CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 settembre 2018, n. 22192
Rapporto di lavoro – Superiore inquadramento – Caratteristiche delle mansioni – Differenze retributive – Accertamento
Fatti di causa
Con sentenza in data 25 giugno 2013, la Corte d’appello di Ancona rigettava l’appello proposto da C.C. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato il diritto di V.P. all’inquadramento, nel V° anziché nel VI° livello assegnatole del CCNL applicabile, delle mansioni di barman svolte dal 12 maggio 2008 al 5 settembre 2009 alle dipendenze della prima e l’aveva condannata al pagamento, in suo favore a titolo di differenze retributive anche per lavoro straordinario, della somma di € 12.749,20.
Essa aveva previamente ritenuto ammissibile la domanda di superiore inquadramento, per la chiara desumibilità delle caratteristiche delle mansioni svolte dal puntuale richiamo contrattuale e dalle prove orali dedotte, ravvisandola pure fondata, sulla base delle scrutinate risultanze istruttorie, comprovanti la loro riconducibilità al profilo di barman piuttosto che di aiuto.
Avverso tale sentenza la datrice, con atto notificato il 19 dicembre 2013, ricorreva per cassazione con unico motivo, mentre la lavoratrice intimata non svolgeva difese.
Ragioni della decisione
1. Con unico motivo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per omessa motivazione, in difetto di sussistenza, erroneamente ritenuta, degli elementi di fatto integranti le mansioni in comparazione, né delle fonti integrative di riferimento, senza neppure una compiuta disamina degli atti e dei documenti sottoposti; pure con equivoca indicazione della mansione di barman (di IV° livello, ad esemplificazione di mansioni connotate da autonomia esecutiva ed esigenti conoscenze specialistiche comunque acquisite), in luogo di quella di barista (di V° livello, ad esemplificazione di mansioni connotate da qualificate conoscenze tecnico-pratiche al servizio di compiti esecutivi richiedenti preparazione e pratica di lavoro) richiesta dalla lavoratrice.
2. A parte la sua inammissibilità per genericità, in violazione della prescrizione di specificità dell’art. 366, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo di inosservanza del principio di autosufficienza, per omessa trascrizione dell’atto introduttivo (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915, con principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1 c.p.c.; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 7 giugno 2017, n. 14107), né essendo consentito, in tema di errores in procedendo, alla parte interessata di formulare in sede di legittimità la censura di omessa motivazione, spettando alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass. 10 novembre 2015, n. 22952), il motivo è infondato.
2.1. Sussiste, infatti, il vizio di nullità della sentenza per omessa motivazione allorché essa sia priva dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione (Cass. 10 agosto 2017, n. 19956).
Ed è nulla la sentenza in cui sia totalmente omessa, per materiale mancanza, la parte della motivazione riferibile ad argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. E ciò in riferimento alla formulazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. tanto anteriore alle modifiche apportate dalla legge 69/2009 (Cass. 10 novembre 2010, n. 22845; Cass. 22 giugno 2015, n. 12864), tanto successiva, posto che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (Cass. 20 gennaio 2015, n. 920).
2.2. Nel caso in esame, la Corte ha invece dato congruo e argomentato conto (dal terzo capoverso di pg. 3 al terzo di pg. 4 della sentenza) delle ragioni della decisione, sulla base delle scrutinate risultanze istruttorie, giustificanti l’inquadramento nel superiore livello contrattuale richiesto dalla lavoratrice e già ritenuto dal primo giudice: così sottraendosi alla censura infondatamente formulata dalla datrice.
3. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, senza assunzione di provvedimenti sulle spese, non avendo svolto difese la parte intimata vittoriosa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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