c. 3 dell’art. 1 I. 31 dicembre 2009, n. 196, e che l’espresso rinvio, contenuto nel comma 1, al successivo comma 17, secondo periodo, e così alla clausola che faceva salva l’indennità di vacanza contrattuale, ne determinasse l’applicazione all’intera platea dei soggetti considerati nel comma 1, senza che potesse rilevare, in senso diverso, l’omessa menzione, nel comma 17, della categoria dei dipendenti delle amministrazioni inserite nell’elenco ISTAT.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, quale successore di Equitalia Servizi di riscossione S.p.A., con unico motivo.
3. I lavoratori hanno resistito con controricorso.
4. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
1. Con il motivo proposto viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 17, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla I. 30 luglio 2010, n. 122, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 C.C.N.L. 9 aprile 2018, per avere la Corte di appello di Milano erroneamente ritenuto che l’indennità di vacanza contrattuale spetti indifferentemente sia ai lavoratori, il cui rapporto è disciplinato dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sia ai lavoratori dipendenti dalle amministrazioni pubbliche, quale l’Agenzia ricorrente, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ex art. 1, c. 3, l. n. 196/2009: conclusione raggiunta dalla Corte senza valutare la formulazione letterale dell’ultimo periodo del comma 17 dell’art. 9 cit., là dove è fatto richiamo all’art. 2, comma 35, l. n. 203/2008, contenente la disciplina di dettaglio per il rinnovo dei contratti del personale cui si applica il d.lgs. n. 165/2001; e senza considerare, inoltre, né la volontà del legislatore di operare una differenziazione tra soggetti (come la P.A. o parti di essa) per intero dipendenti dal bilancio dello Stato e soggetti con bilanci non direttamente o completamente sostenuti dalle entrate pubbliche, né il fatto che la disposizione, di cui al comma 17, ultimo periodo, faceva salvo l’istituto della indennità di vacanza contrattuale non in quanto tale ma limitatamente alla misura maturata nel 2010, mentre il C.C.N.L. del Gruppo Equitalia era venuto a scadenza in data posteriore al termine di tale anno.
2. Deve in primo luogo essere respinta l’eccezione di inesistenza della notifica del ricorso, proposta dai controricorrenti sul rilievo che l’atto è stato notificato all’avvocato R.M. quale procuratore domiciliatario del signor B.B. e cioè di persona che non risulta compresa tra le parti del giudizio di merito, trattandosi con tutta evidenza di un errore materiale (il ricorso risulta infatti proposto, come da intestazione, nei confronti delle parti dell’impugnata sentenza di secondo grado, tutte difese dall’avv. R. M.) ed avendo i lavoratori (già appellati) svolto attività difensiva nel presente giudizio mediante deposito di controricorso.
3. Il ricorso è infondato.
4. L’art. 9 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla I. 30 luglio 2010, n. 122, prevede, al comma 1, che “Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo …”; al comma 17 dispone, poi, che “E’ fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall’anno 2010 in applicazione dell’articolo 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203”.
5. E’ già stato ripetutamente precisato da questa Corte che “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il congelamento triennale degli aumenti retributivi, delle progressioni di carriera e degli scatti di anzianità, da computarsi al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, introdotto, per il triennio 2011-2013, dall’art. 9, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010, in quanto misura volta al contenimento e alla razionalizzazione della spesa pubblica, è applicabile anche ai dipendenti appartenenti alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi dell’art. 1, c. 3, della l. n. 196 del 2009” (Cass. n. 6264/2019; conforme n. 8954/2021).
6. Ciò premesso, è da ritenersi corretta la lettura che della disciplina riportata ha fornito la Corte territoriale, là dove ha osservato che l’indennità di vacanza contrattuale compete sia ai lavoratori il cui rapporto è regolamentato dal d.lgs. n. 165/2001, sia ai lavoratori dipendenti dalle amministrazioni inserite nell’elenco ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, l. n. 196/2009.
7. Tale interpretazione è, infatti, coerente con il dato letterale, poiché il legislatore: (a) ha “fatto salvo quanto previsto dal comma 17” (l’erogazione della indennità di vacanza contrattuale) nel medesimo contesto normativo in cui ha esteso il “blocco” retributivo ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi della l. cit., senza alcuna distinzione fra dipendenti pubblici a seconda che il loro rapporto risulti o meno compreso nell’ambito di applicabilità del d.lgs. n. 165/2001; (b) nel disporre la deroga al “blocco” retributivo per gli anni 2011-2013, facendo salva l’indennità di vacanza contrattuale, non ha introdotto differenze tra i dipendenti delle varie amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, in coerenza con la restante parte della disciplina contenuta nel comma 1; (c) neppure nell’indicare, al comma 17, l’indennità di vacanza contrattuale come oggetto della deroga ha stabilito una differenziazione tra dipendenti, riguardando le disposizioni di cui al richiamato art. 2, comma 35, l. 22 dicembre 2008, n. 203 specifici aspetti applicativi concernenti il personale cui si riferisce il d.lgs. n. 165/2001.
8. Anche sul piano teleologico, oltre che su quello dell’applicazione del criterio letterale, la interpretazione resa dalla Corte di appello risulta corretta, ponendosi la disciplina di cui all’art. 9 della l. n. 122/2010 l’obiettivo di attuare un generale contenimento della spesa pubblica (sul punto già la giurisprudenza citata sub 5).
9. D’altra parte, una diversa e limitativa lettura della disciplina in oggetto non sarebbe in linea con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), determinando, con tutta evidenza, una disparità di trattamento fra dipendenti pubblici perché solo alcuni, e non altri, sebbene tutti soggetti al “blocco” retributivo, potrebbero fruire della misura di attenuazione del relativo impatto economico rappresentata dall’indennità di vacanza contrattuale.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
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