CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 marzo 2018, n. 5959
Illegittimità del licenziamento – Istruttoria testimoniale – Legale rappresentante della società non presente all’interrogatorio formale – Efficacia probatoria – Ficta confessio – Non sussiste – Condotta processuale da considerare alla luce degli ulteriori elementi istruttori – Escussione di tutti i testi – Mancata assunzione di prove testimoniali precedentemente ammesse e poi ritenute superate da altre risultanze probatorie – Alcuna nullità della sentenza – Potere discrezionale del giudice del merito
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la decisione di primo grado con la quale, in accoglimento della domanda di Cosimo S., il giudice del lavoro aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento a questi intimato con lettera del 25 marzo 2006 dalla C.A. s.a.s. e ordinato ai convenuti C.A. s.a.s. e G.C. in proprio, la riassunzione del lavoratore o, in alternativa, il pagamento di una somma pari a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto, condannato i convenuti a corrispondere le differenze retributive per lavoro ordinario, straordinario, permessi non retribuiti, festività, tredicesima, quattordicesima mensilità, ferie non godute e tfr e respinto la domanda riconvenzionale intesa a far valere la responsabilità risarcitoria dello S. per presunte errate stime di valore delle auto usate commercializzate dalla società.
1.1. In particolare, per quel che ancora rileva, il giudice di appello, preliminarmente osservato che in primo grado erano stati escussi due testi per parte i quali avevano reso deposizioni sostanzialmente concordi di talché risultava corretta la chiusura dell’istruttoria testimoniale tenuto conto altresì che il legale rappresentante della società non si era presentato a rendere l’interrogatorio formale, ha ritenuto, disattendendo i motivi di gravame formulati da C. A. s.a.s.. e da G. C. in proprio: a) che andava confermata quale data di inizio del rapporto il febbraio 2002 alla luce delle concordi e circostanziate deposizioni rese dai tesi escussi non inficiate quanto ai testi S. e M. dalla esistenza all’epoca di un contenzioso con la società, posto che tali deposizioni risultavano confermate da altro teste; b) che le concordi ed univoche deposizioni testimoniali, considerata altresì la efficacia probatoria della mancata comparizione del legale rappresentante della società all’interrogatorio formale, deponevano nel senso che lo S. fosse l’unico dipendente addetto alla vendita, per cui allo stesso spettava la retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva, anche ai sensi dell’art. 36 Cost. ; c) che in ordine all’orario di lavoro era emerso lo svolgimento di 44 ore di lavoro settimanali e quindi di 4 ore di lavoro straordinario e che la concessionaria rimaneva aperta anche di domenica, in occasione di lanci pubblicitari di nuovi modelli; d) che la parte convenuta non aveva dimostrato, come suo onere, il fatto totalmente o almeno parzialmente estintivo dei maggiori crediti dovuti, essendo inidonea la documentazione prodotta a riguardo; d) che in ordine al licenziamento la società datrice non aveva provato, come suo onere, il giustificato motivo oggettivo di licenziamento rappresentato dalla riduzione del calo di Corte di Cassazione – copia non ufficiale vendita, circostanza questa positivamente smentita dal fatto che il posto dello S. era stato occupato da altro lavoratore assunto dopo il licenziamento del primo; e) che era condivisibile il rigetto della domanda riconvenzionale essendo emerso che la stima dei veicoli usati competeva direttamente al C., socio accomandatario della società, sulla base di relazione predisposta dallo S. con l’apporto dei meccanici che visionavano l’auto.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G. C. in proprio e quale legale rappresentante della C. A. s.a.s.. sulla base di otto Motivi e non nove, atteso la errata numerazione degli stessi nel ricorso per cassazione, a partire dal quinto motivo, indicato come sesto, con effetto sulla numerazione dei motivi successivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 232 cod. proc. civ., violazione degli artt. 115, 116 e 232 cod. proc. civ. nonché insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume l’erronea applicazione dell’art. 232 cod. proc. civ per avere la decisione impugnata attribuito efficacia probatoria alla mancata presentazione del legale rappresentante della società a rendere l’interrogatorio formale laddove, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, alla mancata presentazione della parte non poteva conseguire l’effetto automatico di ficta confessio. Si sostiene, inoltre, la incompletezza e contraddittorietà delle deposizioni testimoniali sulle quali, unitamente alla mancata presentazione all’interrogatorio formale, era stato fondato il decisum. Si critica, infine, il giudice di appello per avere ritenuto corretta la chiusura dell’istruttoria disposta in prime cure dopo l’escussione solo di alcuni dei testi originariamente ammessi.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 252 cod. proc. civ. nonché insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, censurandosi, in sintesi, la valutazione di attendibilità riferita alle deposizioni di alcuni testi impegnati, all’epoca, in un contenzioso con la società e la carenza di motivazione con riferimento alla data di inizio del rapporto, stante la discordanza delle deposizioni testimoniali a riguardo.
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, e 245 cod. proc. civ., “mancata ammissione dei mezzi istruttori e vizio di motivazione (insufficiente e contraddittoria) circa un fatto controverso e decisivo”. Si censura la decisione impugnata per avere ritenuto corretta la chiusura dell’istruttoria sulla base del rilievo dell’obbligo di escussione dei testi una volta intervenuto il provvedimento di ammissione.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 245 cod. proc. civ. nonchè violazione e falsa applicazione del contratto collettivo nazionale con particolare riferimento agli artt. 2 e 39. Si censura, inoltre, l’affermazione della sentenza impugnata che il lavoratore fosse l’unico addetto alle vendite, denunziando, in sintesi, la non corretta valutazione della prova con particolare riferimento alla deposizione del teste S..
5. Con il quinto motivo (per errore indicato come sesto) si deduce (Omessa motivazione su un punto decisivo per il giudizio. Si censura l’affermazione del giudice di appello secondo la quale i conteggi allegati al ricorso introduttivo non erano stati specificamente contestati e che la contestazione in ordine al quantum formulata con l’atto di appello risultava generica. In questa prospettiva si critica la decisione per non avere chiarito i criteri in base ai quali aveva ritenuto congrui i conteggi allegati al ricorso e si sostiene che tali conteggi erano stati contestati come desumibile dalle deduzioni svolte nella memoria di costituzione; in questa prospettiva ci si duole della mancata nomina di consulente tecnico d’ufficio per la elaborazione dei conteggi.
6. Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2702, 2697 comma 2 e 2733 cod. civ. nonché violazione degli artt. 116, 214 e 215 cod. proc. civ.; insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Si censura la decisione per avere ritenuto non provata dalla documentazione offerta, l’avvenuto pagamento del maggior credito accertato. Si assume la violazione dell’art. 2702 cod. civ. rilevando che essendo tali documenti sottoscritti dallo S. che non li aveva mai disconosciuti gli stessi facevano piena prova nei confronti di questi e si puntualizza che, ove lo S. avesse eccepito la inefficacia di tali documenti – ma non lo aveva fatto-, l’onere di provare i fatti alla base dell’eccezione ricadevano sull’eccepiente.
7. Con il settimo motivo si deduce violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si censura la decisione per non avere tenuto conto, nell’escludere il motivo oggettivo di licenziamento, delle dichiarazioni dei redditi della società dalle quali si evinceva il notevole calo di fatturato e per non avere adeguatamente considerato la deposizione del teste Sportello in merito all’assunzione di altro lavoratore dopo il licenziamento dello S..
8. Con l’ottavo motivo si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, censurandosi la decisione relativamente al rigetto della domanda riconvenzionale in quanto si assume che la riferibilità della valutazione delle autovetture al titolare si poneva in contrasto con le medesime allegazioni formulate dallo S. nel ricorso introduttivo.
9. Il primo motivo di ricorso è inammissibile quanto alla dedotta violazione dell’art. 232 cod. proc. civ. per difetto di pertinenza con le effettive ragioni del decisum. La sentenza impugnata non ha affatto attribuito valenza confessoria alla mancata presentazione del legale rappresentante della società per rendere l’interrogatorio formale ma ha considerato tale condotta processuale alla luce degli ulteriori elementi acquisiti dall’istruttoria, in conformità delle indicazioni del giudice di legittimità (cfr. tra le altre Cass. 06/08/2014 n. 17719).
9.1. La ulteriore censura articolata con il primo motivo, relativa alla legittimità della chiusura dell’istruttoria senza l’escussione di tutti i testi ammessi, è infondata in quanto la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte la quale, superate risalenti pronunzie di segno opposto (Cass.25/11/1996 n. 10441), è ormai consolidata nel ritenere che la mancata assunzione di prove testimoniali precedentemente ammesse e poi ritenute superate da altre risultanze probatorie non comporta alcuna nullità della sentenza, atteso che la riduzione, ex art. 245 cod. proc. civ., delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere discrezionale del giudice del merito (non censurabile in sede di legittimità) che può essere esercitato anche nel corso dell’espletamento della prova, come si evince dall’art. 209 dello stesso codice, e con provvedimento che può essere dato anche per implicito, mediante sospensione degli esami testimoniali e chiusura dell’istruttoria (Cass 03/03/2000 n. 2404 Cass. 12/02/1985 n. 1176). In questa prospettiva è stato altresì ribadito che alla luce del principio costituzionale della durata ragionevole del giudizio, il giudice può revocare la prosecuzione di una prova orale quando ritenga superflua l’ulteriore assunzione e sufficienti gli elementi raccolti, non essendo necessaria l’escussione di tutti i testi già ammessi, purché la mancata escussione sia razionale e giustificata e ne venga data adeguata motivazione nella sentenza di merito (Cass. 17/02/2004 n. 9234).
9.2. Infine, la doglianza con la quale si critica la valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice d’appello è da respingere alla luce dell’orientamento assolutamente consolidato di questa Corte secondo il quale la denuncia del vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e concludenza nonché scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357)
10. Il secondo motivo di ricorso è da respingere, non ravvisandosi la dedotta violazione dell’art. 252 cod. proc. civ., atteso che il giudice di appello ha espressamente dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto attendibili le deposizioni dei testi S. e M., pur avendo i suddetti, all’epoca, un contenzioso in atto con la società; ha rilevato, infatti, che tali deposizioni risultavano conformi a quelle rese da altro teste. La valutazione di attendibilità, ancorata ad un parametro di logicità e congruità, nonché la più complessiva valutazione del materiale istruttorio nella ricostruzione del fatto si sottrae al sindacato del giudice di legittimità in ragione di quanto sopra evidenziato nell’esame del primo motivo (v. parag. 9. 2.)
11. Il terzo motivo di ricorso è infondato alla luce delle considerazioni espresse in sede di esame del primo motivo (v. parag. 9.1.) in ordine alla facoltà del giudice di merito di dichiarare chiusa l’istruttoria senza escutere tutti i testi ammessi. Deve altresì rilevarsi che il giudice di appello ha ritenuto di convenire con il giudice di prime cure sul fatto che i testi escussi avevano reso deposizioni sostanzialmente concordi, con implicita, quindi, valutazione di superfluità dell’ulteriore escussione testimoniale.
11.1. E’ infondata la ulteriore censura di motivazione contraddittoria, pure denunziata con il motivo in esame ed ancorata ad un preteso contrasto tra la ricostruzione in fatto della sentenza impugnata e le emergenze della prova orale, in ordine al fatto che lo S. era l’unico addetto alla vendita. Secondo quanto chiarito dalla condivisibile giurisprudenza di legittimità, infatti, tale vizio sussiste solo quando le ragioni poste a fondamento della decisione risultino tra loro incompatibili e sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata (Cass 09/02/2004 n. 2427) non rilevando, al riguardo, eventuali contrasti – pur denunziabili sotto altri profili – tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di prove e documenti (Cass. 24/05/2000 n. 6787; Cass. 14/02/2000 n. 1605). In concreto deve, infine, darsi atto che le affermazioni dei testi richiamate ad illustrazione del motivo sono state espressamente prese in considerazione e valutate dal giudice di merito, per cui anche sotto questo profilo la censura articolata è priva di pregio.
12. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto la denunzia di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., non è conforme all’insegnamento di questa Corte secondo il quale il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 cod. prov. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. 03/08/2005 n. 5353; Cass. 17/05/2006 n. 11501). Parte ricorrente si è arrestata, infatti, alla mera denunzia di violazione e falsa applicazione senza illustrare i vizi denunziati con riguardo alle argomentazioni in diritto della sentenza impugnata.
12.1. Parimenti inammissibile la denunzia di violazione di norme di diritto riferita al contratto collettivo posto che parte ricorrente non specifica se ed in quale sede del giudizio di merito il contratto collettivo risulta prodotto (v. tra le altre, Cass. Sezioni Unite 25/03/2010 n. 7161) sia perché dal ricorso per cassazione non è dato evincere l’assolvimento dell’ulteriore onere posto, a pena di improcedibilità dall’art. 369 n. 4 cod. proc. civ., relativo alla integrale produzione del contratto collettivo (Cass. Sezioni unite 07/11/2013 n. 25038).
12.2. Infine è da respingere anche la ulteriore censura relativa alla valutazione della prova testimoniale in punto di accertamento del fatto che lo S. era l’unico addetto alle vendite, censura in relazione alla quale si richiamano le osservazioni in precedenza svolte (v., in particolare, parag. 9.2.)
13. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto parte ricorrente ha investito solo una delle autonome rationes decidendi alla base della statuizione di conferma degli importi liquidati in prime cure, statuizione che è, pertanto, passata in giudicato.
13.1. Il giudice di appello, nel respingere il motivo di gravame attinente al quantum formulato dalla società e da G. C., in proprio, ha rilevato la genericità delle censure svolte a riguardo e altresì osservato che in primo grado non vi era stata specifica contestazione dei conteggi allegati dalla società. Parte ricorrente si è soffermata solo su quest’ultima affermazione, senza in alcun modo investire quella precedente, configurante autonoma ratio decidendi, in quanto implicante una valutazione di inidoneità della censura articolata con il ricorso in appello ad inficiare la decisione di prime cure in ordine agli importi liquidati Quanto ora rilevato in punto di passaggio in giudicato della statuizione di conferma del quantum liquidato in primo grado assorbe la ulteriore censura relativa alla manca effettuazione consulenza contabile di ufficio.
14. Il sesto motivo di ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità scaturenti, innanzitutto dalla mancata riproduzione del contenuto dei documenti alla base delle doglianze formulate e dalla mancata indicazione di dati idonei a consentirne la reperibilità nella sede di merito, come, invece, prescritto, ai fini della valida censura della decisione,dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. (v. tra le altre, Cass. 12/12/2014, n. 26174). A tale profilo se ne affianca un ulteriore rappresentato dalla carente esposizione della vicenda processuale, con riferimento alle allegazioni e deduzioni delle parti ed alla connessa rilevanza dei documenti in questione nelle fasi di merito (v., tra le altre, Cass. 03/02/2015 n. 1926; Cass. 22/09/2006 n. 20714), che non consente l’adeguata comprensione dei fatti di causa in relazione alla denunzia formulata con il motivo in esame.
15. Il settimo motivo di ricorso è inammissibile incorrendo la parte ricorrente nella violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc.civ. per non avere riprodotto il contenuto dei documenti della cui omissione si duole, dovendo altresì rilevarsi come la illustrazione del motivo non dia contezza della decisività del documento il cui esame si assume pretermesso dal giudice di appello il quale è prevenuto all’accertamento della insussistenza del giustificato motivo oggettivo, sulla base di una valutazione globale degli elementi in atti tra i quali, in particolare, la successiva assunzione di altro dipendente addetto alle vendite.
16. L’ottavo motivo è da respingere sia in quanto la denunzia del vizio di motivazione contraddittoria non evidenzia alcuna intrinseca incompatibilità tra le ragioni alla base della decisione impugnata con riferimento al rigetto della domanda riconvenzionale, per cui valgono le considerazioni espresse in relazione all’esame del quarto motivo (v. in particolare parag. 11.1.) sia perché parte ricorrente sollecita, in definitiva, un diverso diretto apprezzamento delle emergenze probatorie, apprezzamento precluso al giudice di legittimità , come già ribadito (v. parag. 9.1.)
17. A tanto consegue il rigetto del ricorso.
18. L’attuale condizione del ricorrente di ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude, allo stato, la debenza di quanto previsto dall’art. 13 comma 1 quater D.p.r. n. 115/2002 ( Cass. 02/09/2014 n. 18523).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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