CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 marzo 2018, n. 5947
Pubblico impiego – Inquadramento nella posizione di dirigente – Ricalcolo del trattamento economico
Svolgimento del processo
M.R. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia, sue datrici di lavoro, la prima sino al 31.12.2001 e la seconda dal 1.1.2002 al 31.12.2008, chiedendo in via principale la condanna della Regione a pagargli la complessiva somma di euro 116.720,69 (di cui 55.293,55 in proprio ed euro 61.427,14 in via surrogatoria, per conto della Provincia di Brescia alle cui dipendenze era transitato), di inquadrarlo nuovamente nell’organigramma dei suoi dirigenti sulla base della posizione funzionale di ex capo del Servizio REL, corrispondente alla fascia stipendiale (S2 prima e C2 poi) dall’1.12.1998 al 31.12.2001 con tutti gli effetti di legge; di rimettere alla Provincia e agli enti previdenziali gli atti consequenziali all’inquadramento nella nuova posizione funzionale con l’esatto ricalcolo del trattamento economico del dirigente e i conseguenti importi nonché la condanna della Provincia di Brescia ad inquadrarlo nell’organigramma dei suoi dirigenti a far data dal 1.1.2002 in avanti con la qualifica C2, con tutti gli effetti di legge. Avendo la Regione provveduto a corrispondere le differenze retributive con riferimento al primo periodo, il giudice di primo grado ha deciso la causa, dando atto della cessazione della materia del contendere su questa parte della domanda, respingendo la domanda diretta al riconoscimento di ulteriori somme da parte della Regione per il periodo successivo, in via surrogatoria rispetto alla Provincia di Brescia ed escludendo ogni azione nei confronti di quest’ultima.
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 15 ottobre 2011 ha confermato la sentenza di primo grado.
Con ricorso notificato alla sola Provincia di Brescia, il R. chiede la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi.
Resiste la Provincia di Brescia con controricorso.
Motivi della decisione
L’esame dei motivi di ricorso presuppone, per completezza, il richiamo al precedente giudizio svoltosi tra il ricorrente e la Regione Lombardia, promosso dal R. nel 2001, in cui (come si desume dalla sentenza attualmente impugnata) il ricorrente aveva chiesto la condanna della Regione Lombardia alla reintegrazione “ex tunc” nel ruolo dirigenziale con l’incarico di titolare del Servizio rapporti con gli enti locali, della Direzione Generale Enti Locali, nonché al pagamento delle differenze di trattamento retributivo dalla data di allontanamento dal predetto Incarico a quella della reintegrazione nello stesso, compresa la retribuzione di risultato, oltre accessori. Con decorrenza dal 1.1.2002, poi, il ricorrente era passato alle dipendenze della Provincia di Brescia. La sentenza emessa a conclusione del giudizio iniziato nel 2001, che statuiva il diritto alle differenze retributive dal 1.12.1998 fino al 24.5.2000, ossia dalla data di mutamento dell’incarico dirigenziale alla data della soppressione della Direzione Regionale Enti Locali era stata impugnata sia dalla Regione che dal R.. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 175 del 21.6. 2005, passata in giudicato, in parziale riforma, ritenuto che non vi fosse diritto alla reintegrazione nell’incarico, ma solo al risarcimento del danno per revoca ingiustificata, aveva liquidato lo stesso nelle differenze di retribuzione e nell’80% della differenza tra la retribuzione di risultato attribuita ai dirigenti di fascia superiore a quella conseguita dal ricorrente per il periodo dal 1998 fino al passaggio alle dipendenze della Provincia, oltre accessori. La domanda di reintegrazione nell’incarico presso la Regione veniva rigettata, in quanto dal gennaio 2002 il ricorrente era passato alle dipendenze della Provincia di Brescia.
La Corte territoriale riteneva che il danno fosse liquidabile soltanto per il periodo antecedente alla data di trasferimento del rapporto di lavoro, affermando che I’ accertamento del diritto del ricorrente ad un incarico di contenuto economico più elevato in ragione della illegittimità della revoca anticipata non avrebbe comportato, quale conseguenza immediata e diretta, il venir meno degli atti di organizzazione e di quelli di trasferimento. Tanto premesso, il collegio osserva che:
1. Con il primo motivo di ricorso, il R. lamenta la incongruenza e la carenza di motivazione della sentenza della Corte territoriale in merito alle ragioni di credito dallo stesso vantate per il periodo dal 1.1.2002 al 31.1.2008.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia l’assenza di motivazione della sentenza di appello in relazione alla documentazione prodotta per il periodo lavorativo 1.1.2002 – 31.1.2008 presso la Provincia di Brescia, in applicazione della Deliberazione della Giunta della Lombardia del 27.12.2001 n. 7675, allegati A ed E.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 132 c.p.c.e 118 disp. att. c.p.c., sotto il profilo della carenza di motivazione sulla pretesa creditoria relativa al lavoro svolto presso la Provincia di Brescia.
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce “la fondatezza ed ammissibilità delle domande azionate contro la Provincia di Brescia. Errori di logicità della sentenza di appello”. In sostanza il R. afferma che la Provincia sarebbe responsabile per non averlo inquadrato in posizione equivalente a quella di ex capo del Servizio Enti Locali nonché per il mancato adeguamento del proprio livello retributivo, sostenendo che l’impossibilità di reintegrarlo in tale incarico ritenuta dalla sentenza n. 175 del 2005 passata in giudicato, a causa della mancata richiesta di retrocessione nella pianta organica della Regione, sarebbe “cosa diversa” dal diritto alla conservazione della posizione economica e giuridica posseduta alla data del suo trasferimento nei ruoli provinciali e rivendicata in questo giudizio nei confronti della Provincia.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente non invoca, a fondamento delle proprie domande, la sentenza resa nel 2005 dalla Corte di Appello di Brescia, le cui statuizioni sono passate in giudicato, ma direttamente la deliberazione della giunta regionale n. 7675/01, ovvero il provvedimento regionale con il quale era stato regolamentato il trasferimento di funzioni e personale dalla Regione alla Provincia in materia di formazione professionale, omettendo tuttavia di trascrivere il contenuto di tale documento.
Il motivo, così come formulato, è inammissibile, in quanto carente sotto il profilo del principio di autosufficienza (di cui costituisce precipitato normativo l’art. 366 c.p.c.) secondo il quale il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti, così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto (ex plurimis, Cass. n. 14107 del 7.6.2017).
2.1. Anche il secondo motivo è inammissibile, per le ragioni già esposte al punto precedente, in quanto il ricorrente riconduce le proprie pretese creditorie nei confronti della Provincia ad una fattispecie di inadempimento delle obbligazioni assunte con la citata delibera n. 7675/01, non riprodotta nel ricorso.
3.1. Le censure attinenti al vizio di motivazione sono anch’esse inammissibili, atteso che si concretizzano in una diretta critica delle valutazioni di merito con cui la Corte d’Appello ha respinto le argomentazioni formulate dalla parte ricorrente nei precedenti gradi di giudizio, accertando che la Provincia ha sempre corrisposto al R. quanto al medesimo già riconosciuto dalla Regione al momento del trasferimento.
4.1. Le censure in cui si articola il quarto motivo di ricorso sono inammissibili per le stesse ragioni esposte al punto precedente.
Le doglianze non sono, infatti, idonee a censurare la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, fondata sulla pronuncia n. 175 del 2005 passata in giudicato, che “afferma la natura risarcitoria del danno conseguito al dipendente dall’illegittima condotta posta in essere dalla Regione, escludendo responsabilità nell’inquadramento, poi necessitato, avvenuto a seguito del transito nella Provincia”.
5. L’integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Lombardia richiesta dalla Provincia di Brescia non è stata disposta, avendo il collegio ritenuto che si sarebbe tradotta in un’ attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e lesiva del principio della ragionevole durata del processo. (Cfr. Sez. U n. 23542 del 2015).
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.
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