CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 settembre 2020, n. 18958
Inquadramento nel settore industria – Domanda di riclassificazione – Effetto dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento dell’Inps o dalla richiesta dell’interessato – Tardività del ricorso
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale che aveva accertato il diritto della società T. s.r.l. ad essere inquadrata nel settore industria, anziché nel settore commercio attribuitole sin dal 1993, data dell’inizio dell’attività, e ne aveva fissato la decorrenza dal 16/10/2003, data di presentazione della domanda di riclassificazione, anziché – come richiesto – sin dall’inizio dell’attività.
2. La Corte ancorava il mancato riconoscimento della richiesta retroattività della riclassificazione a due ragioni giustificative: da un lato, nella domanda d’iscrizione presentata nel luglio 1993 l’attività era stata indicata come di produzione e commercializzazione di prodotti tessili e di abbigliamento, e nessuna contestazione era stata formulata dall’azienda avverso l’inquadramento nel settore commercio sino alla presentazione della domanda di riclassificazione. Inoltre, riteneva che la disposizione dell’articolo 3, VII comma, della legge 8 agosto 1995 n. 335, secondo la quale i provvedimenti di variazione della classificazione possono produrre effetto solo dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento dell’Istituto o dalla richiesta dell’interessato, avendo valenza generale, precludesse una decorrenza diversa.
3. Per la cassazione della sentenza T. s.r.l. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui l’Inps ha resistito con controricorso.
4. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c., nelle quali hanno discusso anche della tempestività (o meno) del ricorso.
Ragioni della decisione
5. L’eccezione d’inammissibilità del ricorso per tardività sollevata in via pregiudiziale dalla difesa dell’Inps è fondata.
6. Risulta infatti dagli atti che la sentenza della Corte d’appello di Milano è stata pubblicata il 4 ottobre 2013, mentre il ricorso è stato portato per la notifica agli Ufficiali Giudiziari in data 19.11.2014, oltre il termine di un anno previsto dall’art. 327, 1 comma, c.p.c., nel testo anteriore alla modifica apportata dal comma 17 dell’art. 46, L. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile ratione temporis in ragione del fatto che il ricorso introduttivo del giudizio è del 2008.
7. Inoltre, alla presente controversia non si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1 e 3 e del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, rientrando nella categoria delle controversie di lavoro e di previdenza: in tal senso si è ripetutamente espressa questa Corte (Cass. n. 2376 del 1995 con riguardo alle controversie tra istituti previdenziali e datori di lavoro relativamente agli obblighi dei secondi in materia di previdenza obbligatoria; Cass. n. 17953 del 2005; Cass. n. 5090 del 2009, relativa ad opposizione a cartella riguardante il pagamento di contributi previdenziali; Cass. n. 9219 del 2016 in tema di pagamento dei contributi all’Enasarco da subagenti).
8. Tra le controversie previdenziali rientrano infatti non soltanto quelle relative a prestazioni chieste dal lavoratore assistito, ma anche quelle concernenti pretese degli istituti assicurativi nei confronti dei datori di lavoro e quelle attinenti, come nel caso, alla definizione del rapporto contributivo. La ratio dell’eccezione è infatti identica per entrambe le categorie di cause, giacché la sollecita definizione è correlata alla necessità, in cui versano i detti istituti, di procurarsi i mezzi finanziari per adempiere alla loro funzione e in tal modo fornire le prestazioni dovute (così Corte Cost., sent. n. 61 del 1985).
9. Il ricorso è dunque inammissibile.
10. Le spese, liquidate come da dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
11. L’esito del giudizio determina la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inps, che liquida in complessivi € 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
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