CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 settembre 2018, n. 22076
Professionisti – Avvocati – Iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense – Trattamento pensionistico – Entità della contribuzione
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 710/2014 respingeva l’appello proposto dall’avvocato P.S. avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda con la quale chiedeva l’accertamento della non debenza alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense dei contributi soggettivi versati ai sensi dell’articolo 10, comma 1 lett. b) della legge 576/1980 in relazione al periodo dal 1997 al 2007, ammontanti a complessivi euro 111.040,12, con la condanna della Cassa Forense alla restituzione dei predetti contributi maggiorati di interessi, “previa remissione della questione di legittimità costituzionale e accertamento da parte della Corte Costituzionale dell’illegittimità ai sensi degli articoli 2, 3, 38, 41, 42, 47 e 53 della Costituzione, dell’articolo 10 comma 1, lett. b) I. 576/1980 nella parte in cui non fissa un limite massimo alla contribuzione comunque dovuta a tale titolo”.
A fondamento della sentenza la Corte, disattesa la tesi circa l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per la mancata impugnazione del Regolamento della Cassa sui contributi dovuti dagli iscritti, decideva sulle altre questioni reiterate dall’appellante richiamando la motivazione di altre sentenze emesse sulla stessa questione nei confronti di altri avvocati. Sosteneva così che la pregiudiziale questione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente fosse anzitutto inammissibile per difetto di rilevanza atteso che, come ritenuto dal Tribunale, per provvedersi alla restituzione della contribuzione versata era indispensabile stabilire quel tetto che nella prospettazione dell’appellante incostituzionalmente mancherebbe; e tuttavia tale indicazione non era consentita al giudice in quanto il limite deve necessariamente essere uguale per tutti gli iscritti. Affermava inoltre che la domanda fosse unicamente fondata sulla illegittimità parziale della disposizione citata. Riteneva infondata la doglianza secondo cui il primo giudice si sarebbe inammissibilmente sostituito alla Corte Costituzionale nel decidere sulla legittimità della disposizione in esame, atteso che la sentenza impugnata era invece rivolta ad affermare soltanto la manifesta insussistenza del dubbio di costituzionalità della norma indicata. Sosteneva l’irrilevanza dei richiami giurisprudenziali inerenti il prelievo, in chiave di solidarietà, sui trattamenti pensionistici, dal momento che nella fattispecie si discuteva invece dell’entità della contribuzione. Riteneva al contrario, sotto il profilo della manifesta infondatezza, che la Corte Costituzionale con le sentenze n. 182 del 1984 e n. 173/1986 avesse già fornito la risposta in termini negativi al sospetto di legittimità della norma in oggetto ora riproposto dall’appellante, con riferimento ad altri principi costituzionali, ma senza prospettare nuove questioni che non fossero già state affrontate dalla Consulta; la quale aveva in sostanza ribadito che all’interno del sistema previdenziale forense tutti i rischi aggiuntivi dell’invalidità, dell’insufficienza della contribuzione, vengono ripartiti in base al principio solidaristico, richiedendo una partecipazione contributiva in modo svincolato dal beneficio conseguibile. La Corte d’Appello non riteneva invece rilevanti i precedenti della Corte Cost. di cui alla sentenze n. 99/1990 e n.1008/1988 benché dichiarative dell’illegittimità costituzionale di talune disposizioni della legge n. 6/1981 sulla previdenza per gli ingegneri e gli architetti e della legge 576/1980 (articolo 2, 8 comma e articolo 2, 6 comma).
Ribadiva inoltre che l’essere la cassa in attivo non significava che la contribuzione di solidarietà andasse oltre la misura necessaria ad assicurare tutti i membri della categoria professionale una pensione minima adeguata alle esigenze di vita dignitosa posto che l’equilibrio finanziario di una Cassa autofinanziata ed autonoma va considerato ed assicurato in un lungo arco temporale (per legge prima di trent’anni e ora di 50 anni). Infine ribadiva la sostanziale non comparabilità tra i diversi sistemi previdenziali salva l’evidente irragionevolezza che nel caso in esame era del tutto esclusa.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Avv. P. S. con quattro motivi, ai quali ha resistito la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense con controricorso.
Ragioni della decisione
Deve essere pronunciata in via preliminare l’estinzione del ricorso per rinuncia, siccome attestata dall’atto in data 26.4.2018 nel quale la ricorrente avv. S. P.ha dichiarato di rinunciare al ricorso, ai sensi e per gli effetti dell’art.390 c.p.c.; e la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ha dichiarato di aderire alla rinuncia al ricorso rinunciando a sua volta al controricorso. Nulla per le spese.
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio.
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