CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2020, n. 3465
Consorzio di Bonifica – Natura di persone giuridiche pubbliche – Natura pubblicistica quanto a costituzione e ad organizzazione – Caratteri di economicità ed imprenditorialità, conseguendo ricavi idonei, almeno tendenzialmente, a coprire i costi e le eventuali perdite – Contributi per maternità e malattia per gli operai – Debenza ex art. 20, co. 2, D.L. n. 112/2008 – Irrilevanza di aver erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello dell’Inps, detratto l’importo di Euro 5.500,63 per sgravi, ha dichiarato dovuto dal Consorzio di Bonifica Adige Po all’Inps la residua somma di Euro 4.131,66 per contributi per maternità e malattia per il periodo luglio-ottobre 2012.
La Corte territoriale, richiamati i principi esposti da questa Corte nella sentenza n 2756/2014, ha affermato l’obbligo del Consorzio di versare detti contributi ritenendo che l’art. 20, 2° comma, L. n. 133/2008 dovesse essere inteso comprendente tutti gli enti che svolgono attività di impresa a partecipazione pubblica di qualsiasi tipo e che l’art. 20 citato aveva la finalità di uniformare la disciplina relativa alla contribuzione per maternità e malattia valevole per le imprese pubbliche a quella prevista per la generalità dei datori di lavoro privati.
2. Avverso la sentenza ricorre il Consorzio con due motivi. Resiste l’Inps.
II Consorzio ha depositato memoria ex art. 378 cpc.
Ragioni della decisione
3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1, comma 1 bis, D.L. n. 125/1989 convertito in L. n. 214/1989, nonché dell’art. 20, comma 2 D.L. n. 112/2008 convertito in L. n. 133/2008.
Sostiene che l’art. 1, comma 1 bis, D.L. n. 125/1989 citato esclude che l’attività istituzionale dei Consorzi possa essere qualificata come attività commerciale e dunque non può ritenersi integrata in capo al consorzio la qualità di imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 2195 cc con la conseguenza che non poteva ad esso essere applicabile l’art. 20 D.L. 112/2008 che si rivolge solo agli imprenditori.
4. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 20, comma 2, dl n. 112/2008 rilevando che destinatari della norma sono gli enti che svolgono attività di impresa mentre il Consorzio non svolge attività di impresa. Deduce infatti che difetta la destinazione al mercato dell’attività stessa che invece è resa in favore dei proprietari degli immobili che traggono beneficio dalla bonifica.
Rileva, ancora, che nel senso della negazione della natura imprenditoriale dell’attività dei consorzi di bonifica militerebbe la legislazione europea in tema di aiuti di Stato che, nelle occasioni in cui lo Stato italiano ha chiesto chiarimenti in ordine alla fruizione di eventuali finanziamenti, attraverso diverse decisioni della Commissione europea, ha avuto modo di negare che i consorzi di bonifica siano imprese attive in un determinato mercato di beni o servizi e tale dato non consentirebbe di attribuire la natura imprenditoriale in ambito contributivo previdenziale. Peraltro, svolgere attività privatistica quale ente pubblico economico non corrisponde ad assumere natura imprenditoriale, né assume rilievo il contenuto della sentenza di questa Corte di cassazione n. 2756 del 2014 richiamata dalla sentenza impugnata.
5. I due motivi, congiuntamente esaminato, sono infondati.
6. L’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del 2008 conv. in l. n. 133 del 2008 stabilisce che: “A decorrere dal 1 gennaio 2009, le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai”.
7. Come già ricordato da Cass. n. 26038/2019, (e dalle successive n. 27344, 28296 e 33144 del 2019), e dai precedenti da questa richiamati, “il riferimento alle “imprese dello Stato” – secondo una interpretazione del testo costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – conduce a ritenere che all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo, posto che, l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel linguaggio comune, dal punto di vista giuridico – cioè come volta ad indicare lo svolgimento diretto da parte dello Stato di un’attività economica, costituita dall’offerta di beni e servizi in un mercato, a scopo di lucro – non ha cittadinanza negli Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE, come interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione della Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale – Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e ivi ampi richiami). Ne consegue che la suddetta espressione – tenendo conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. – non può che essere intesa in senso atecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in parte, dallo Stato” (vedi INPS – Circolare n. 114 del 30 dicembre 2008 e INPDAP – Nota operativa n. 18 del 22 dicembre 2009 nonché Nota 20 luglio 2011, n. 18) ed è, pertanto, evidente, che la stessa valenza atecnica debba essere attribuita alla restante parte dell’elencazione contenuta nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare alla contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS): a) tutte le imprese degli pubblici e degli enti locali (di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni 90 ed ancora in via di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime previdenziale di tipo pubblicistico, nonché a regimi speciali riconosciuti alle medesime in forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese a capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonché le imprese costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico, i cui dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi confluiti nell’INPDAP”.
8. Circa la natura dei Consorzi di Bonifica va rilevato che questa Corte di legittimità (cfr. tra le altre Cass. SS.UU. n. 1547 del 20 gennaio 2017 e da ultimo la citata Cass. n. 33144/2019) ha affermato che l’art. 59 RD. n. 215/1933 qualifica espressamente i consorzi di bonifica quali “persone giuridiche pubbliche”; che la medesima definizione è ribadita dall’art. 862 c.c.; che, con riferimento alla presente fattispecie, la Regione Veneto con LR n. 39/2009 ha regolamentato i consorzi di bonifica quali enti pubblici economici che svolgono attività di impresa perseguendo con forme privatistiche finalità proprie della Regione; che la giurisprudenza di questa Suprema Corte è costante nel ritenere che i consorzi di bonifica, definiti dalla legge enti pubblici-economici, pur avendo natura pubblicistica quanto a costituzione e ad organizzazione, operano con caratteri di economicità ed imprenditorialità, conseguendone ricavi idonei, almeno tendenzialmente, a coprire i costi e le eventuali perdite (Cass., 13.7.2000, n. 9300, – Cass. SU., 11.1.1997, n. 191; Cass., SU., 2.4.1996, n. 3036); che i rapporti di lavoro intercorrenti fra tali enti ed i rispettivi dipendenti hanno natura privata (Cass., 3.11.1992, n. 11907) e che l’attività dagli stessi espletata, di natura imprenditoriale, non si sottrae alla classificazione come industriale o agricola e tale natura, industriale o agricola, dell’attività imprenditoriale svolta dal consorzi di bonifica va accertata non sulla base di criteri generali ed astratti – come quelli stabiliti, ai fini previdenziali, dagli artt. 33 del d.P.R. n. 797 del 1955 e 6, lett. b), della legge n. 92 del 1979 o, in tema di determinazione del reddito agrario, dall’art. 28 del d.P.R. n. 597 del 1973 – ma, in conformità all’enunciazione del primo comma dell’art. 2070 cod. civ., posta in necessario collegamento con gli artt. 2195 e 2135 dello stesso codice, sulla base dell’attività effettivamente esercitata da tali enti (pubblici economici), da considerare, peraltro, dopo la soppressione dell’ordinamento corporativo, non già alla stregua di criteri meramente merceologici ma tenendo conto della valutazione operatane dalla contrattazione collettiva (Cass., 23.11.1992, n. 12498).
9. Il Consorzio ricorrente nega il carattere imprenditoriale della propria attività, ritenendo che tale qualificazione sia impedita dal valore sistematico da riconoscere al disposto dell’art. 1, comma 1 bis, d.l. n. 125 del 1989 conv. in l. n. 214 del 1989, il quale afferma che le attività istituzionalmente proprie svolte dai consorzi di bonifica non costituiscono attività commerciale.
10. A riguardo si condividono le osservazioni contenute in Cass. 33144/2019 citata secondo cui “l’assunto non può essere condiviso in quanto la disposizione invocata, inserita nelle <Disposizioni urgenti in materia di liquidazioni e di versamenti dell’imposta sul valore aggiunto. (GU n. 85 del 12-4-1989)>, si limita a negare ai fini tributari limitati alla imposta sul valore aggiunto, la qualificazione dell’attività imprenditoriale in termini di impresa commerciale e non ha certo la finalità di operare una qualificazione a qualsiasi fine dell’attività economica svolta dai consorzi di bonifica; dunque, essa non potrebbe mai assumere la valenza di norma di sistema tale da imporre l’interpretazione suggerita che, a ben guardare, va anche oltre la portata letterale della disposizione negando la natura imprenditoriale in sé”.
11. Vanno richiamate , altresì, le ulteriori osservazioni contenute nei citati precedenti di questa Corte secondo cui ” neanche è utile alla tesi del ricorrente il richiamo alle decisioni della Commissione europea in tema di aiuti di Stato indicate in ricorso, le quali hanno avuto modo di accertare che i consorzi non sono qualificabili come imprese attive in un determinato mercato di beni o servizi, con ciò negando che il sostegno finanziario riconosciuto dallo Stato ai consorzi di bonifica costituisca aiuto di Stato vietato ai sensi dell’art. 107 TFUE.
Invero, anche in questo caso, difetta nel valore interpretativo da riconoscere alle fonti sovranazionali invocate, la idoneità ad esprimere indicazioni cogenti in chiave di qualificazione a qualsiasi fine della natura dell’attività svolta dai consorzi di bonifica.
12. Non può trovare accoglimento (cfr Cass n. 33144/2019) neppure la tesi sostenuta dal ricorrente dell’insussistenza della natura imprenditoriale del Consorzio per effetto della non destinazione della propria attività ad un mercato esterno, e ciò in ragione dell’ opinione affermatasi in ordine alla concreta possibilità di ravvisare attività d’impresa nell’attività svolta da soggetti pubblici, secondo la quale tale possibilità esiste laddove la realizzazione dell’aspetto economico dell’attività di produzione e scambio svolta dall’amministrazione si fondi su di un’apposita struttura organizzativa che sia improntata alla caratteristica dell’economicità. A tale opinione si ispira la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità richiamata in precedenza.
13. La critica formulata dal ricorrente all’estensione dei principi espressi da Cass. n. 2756 del 2014 non coglie nel segno, giacché, per quanto si è sopra esposto il principio espresso da quel precedente e dai successivi arresti sopra indicati, risulta applicabile alla posizione contributiva del Consorzio ricorrente, posto che anch’esso è qualificabile in termini di <impresa pubblica> nell’accezione a-tecnica sopra specificata che comporta la sua inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento dei contributi di maternità e malattia, ai sensi dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del 2008 conv. in l. n. 133 del 2008.
14. Va rilevato, inoltre, che non è fondato il rilievo in base al quale il Consorzio eccepisce , al fine di escludere l’obbligo contributivo, di aver erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione, e ciò in considerazione della funzione svolta dall’obbligo contributivo all’interno dell’intero sistema previdenziale (cfr Cass. 26038/2019 e le altre successive che di seguito si riporta).
15. Invero, va qui ribadito quanto affermato da questa Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 10232 del 2003 (seguito da Cass. n. 15112 del 2004; Cass. n. 13791 del 2006), laddove si è affermato che il fondamento della previdenza sociale sta nel principio di solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del sistema giacché all’apporto contributivo delle categorie interessate si accompagna il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della solidarietà generale.
16. Pertanto il legame tra contributi o prestazioni può anche mancare, come nel caso dei contributi di mera solidarietà (cfr. Corte cost. n. 26 del 2003) o di contribuzione figurativa o, ancora, quando debba operare il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 cod. civ. Nè l’ammontare delle prestazioni è necessariamente proporzionale a quello dei contributi, dipendente dalla quantità della retribuzione imponibile, dalla varietà delle aliquote di computo, dall’età dell’assicurato e nel lungo periodo anche dalle variazioni del prodotto interno (nazionale) lordo.
17. Dunque, ben può persistere l’obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni.
18. L’obbligazione contributiva previdenziale partecipa, inoltre, della natura delle obbligazioni di natura pubblicistica, equiparabili a quelle tributarie a causa della origine legale e della destinazione ad enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali (Cass. 21 luglio 1969 n. 2727); si tratta cioè di un’obbligazione pubblica e, quindi, di un rapporto nato dalla legge, da essa esclusivamente regolato e pertinente alla finanza complementare dello Stato.
19. Tutto ciò comporta che il regime legale della contribuzione non può essere alterato da statuizioni dell’autonomia privata. Tali debbono oggi ritenersi quelle contenute nei contratti collettivi, a differenza di quelle vigenti nel regime corporativo, soppresso dal d.l. 5 agosto 1943 n. 721 e dal decreto luogotenenziale 23 novembre 1944 n. 369. Pertanto, non vale ad escludere l’obbligazione contributiva oggetto di causa la previsione del c.c.n.l. applicato dal Consorzio ricorrente nei rapporti di lavoro intercorrenti con i propri dipendenti, che obbliga il medesimo ad erogare direttamente ai dipendenti sia il trattamento di malattia che quello di maternità.
20. E’ evidente che dall’attribuzione al Consorzio ricorrente della natura di ente pubblico, ai sensi del secondo comma dell’art. 20 d.l. n. 133 del 2008 conv. in l. n. 112 del 2008, non può che discendere l’obbligo contributivo ivi previsto ed al contempo risulti impedita la sussunzione del Consorzio all’interno della platea dei soggetti indicati dal primo comma del medesimo articolo 20 cit. giacché il secondo comma è disciplina propria delle imprese pubbliche.
21. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare all’Inps le spese processuali liquidate in Euro 1.700,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13 se dovuto.
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