CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 ottobre 2018, n. 25219
Domicilio fiscale – Partecipazione totalitaria – Capitale sociale – Omessa dichiarazione della plusvalenza – Convenzione italo-tedesca contro la doppia imposizione
Fatti di causa
Con scrittura privata del 3.7.1997, registrata il 15.7.1997, la B. GMBH, società di diritto tedesco con domicilio fiscale in Casalecchio (BO), cedeva alla società F. L.T. srl la partecipazione totalitaria nel capitale sociale della C.M. srl per il corrispettivo dichiarato di lire 22 miliardi. L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento, per l’anno di imposta 1997, con il quale contestava l’omessa dichiarazione della plusvalenza realizzata nel territorio dello Stato italiano e mai dichiarata, neppure in Germania; pertanto determinava le imposte Irpeg ed Ilor dovute, oltre sanzioni.
Contro l’avviso di accertamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Bologna che lo rigettava con sentenza n. 409 del 2007.
La società proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 20.9.2010. Il giudice di appello, premesso che la cessione della plusvalenza in oggetto non era stata registrata in bilancio e non era stata dichiarata in Italia e neppure in Germania, come risultava dallo scambio di informazioni con l’ente fiscale tedesco, riteneva l’inapplicabilità della Convenzione italo-tedesca contro la doppia imposizione, non essendosi verificato alcun fenomeno di doppia imposizione; pertanto doveva essere applicata la normativa nazionale di cui agli artt. 23 e 151 del TUIR.
Contro la sentenza di appello la società propone quattro motivi di ricorso per cassazione.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
1.Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 151 del TUIR e dell’art. 75 del D.P.R. n. 600/73, nonché della Convenzione italo tedesca contro le doppie imposizioni, ratificata dall’Italia con legge n. 459/1992; omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod.proc.civ.”
2. Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione della Convenzione italo-tedesca contro le doppie imposizioni ratificata con legge n. 459/1992; omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod.proc.civ.” nella parte in cui La C.T.R. non ha ritenuto che l’astratta applicabilità dell’imposta ai soggetti non residenti ai sensi degli artt. 23 e 151 TUIR doveva ritenersi derogata dalla applicabilità dell’art. 13 paragrafo 4 della predetta Convenzione.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati. Non è controverso che la ricorrente B. Gmbh sia una società di nazionalità tedesca con sede in Monaco di Baviera, senza stabile organizzazione in Italia ove ha semplicemente un domicilio per i rapporti con l’Amministrazione fiscale italiana. La Convenzione contro le doppie imposizioni sottoscritta tra la Repubblica italiana e la Repubblica Federale di Germania in data 18.10.1989, resa esecutiva in Italia con la legge di ratifica del 24 novembre 1992 n. 459, ha operato una ripartizione del potere impositivo tra gli Stati contraenti con riguardo agli ambiti di possibile sovrapposizione della fiscalità dei due Stati. Le norme in essa contenute costituiscono disposizioni speciali derogatorie alle norme tributarie nazionali, sia per il principio generale della prevalenza delle norme internazionali pattizie sulle corrispondenti norme nazionali, sia perché la prevalenza degli accordi internazionali sulle disposizioni interne concernenti le imposte sui redditi è espressamente stabilita dall’art. 75 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. In particolare l’art. 13 paragrafo 4 della citata Convenzione stabilisce che gli utili conseguiti da un soggetto residente mediante alienazione di beni siti nell’altro Stato contrente, i quali siano diversi da quelli indicati nei paragrafi precedenti (beni immobili; beni mobili appartenenti ad una stabile organizzazione; navi e aeromobili) sono imponibili “soltanto nello Stato contraente di cui l’alienante è residente”. Pertanto il reddito da plusvalenza derivante dalla cessione di partecipazioni sociali effettuata in Italia dalla società di diritto tedesco e non residente, costituisce “utile” soggetto alla esclusiva potestà impositiva dello Stato di residenza (Germania), attesa la prevalenza delle norma speciale pattizia sulla diversa disciplina della applicabilità della imposta sul reddito ai non residenti prevista dalla norme tributarie ordinarie, nella specie dall’art. 20 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 vigente alla data di realizzazione della plusvalenza.
L’osservazione secondo cui la società B. Gmbn non risulta avere assolto l’obbligo di pagamento delle imposte nello Stato di residenza non costituisce valido argomento per disapplicare le norme convenzionali sulla ripartizione del potere impositivo, ma giustifica semmai l’attivazione della facoltà di “scambio di informazioni” prevista dalla stessa Convenzione ( art.27) ai fini della applicazione delle norme convenzionali e per contrastare fatti di evasione fiscale, fermo restando che lo Stato titolare del potere impositivo sulla fattispecie in oggetto rimane esclusivamente la Germania quale paese di residenza della società che ha conseguito l’utile riconducibile alla previsione di cui all’art. 13 paragrafo 4 della Convenzione.
3. Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e 43 del DPR n. 600/1973, omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod.proc.civ.” nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha escluso l’inesistenza della notificazione per mancata traduzione dell’atto da notificare e nella parte in cui ha ritenuto che la nullità della notificazione fosse sanata ai sensi dell’art. 156 cod.proc.civ. dalla tempestiva impugnazione dell’atto senza rilevare che la notificazione e la conseguente tempestiva impugnazione erano comunque avvenuti dopo la scadenza dei termini di decadenza per la notificazione dell’avviso stabiliti dall’art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
4. Quarto motivo:”violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 43 del DPR 600/1973, vigente all’epoca dell’accertamento, e dell’art. 10 legge 289 del 2002; omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod.proc.civ.” nella parte in cui ha ritenuto applicabile la proroga del termine per la notifica dell’avviso di accertamento stabilito dall’art. 10 legge 289 del 2002, considerato che la società, in quanto priva di una stabile organizzazione in Italia, non aveva obbligo di presentazione della dichiarazione.
I motivi terzo e quarto sono assorbiti.
In accoglimento del primo e secondo motivo, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa deve essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
Considerata la peculiarità della materia, involgente questioni relative alla distribuzione della potestà impositiva afferente i redditi transnazionali, si compensano le spese per tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo e secondo motivo, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese per tutti gradi di giudizio.
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