CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2019, n. 4085
INARCASSA – Contributi soggettivi – Ritardata comunicazione di iscrivibilità – Momento della commissione dell’illecito sanzionato – Legge applicabile
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 5 giugno 2013, accoglieva parzialmente l’impugnazione avverso la pronuncia di prime cure proposta da M.R. nei confronti della Inarcassa – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti e, per quanto rileva in questa sede, dichiarava dovuti dal professionista a INARCASSA, anteriormente alla formale iscrizione alla Cassa, avvenuta il 30 dicembre 2002, i contributi soggettivi per gli anni 1992,1993 e 1994 e le sanzioni per ritardata comunicazione di iscrivibilità, alla stregua dell’art. 8, secondo comma, dello Statuto della Cassa.
2. La Corte di merito, premesso che risultava incontroverso che l’ingegnere R., direttore generale del Ministero dei Lavori Pubblici, collocato a riposo a decorrere dal 1 agosto 1992, epoca dalla quale cessava la sua iscrizione ad altra forma di previdenza obbligatoria, era tenuto, per l’esercizio della libera professione, all’iscrizione obbligatoria all’INARCASSA e al pagamento del contributo soggettivo, rilevava che, alla stregua della documentazione in atti, la prima comunicazione dei requisiti di iscrivibilità alla Cassa era stata effettuata, dal professionista, in data 29 luglio 1996 (in sede di comunicazione del reddito professionale IRPEF 1995), barrando la relativa casella, con la conseguenza che solo a partire da tale data non sussisteva alcuna responsabilità del professionista per la tardiva iscrizione (e per il tardivo pagamento del contributo soggettivo), responsabilità sussistente, invece, per il periodo pregresso (dal 1 agosto 1992 al 31 dicembre 1994), con applicazione della sanzione commisurata alla percentuale del cinquanta per cento del contributo dovuto, prevista dall’art. 8, secondo comma, dello Statuto della Cassa approvato con decreto interministeriale 28 novembre 1995.
3. Avverso tale sentenza ricorre Inarcassa – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti, con ricorso affidato ad un motivo, cui resiste, con controricorso, R.M..
4. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
5. Con unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 2, legge 3 gennaio 1981, n.6 e dell’art.8, comma 2, decreto interministeriale 28 novembre 1995, la Cassa censura la sentenza impugnata per avere applicato la disciplina sanzionatoria prevista dallo statuto INARCASSA, approvato il 28 novembre 1995, in epoca successiva alla condotta contestata al professionista, in luogo della disciplina prevista dall’art. 21, comma 2, legge n. 6 del 1981, in deroga al principio tempus regit actum vigente in materia e, dunque, applicando, con effetto retroattivo, un regime sanzionatorio introdotto nel 1995, per la contribuzione omessa in riferimento ad epoca precedente, in difetto di previsione specifica di applicabilità dello jus superveniens contenente norme più favorevoli per il contribuente.
6. La Cassa ricorrente assume, inoltre, che la sanzione prevista dalla citata legge n. 6 è commisurata all’annualità omessa e che, nella specie, la vicenda attiene ad annualità tutte antecedenti l’entrata in vigore dello Statuto ed infine che, sulla debenza delle sanzioni, sia del tutto priva di rilievo la circostanza della cancellazione dalla Cassa senza aver conseguito il diritto a pensione e per avere il professionista beneficiato della compensazione impropria, ex art. 40 dello Statuto INARCASSA.
7. Il ricorso, ammissibile in quanto conforme alle prescrizioni del codice di rito, è fondato.
8. Si controverte esclusivamente dell’applicabilità, con effetto retroattivo, della disciplina del più favorevole regime sanzionatorio, previsto dall’art.8 del decreto interministeriale 28 novembre 1995, ad omissioni contributive antecedenti alla sua entrata in vigore, tema sul quale l’insegnamento della consolidata giurisprudenza di legittimità è univoco nel senso dell’inapplicabilità di un novellato e più favorevole regime sanzionatorio previdenziale alle violazioni accertate prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, salvo che lo jus superveniens non rechi disposizione espressa in senso contrario.
9. La regola costituisce applicazione della riserva di legge posta dall’art. 23 Cost. che, in ordine alle sanzioni pecuniarie ed alle altre misure direttamente incisive del patrimonio individuale, in qualità di «prestazioni patrimoniali», viene considerata soltanto relativa, richiedendosi che il legislatore fissi, con sufficiente determinatezza, principi e criteri per l’esercizio del potere regolamentare da parte dell’autorità amministrativa cui è rimessa la definizione della previsione sanzionatoria; l’obbligo costituzionale di determinatezza della fattispecie sanzionatoria, e di determinatezza della sanzione, è funzionale alla realizzazione della ratio di certezza connaturata al principio di riserva di legge in tema di sanzioni ed impone che la disamina della fattispecie tipica vada effettuata in stretta adesione agli elementi strutturali positivamente presenti nella specifica normativa e ciò anche al fine di individuare il tempo di commissione dell’illecito stesso (v., per tutte, da ultimo, Cass. 24 ottobre 2018, n. 27002 e i numerosi precedenti ivi richiamati; cfr., in precedenza, Cass. 11 settembre 2012, n.18915 e gli ulteriori precedenti citati).
10. Va pertanto ribadito, anche in riferimento alla potestà sanzionatoria esercita dalle Casse previdenziali, che, in tema di illeciti in materia previdenziale l’operatività dei principi di legalità, di irretroattività e di divieto di analogia, comporta l’assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore pur se più favorevole e, al fine di escludere l’applicabilità della norma sopravvenuta, resta determinante il momento della commissione dell’illecito sanzionato.
11. Nella specie, la condotta ascritta al professionista, di omessa iscrizione alla Cassa e di omesso versamento dei contributi soggettivi, risale ad epoca – compresa tra agosto 1992 e dicembre 1994 – in cui il decreto interministeriale 28 novembre 1995, recante approvazione dello Statuto INARCASSA, non risultava ancora adottato, e vigeva ancora la legge 3 gennaio 1981, n.6 e la relativa disciplina, dettata dall’articolo 21, per l’iscrizione alla Cassa.
12. L’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità risultava, pertanto, sanzionata, in caso di omessa domanda di iscrizione, con una penalità pari ad una volta e mezzo i contributi dovuti per ogni anno di ritardo (art.21, comma 2, secondo periodo, legge n. 6 del 1981 cit.).
13. Tale disposizione sanzionatoria, applicabile, per quanto detto, alla stregua della regola di irretroattività della lex mitior se non diversamente previsto, trova ulteriore conferma nella disciplina successiva dello Statuto della Cassa,che nessuna espressa disposizione transitoria ha introdotto per l’applicabilità, a condotte omissive antecedenti, del più mite regime sanzionatorio introdotto con il decreto interministeriale 28 novembre 1995, recante approvazione dello statuto di INARCASSA e delle relative disposizioni sanzionatorie decorrenti dalla data di approvazione ministeriale.
14. Neanche rileva, sulla debenza delle sanzioni, l’avvenuta cancellazione del professionista dalla Cassa senza diritto a pensione perché tale comportamento successivo non scrimina o elide la condotta omissiva perfezionatasi con l’omessa domanda di iscrizione per tre annualità nel corso delle quali il professionista ha esercitato la professione con carattere di continuità (art. 21, primo comma, legge n. 6 del 1981 cit.).
15. In conclusione la sentenza va cassata in parte qua e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della controversia, alla stregua di quanto sinora detto.
16. Al Giudice del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
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