CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 agosto 2022, n. 24753

Lavoratrice a progetto – Indennità di maternità – Congedo parentale – Omessi contributi – Principio di automaticità delle prestazioni previdenziali – Inapplicabilità

Fatti di causa

La Corte d’appello di Milano, a conferma della pronuncia del Tribunale della stessa città, ha rigettato il gravame dell’INPS avverso l’accoglimento, da parte del primo giudice, della domanda proposta da N.S., lavoratrice a progetto, avete a oggetto la liquidazione dell’indennità di maternità per il periodo 5.11.2009 – 5.04.2010 e del congedo parentale per il periodo 6.04 – 29.06.2010, per le quali la committente (Società G. s.p.a.) aveva omesso in parte i versamenti contributivi dovuti.

Assimilata, quanto al diritto all’automaticità dell’obbligazione contributiva a norma dell’art. 2116 cod. civ., la posizione della S. a quella di un lavoratore subordinato, la Corte d’Appello ha riconosciuto la pretesa della collaboratrice, ed ha condannato l’INPS a corrispondere alla stessa i ratei maturati relativamente ai periodi di maternità e di congedo parentale fruiti, oltre agli interessi legali maturati.

La Corte territoriale ha affermato che, anche nel caso dei collaboratori a progetto, l’obbligo di versamento contributivo grava interamente sul committente, a carico del quale opera il medesimo regime sanzionatorio previsto per il caso di omissione contributiva nei confronti dei lavoratori legati da vincolo di subordinazione, ed ha altresì rilevato che il sistema previdenziale volge verso il tendenziale e progressivo avvicinamento della posizione previdenziale degli iscritti alla gestione separata rispetto a quella dei lavoratori dipendenti, avallato sia dalla giurisprudenza di legittimità sia dalle riforme legislative intervenute (d.lgs. n. 80 del 2015, art. 13 e d.lgs. n. 51 del 2001 – art. 64 ter).

Ha evidenziato che la fattispecie del lavoro a progetto è suscettibile di una soluzione diversa rispetto a quella applicata al lavoro autonomo, ove vige il principio secondo cui il prestatore è personalmente tenuto all’adempimento degli obblighi contributivi; secondo i giudici del merito, ai lavoratori parasubordinati la legge non ha riconosciuto nessuna autonomia rispetto all’obbligo di versamento contributivo, imponendo a loro carico unicamente l’obbligo d’iscrizione alla gestione separata INPS, a norma dell’art. 2, comma 27 della L. n. 335 del 1995.

La cassazione della sentenza è domandata dall’INPS sulla base di un unico motivo.

N.S. ha depositato ha depositato controricorso.

Il P.G. ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto la rimessione della questione alla Corte Costituzionale, ovvero, in subordine, l’accoglimento del ricorso.

Ragioni della decisione

Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., l’INPS deduce “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2 commi da 26 a 32 della legge n. 335/1995, 59, comma 16, della legge n. 449/1997, D.M. 4.4.2002, n. 23484, 1, comma 788 della legge n. 296/2006, D.M. 12.7.2007, n. 28057, 64 Decreto legislativo n. 151/2001 e successive modifiche e integrazioni, in relazione all’art. 2116 cod.civ.”.

Il ricorso ripercorre l’intera legislazione in materia di contribuzione alla gestione separata dei collaboratori coordinati e continuativi e a progetto (cd. Quarta Gestione di cui all’art. 2 l. n. 335 del 1995), sostenendo che avrebbe errato la Corte territoriale a riconoscere alla S. il diritto a ottenere dall’INPS il pagamento integrale dell’indennità di maternità e di congedo parentale alla stregua della retribuzione dovuta e non, come giustamente operato dall’Istituto, in base alla contribuzione effettivamente versata, facendo illegittima applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali, enunciato in via generale dall’art. 2116, co.1, cod. civ. con riferimento al solo lavoro subordinato.

Il ricorrente prospetta che per rendere operante anche nei confronti dei collaboratori parasubordinati il principio dell’automatismo delle prestazioni occorrerebbe una previsione espressa da parte del legislatore.

Il motivo va accolto.

La sentenza d’appello ha basato fondamentalmente la sua decisione sulla circostanza che l’automatismo costituirebbe la regola, valida in tutti quei casi in cui l’onere del versamento è posto dalla legge a carico del datore/committente e il lavoratore nulla può a riguardo.

Tale posizione contrasta con l’orientamento espresso da questa Corte, a norma del quale “Il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali di cui all’art. 2116, comma 1, c.c. non si applica ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata, atteso che, ai sensi dell’art. 2 della l. n. 335 del 1995, essi sono personalmente obbligati alla contribuzione, restando irrilevante che l’art. 1 del d.m. n. 281 del 1996, ponga anche a carico dei committenti, nella misura dei due terzi, l’obbligo di versamento dei contributi, trattandosi soltanto di una forma di delegazione legale di pagamento, diretta a semplificare la riscossione, che tuttavia non immuta i soggetti passivi dell’obbligazione contributiva. Qualora il committente abbia omesso il pagamento dei contributi dovuti, il collaboratore ha la facoltà di dichiarare all’INPS di assumere in proprio il debito relativo alla parte del contributo accollata al suo committente, salvo rivalersi nei confronti di costui per i danni, o, in alternativa, di ‘agire nei confronti del committente per il risarcimento dei danni ex art. 2116, comma 2, c.c. ovvero di esercitare l’azione di cui all’art. 13 della l. n. 1338 del 1962.” (Cass. n. 11430 del 2021 Cass. n. 8789 del 2022).

In definitiva, il Collegio ritiene di dare continuità al predetto principio di diritto, confermando anche nella fattispecie controversa – ove titolare della pretesa originaria è una lavoratrice a progetto – che non sussistono i presupposti di operatività del principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116, co.1, cod. civ.

La Corte, in conclusione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, la quale non si è attenuta al principio di diritto sopra richiamato, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito, rigettando la domanda proposta da N.S..

Le spese dell’intero processo vanno compensate in mancanza di precedenti di legittimità all’epoca della proposizione del giudizio.

In considerazione dell’esito del giudizio, la Corte dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da N.S.. Compensa le spese dell’intero processo.