CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2018, n. 18465
Soci di srl – Recupero dei contributi da parte dell’Inps – Cartella esattoriale – Cancellazione dal registro delle imprese – Estinzione della società
Fatti di causa
Si controverte della prescrizione di crediti dell’Inps, iscritti a ruolo e riportati in due cartelle esattoriali dell’importo di € 14.100,70 ciascuna, vantati nei confronti di R.A., quale socia della società s.r.l. “Allestimenti R.G. & F.”, cancellata dal registro delle imprese in data 27.10.2004, ma destinataria di condanna al pagamento del maggior importo di € 1.718.977,57 pronunciata dalla Corte d’appello di Genova con sentenza del 29.7.2009.
La Corte d’appello di Genova (sentenza del 26.6.2012) ha respinto l’impugnazione dell’Inps avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto prescritti i crediti differenti da quelli attinenti al Servizio Sanitario Nazionale di competenza del giudice tributario.
Ha ritenuto la Corte territoriale che il recupero dei contributi da parte dell’Inps nei confronti dei singoli soci non poteva che essere effettuato a partire dalla cancellazione della società avvenuta con effetto costitutivo, come previsto dal novellato art. 2495 cod. civ., o al più tardi dal momento in cui era sorta la loro titolarità passiva per l’obbligazione o dall’approvazione del bilancio finale di liquidazione che prevedeva la distribuzione degli utili.
Nella fattispecie la notifica delle cartelle era avvenuta il 5/5/2011, quindi ben oltre il termine di prescrizione decorrente da questi ultimi eventi.
Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un motivo, cui resiste con controricorso R.A. che deposita anche memoria.
Ragioni della decisione
Con un solo motivo l’Inps si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ., in relazione agli artt. 1294, 1310 e 2943 cod. civ., oltre che all’art. 3, commi 9 e 10 della legge n. 335 del 1995 (art. 360 n. 3 c.p.c.).
L’Inps ricorda che il credito relativo al periodo 1994-1997 ed azionato con le cartelle opposte era stato già contestato alla società “Allestimenti R. & F. s.r.l.” con verbale di accertamento n. 502 del 14.6.1999, al quale quest’ultima si era opposta, dopodiché la medesima si era estinta nel corso del giudizio in seguito a cancellazione dal registro delle imprese in data 27.10.2004; il giudizio di opposizione si era poi concluso con sentenza della stessa Corte d’appello di Genova del 29.6.2009, divenuta irrevocabile il 29.6.2010, che aveva accertato la fondatezza del credito contributivo vantato dall’Inps, con condanna dell’opponente al pagamento di € 1.718.977,57; successivamente, in data 5.6.2011, l’Inps aveva notificato a R.A. due cartelle esattoriali, una in qualità di socia dell’estinta società, e l’altra quale erede della madre L.V., parimenti socia della stessa società. Sostiene, quindi, l’Inps che il termine iniziale di decorrenza della prescrizione, interrotta dai predetti atti, coincideva col passaggio in giudicato della sentenza d’appello del giugno del 2010, termine, questo, nuovamente interrotto con la notifica delle suddette cartelle di pagamento nel maggio del 2011. In definitiva, l’ente di previdenza ritiene che l’estinzione della società per sua cancellazione dal registro delle imprese non comportava alcuna soluzione di continuità tra le obbligazioni sociali e quelle che in seguito all’estinzione residuavano in capo ai soci, determinandosi una successione di questi ultimi nei debiti della prima, con conseguente estensione ai condebitori solidali degli effetti interruttivi della prescrizione del credito vantato dall’Inps.
Tale soluzione, secondo la difesa dell’istituto, vale soprattutto nel caso di specie, che rimane disciplinato ratione temporis dall’art. 2495 cod. civ. nella nuova formulazione in vigore dal 10 gennaio 2004, per effetto del quale è prevista l’estinzione della società a seguito della sua cancellazione, con la conseguenza che i creditori sociali hanno la possibilità di rivalersi solo nei confronti dei singoli soci, nei limiti della loro quota.
Il ricorso è fondato. Invero, si è già statuito a tal riguardo (Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/3/2013) che «Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo».
Orbene, ha ragione la difesa dell’Inps a sostenere che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, il suo credito contributivo non si era prescritto, in quanto, essendo proseguito il suo recupero nei confronti dei soci della estinta società, la relativa prescrizione non poteva che decorrere dall’accertamento definitivo del credito in sede giudiziale, dopodiché la stessa veniva nuovamente interrotta con la notifica agli stessi soci delle cartelle esattoriali di pagamento.
Pertanto, il ricorso va accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio della causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
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