CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 novembre 2020, n. 25519
Tributi – IVA su TIA richiesta dal concessionario a titolo di rivalsa – Omesso pagamento – Intimazione di pagamento – Giurisdizione tributaria – Esclusione – Rapporto di natura privatistica – Giurisdizione ordinaria
Fatti di causa
1. J.B. ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di accoglimento dell’appello proposto da I.E. s.p.a. (ora I.A. s.p.a.) avverso la sentenza n. 115/07/2010 emessa dalla CTP di Parma che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione del preavviso di sospensione forniture e contestuale intimazione di pagamento dell’importo di 43,09 euro a titolo di IVA sulla TIA (Tariffa d’Igiene Ambientale), notificatogli dal gestore del servizio (E. s.p.a. poi incorporata in I.E. s.p.a. ed ora I.A. s.p.a.). Nella specie trattavasi di IVA relativa ad un imponibile TIA pari ad euro 430,93 indicata in fattura dal gestore del servizio ma non versata da J.B. il quale aveva corrisposto solo il dovuto a titolo di TIA e non anche l’IVA, ritenendola non dovuta in forza di Corte cost. n. 238 del 2009.
2. La CTP accolse il ricorso, previamente riconoscendo la giurisdizione del Giudice tributario in forza di quanto statuito da Cass. Sez. U, 21/06/2010, n. 14903, Rv. 613871-01, per la quale spettano alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto la debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA), in quanto, come evidenziato anche da Corte cost. n. 1 del 2010, tale tariffa non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato ma mera variante della TARSU, disciplinata dal d.P.R. 15 novembre 1993, n. 507, della quale conserva la qualifica di tributo (in senso conforme anche le successive Cass. Sez. U, 05/12/2011, n. 25929, Rv. 620087-01; Cass. Sez. U, 12/11/2015, n. 23114, Rv. 637137-01; Cass. Sez. U, 20/12/2016, n. 26268, Rv. 641797-01, e, sostanzialmente, Cass. Sez. U, 10/0472018, n. 8822, Rv. 647914- 01)
3. La CTR, adita da J. B., con la sentenza oggetto di attuale ricorso per cassazione riformò la statuizione di primo grado dichiarando il proprio difetto di giurisdizione. Essa, in particolare, ritenendo sostanzialmente trattarsi di esercizio da parte del gestore (soggetto passivo IVA) del diritto di rivalsa nei confronti dell’utente finale, mosse da Cass. Sez. U, 28/01/2011, n. 2064, Rv. 616311-01 (e dalle altre statuizioni espressamente considerate da tale decisione). Per la statuizione da ultimo indicata, in particolare, la controversia con cui un contribuente richiede ad una società concessionaria della riscossione dei tributi locali la restituzione della somma corrisposta, a titolo di IVA, in occasione del pagamento della Tariffa di igiene ambientale (TIA), spetta alla giurisdizione ordinaria, perché soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione dei beni o la prestazione di servizi (quindi la società concessionaria) e la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione, ma un rapporto di natura privatistica fra privati, che comporta un accertamento, meramente incidentale, in ordine alla debenza dell’imposta contestata.
4. Contro la sentenza d’appello J. B. ricorre con due motivi, I.A. s.p.a. si difende con controricorso, sostenuto da memoria, ed all’odierna udienza le parti concludono nei termini di cui in epigrafe.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. I due motivi di ricorso (B1 e B2) sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
2.1. Con entrambe le cesure, ancorché la prima (B1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c. e la seconda in relazione al n. 3 dello stesso comma e sotto il profilo degli atti impugnabili innanzi al Giudice tributario, sostanzialmente il ricorrente critica la statuizione impugnata ritenendo sussistente la giurisdizione del Giudice tributario.
La fattispecie in esame, caratterizzata dall’intimazione di pagamento dell’IVA su TIA, a detta del ricorrente, non sarebbe sovrapponibile a quella di cui alla citata Cass. Sez. U, n. 2064 del 2011, inerente invece un’ipotesi di richiesta di restituzione di una somma già riscossa a titolo di IVA su TIA. Nella specie, sostanzialmente, secondo il ricorrente L’IVA concorrerebbe alla formazione dell’importo dovuto a titolo di TIA ed il concessionario del servizio, proprio in quanto tale, avrebbe emesso un atto, quello impugnato, avente natura impositiva e quindi impugnabile ai sensi degli artt. 2, 10 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Per converso, la controricorrente sostiene le argomentazioni della CTR, ritenendo le due fattispecie di cui innanzi sostanzialmente non dissimili e comunque per entrambe valevole il principio sancito da Cass. Sez. U, n. 2064 del 2011, per medesimezza di ratio (in controricorso si qualifica il preavviso di sospensione con intimazione di pagamento prima, a pag. 2, quale preavviso con addebito in via di rivalsa IVA, ex art. 18 del d.P.R. n. 633 del 1972, e successivamente, a pag. 8, quale «mera comunicazione» effettuata con «mera raccomandata»).
2.2. I motivi in esame sono infondati, trovando applicazione, anche con riferimento alla fattispecie concreta (caratterizzata dall’omesso versamento dell’IVA su TIA richiesta dal concessionario in rivalsa), principi e ratio sottesi a Cass. Sez. U, n. 2064 del 2011, cit., ed alla successiva sostanzialmente conforme Cass. Sez. U, 20/11/2017, n. 27437, pronunciatesi con riferimento ad ipotesi di richiesta di restituzione di IVA su TIA.
2.3. La controversia sorta in merito alla richiesta, rivolta dal contribuente al concessionario della riscossione dei tributi locali, avente ad oggetto la restituzione della somma corrisposta, a titolo di IVA, in occasione del pagamento della Tariffa di igiene ambientale (TIA), spetta difatti alla giurisdizione ordinaria, perché, come chiarisce Cass. Sez. U, n. 2064 del 2011, soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione dei beni o la prestazione di servizi (quindi il concessionario) e la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario, tra contribuente ed Amministrazione, ma un rapporto di natura privatistica fra privati, che comporta un accertamento, meramente incidentale, in ordine alla debenza dell’imposta contestata.
Ai fini che rilevano in questa sede, preme evidenziare che le Sezioni Unite da ultimo citate sanciscono il principio di cui innanzi chiarendo che la controversia (nella specie, quella che vede un contribuente richiedere al concessionario la restituzione della somma corrisposta a titolo di IVA su TIA) ha ad oggetto la legittimità del diritto di rivalsa esercitato dalla concessionaria. Esse precisano altresì che «”il fatto che il diritto alla rivalsa sia previsto da una norma tributaria non trasforma il rapporto tra soggetti privati in un rapporto tributario, di tipo pubblicistico, che implica invece l’esercizio del potere impositivo nell’ambito di un rapporto sussumibile allo schema potestà-soggezione”» (le Sezioni Unite fanno riferimento specifico anche a Cass. Sez. U, 26/06/2009, n. 15031, Rv. 608816-01). In definitiva, sempre per le Sezioni Unite in argomento, «”se manca un soggetto investito di potestas impositiva intesa in senso lato manca anche il rapporto tributario, cosi come se manca un provvedimento che sia espressione di tale potere non si configura la speciale lite tributaria che, per definizione, nasce dal contrasto rispetto ad una concreta ed autoritativa pretesa impositiva”».
Il medesimo iter logico-giuridico è ripreso e proseguito da Cass. Sez. U, n. 27437 del 2017, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella di cui alle citate Sezioni Unite del 2011 (richiesta di rimborso di IVA versata su TIA rivolta al concessionario della riscossione dei tributi locali).
Nel 2017 difatti le Sezioni Unite ribadiscono l’orientamento in base al quale, in tema di IVA, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle somme addebitategli in via di rivalsa. Il soggetto passivo dell’imposta, difatti, è esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi; sicché la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi. Ne consegue che la detta controversia non ha ad oggetto un rapporto tributario, tra contribuente ed amministrazione finanziaria, bensì un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine alla debenza ed all’ammontare dell’imposta applicata in misura contestata. Il che vale anche quando il debito IVA sia totalmente contestato, come appunto nell’ipotesi di indebita applicazione di tale imposta alla tariffa comunale di igiene ambientale (TIA). Trattasi difatti, in ogni caso, di una controversia tra privati, alla quale è estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario (principio ribadito anche con riguardo alla controversia insorta tra il prestatore ed il destinatario della prestazione, in ordine alla pretesa rivalsa dell’IVA esposta in fattura, si vedano a tal riguardo, Cass. Sez. U, 31/05/2017, n. 13721, Rv. 644368-02, e Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451, Rv. 639112-01).
Le Sezioni Unite n. 27437 del 2017, infine, evidenziano che anche la giurisprudenza unionale non dubita che l’azione per il rimborso dell’imposta illegittimamente versata, esercitata dal fruitore dei beni o dei servizi nei confronti del fornitore, sia un’azione di ripetizione d’indebito di rilevanza civilistica (si vedano, proprio in tema di IVA, Corte giust. 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 42, e, in tema di accise, Corte giust. 20 ottobre 2011, causa C-94/10, Danfoss) e che, sul piano sistematico, il principio si coordina con quello reiteratamente affermato con riguardo alle controversie tra sostituto d’imposta e sostituito. Con riferimento a tale ultimo assunto, difatti, le controversie relative al legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte versate direttamente dal sostituto, volontariamente o coattivamente, non sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario ma rientrano in quella del giudice ordinario. Ciò perché si tratta di diritto esercitato dal sostituto verso il sostituito nell’ambito di un rapporto di tipo privatistico, cui resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario, e nelle quali manca di regola un atto qualificato rientrante nella tipologia contemplata dall’elenco contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, anche nell’interpretazione estensiva che se ne fornisce (si veda, in particolare, oltre alla citata Cass. Sez. U, n. 27437 del 2017, anche Cass. Sez. U, 15/09/2017, n. 21523, in motivazione).
Le conclusioni di cui innanzi, infine, non solo non contrastano ma sono ulteriormente confortate da Cass. Sez. U, 11/2017, n. 17113, Rv. 644921-01, con la quale questa Corte ha difatti riconosciuto la giurisdizione tributaria in ordine alla controversia tra utente ed ente addetto alla riscossione concernente l’addizionale provinciale sulla tariffa integrata ambientale (c.d. tia2) proprio in ragione della natura tributaria di questa.
2.4. Orbene, il principio in materia di giurisdizione di cui ai citati arresti delle Sezioni Unite del 2011 e del 2017, benché enunciato con riferimento a controversia inerente la richiesta di restituzione di IVA su TIA rivolta (dal contribuente) al concessionario della riscossione dei tributi locali agente in rivalsa, è suscettibile di essere applicato, per medesimezza di ratio, anche alla presente controversia, inerente l’omesso versamento dell’IVA su TIA richiesta (al contribuente) dal concessionario in rivalsa.
2.4.1. Al pari della prima tipologia di controversia, difatti, anche la seconda ha ad oggetto la legittimità del diritto di rivalsa esercitato dal concessionario. Per tale controversia, al pari della prima, il fatto che il diritto alla rivalsa sia previsto da una norma tributaria non trasforma il rapporto tra soggetti privati in un rapporto tributario, di tipo pubblicistico, che implica invece l’esercizio del potere impositivo nell’ambito di un rapporto sussumibile allo schema potestà soggezione.
Nelle controversie come quella di cui alla fattispecie concreta, quindi, mancando un soggetto investito di potestas impositiva (con riferimento all’IVA) intesa in senso lato, manca anche il rapporto tributario, con la conseguenza che, mancando un provvedimento che sia espressione di tale potere, non si configura la speciale lite tributaria che, per definizione, nasce dal contrasto rispetto ad una concreta ed autoritativa pretesa impositiva.
2.4.2. In entrambi i casi, dunque, il concessionario non agisce, con riferimento all’IVA su TIA, quale soggetto impositore ma solo in rivalsa ex art. 18 del d.P.R. n. 633 del 1972 (nei confronti del soggetto inciso dall’imposta ma non soggetto passivo di essa).
Sicché, sempre in entrambi i casi, trattasi di controversie tra privati, non rientranti negli artt. 2, 10 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992.
2.4.3. A quanto innanzi consegue altresì l’irrilevanza della considerazioni svolte dal ricorrente a sostegno del ricorso e relative alla sussistenza, nella specie, di un atto impugnabile dinanzi al Giudice tributario ed al fatto che il concessionario rientri nel novero dei soggetti contemplati dall’art. 10 del d.lgs. n. 546/92, essendosi difatti, come detto, al cospetto non già dell’impugnazione di un atto impositivo bensì di una controversia tra privati inerente il diritto di rivalsa.
2.4.4. Non è peraltro sostenibile quanto argomentato dal ricorrente circa il fatto che nella specie il concessionario avrebbe richiesto il pagamento di un importo a titolo di TIA (inglobante l’IVA), in quanto, come precisato dalla citata Corte Cost. 239 del 2009, la TIA è un tributo con conseguente non debenza dell’IVA. Sicché, argomentare diversamente, implicherebbe ritenere che nella specie l’IVA (su TIA) perderebbe la sua natura di tributo (autonomo) per essere inglobata nella TIA, con violazione anche dell’artt. 53 cost.
3. In conclusione, il ricorso è rigettato in applicazione del seguente principio di diritto, enunciato ex art. 384 c.p.c.
«La controversia con la quale un contribuente contesta la debenza dell’IVA su TIA richiesta dal concessionario della riscossione dei tributi locali, con oggetto quindi la legittimità del diritto di rivalsa, spetta alla giurisdizione ordinaria in quanto soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione dei beni o la prestazione di servizi (quindi il concessionario) e la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione bensì un rapporto di natura privatistica fra privati, che comporta un accertamento, meramente incidentale, in ordine alla debenza dell’imposta contestata».
4. Le spese relative al presente giudizio di legittimità sono compensate, in ragione dell’evidenziato consolidarsi del principio in seno alle Sezioni Unite ma con riferimento alla descritta fattispecie caratterizzata da controversia inerente richiesta di restituzione della somma già versata a titolo di IVA.
4.1. Stante il tenore della pronuncia (di rigetto del ricorso), ai sensi del comma 1 quater dell’art. 13, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (aggiunto dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228), deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (circa i limiti di detta attestazione, da riferirsi esclusivamente al presupposto processuale della tipologia di pronuncia adottata e non al presupposto sostanziale della dedenza del contributo del cui raddoppio trattasi, si veda Cass. Sez. U, 20/02/20, n. 4315).
P.Q.M.
rigetta il ricorso, dispone la compensazione delle spese relative al presente giudizio di legittimità, dando atto, ai sensi del comma 1 quater dell’art. 13, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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