CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 dicembre 2019, n. 32698

Inquadramento – Accertamento – Aziende industria cineaudiovisiva – Differenze retributive – Attività istruttoria espletata – Difetto di allegazioni

Rilevato che

1. la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Tivoli che aveva respinto la domanda proposta da M.T. intesa all’accertamento del proprio diritto all’inquadramento nel V livello del c.c.n.I. di settore (dipendenti da aziende dell’industria cineaudiovisiva) dal gennaio 2002 sino al novembre 2003, nel VI livello a partire dal dicembre 2003 ed alla conseguente condanna della società D.I.H. s.r.l., datrice di lavoro, al pagamento delle relative differenze retributive;

2. la Corte rilevava un palese difetto di allegazioni che risiedeva nell’assenza di comparazione fra declaratoria contrattuale e superiore pretesa a fronte delle mansioni asseritamente espletate: mancava il raffronto tra le mansioni svolte e quelle appartenenti alla qualifica rivendicata per ciascun periodo e non risultava neanche indicata la ragione per cui le mansioni esposte in ricorso esorbitassero dalla declaratoria di effettivo inquadramento;

3. in ogni caso le risultanze dell’attività istruttoria espletata non avevano consentito di ritenere dimostrate le allegazioni dell’appellante, in quanto nessuno dei testi escussi aveva confermato che il T. avesse assunto il ruolo di responsabile e coordinatore di reparto e, per l’ultimo periodo, che avesse svolto funzioni direttive e compiti complessi e variabili, nonché di programmazione e coordinamento del lavoro proprio e di altri dipendenti, con conoscenza completa di tecniche specialistiche, in coerenza con le indicate declaratorie contrattuali di riferimento;

4. di tale decisione domanda la cassazione il T., affidando l’impugnazione a duplice motivo, cui resiste la società con controricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis, 1 c.p.c.

Considerato che

1. Con il primo motivo, si contesta la mancata considerazione da parte del giudice del gravame del fatto storico, rilevante in causa, ed oggetto di discussione, che, a decorrere dal 1.12.2003 fino alla data del deposito del ricorso di primo grado, il ricorrente era stato qualificato dalla resistente come capo reparto: si assume che il fatto abbia carattere decisivo in quanto la qualifica di caporeparto, per il quale è contrattualmente previsto il VI livello del c.c.n.I., è stata assegnata al lavoratore con formale provvedimento aziendale;

2. con il secondo motivo, si ascrive alla sentenza anche violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 c.c.n.I. per i dipendenti dell’industria cineaudiovisiva, nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 114, 132, 276 c.p.c.e 118 disp. att. c.p.c., sostenendo il lavoratore di avere svolto le mansioni corrispondenti alle qualifiche rivendicate a decorrere dal 1.12.2003 e di avere maturato le differenze retributive richieste, quantificate sulla base dei conteggi allegati;

3. entrambi i motivi di ricorso non si confrontano con le argomentazioni della sentenza impugnata, che ha evidenziato il difetto di allegazioni necessarie per procedere all’accertamento richiesto con osservanza del c.d. criterio “trifasico” ed attingono il merito, pur essendo preclusa la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. in presenza di doppia conforme, stante I’ applicabilità ratione temporis della relativa previsione – art. 348 ter comma 5, c.p.c. – ostativa alla deduzione di tale vizio, per essere la data di deposito del gravame (15.1.2013) successiva alla data dell’ 11 settembre 2012 (articolo 54 co. 2 DL 83/2012);

4. alla stregua di tali rilievi e considerato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, laddove l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, (cfr. Cass. n. 8315 del 04/04/2013), deve pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso;

5. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;

6. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115 del 2002;

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, commalbis, del citato D.P.R..